Agricoltura ancora in cerca di certezze per il credito Industria 4.0
di Alberto RocchiLuigi ScappiniSiamo ormai prossimi all’ingresso nell’ultimo trimestre dell’anno 2020, con il concludersi del quale verranno a scadere le agevolazioni previste dall’articolo 1, commi da 184 a 196, L. 160/2019, salvo proroghe future.
Ricordiamo che questa norma ha di fatto esteso al settore agricolo tutte quelle agevolazioni previste per gli investimenti innovativi delle attività produttive, trasformando la deduzione di un maggior costo (ex super e iper ammortamento) in un credito d’imposta spendibile in compensazione.
Gli investimenti ammessi all’agevolazione si possono suddividere in tre categorie:
a) investimenti in beni materiali nuovi “generici”, con l’eccezione di alcuni beni tra cui veicoli e autovetture, fabbricati e costruzioni. Questo primo gruppo di beni può beneficare del credito nella misura del 6% fino a un massimo di 2.000.000 di euro;
b) investimenti in beni strumentali materiali nuovi di cui alla Tabella A, allegata alla L. 232/2016: sono quei beni altamente qualificati che erano stati individuati in un contesto industriale. Proprio per questo, occorre leggere l’elenco “con gli occhi dell’agricoltore” per individuare i punti di interesse per il settore agricolo. Ad esempio, quando si parla di “macchine per il confezionamento e l’imballaggio”, si può pensare ai dispositivi per l’imbottigliamento, o anche a macchine per l’insacchettatura dei cereali. Quando si parla di macchine anche motrici e operatrici, vi si possono comprendere trattrici e macchine agricole di precisione. Per questa categoria di investimenti, per la quale è richiesto anche “l’interconnessione” alla rete aziendale, il credito d’imposta spetta nella misura del 40% fino a un investimento massimo di 2.500.000 di euro e del 20% per la quota eccedente e fino a un costo massimo di 10.000.000 di euro;
c) investimenti in beni immateriali di cui alla Tabella B, allegata alla L.232/2016: trattasi di software di varie tipologie, con esclusione dei software che servono per il funzionamento della macchina che di regola rientrano nell’elenco precedente. Questi beni fruiscono dell’agevolazione nella misura del 15% fino a un investimento massimo di 700.000 euro.
In questo contesto si aprono possibilità interessanti per le imprese agricole.
Sicuramente potranno essere agevolati investimenti in trattori di nuova generazione, dotati di GPS e altri strumenti collegati alla rete aziendale, ma potranno goderne anche gli investimenti in macchinari per cantine, per allevamenti e sale mungiture, macchinari per aziende che operano nella manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli in genere, per le attività di funghicoltura e coltivazione in serre di nuova generazione etc..
Data la complessità e la non chiara trasposizione degli elenchi di beni alle peculiarità delle aziende agricole, possono anche ipotizzarsi casi dubbi, ragion per cui l’Agenzia delle entrate ha ammesso la facoltà da parte dei contribuenti, di inoltrare specifica richiesta di parere tecnico al Mise affinché possa valutare se una determinata macchina, con determinate caratteristiche, sia ammessa all’agevolazione. Non si tratta di istanza di interpello ma semplice richiesta di parere tecnico.
Per i beni non generici dell’elenco di cui alle Tabelle A e B sopra citati, le imprese sono tenute a fare una comunicazione apposita al MISE. Inoltre, per gli stessi beni di importo unitario superiore a 300.000 euro, vi è anche obbligo di perizia/attestazione da parte di tecnico qualificato.
Il credito è utilizzabile solo in compensazione e non può esser ceduto o trasferito a terzi.
Inoltre:
- non si applica il tetto massimo alla compensazione di 000 euro annui previsto dall’articolo 34 L. 388/2000;
- non si applica il tetto massimo di 000 euro per i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU dei modelli Redditi di cui all’articolo 1, comma 53, L. 244/2007;
- esso può esser utilizzato in compensazione a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo di spettanza, senza necessità di dover presentare preventivamente la dichiarazione dei redditi;
- non concorre alla formazione né del reddito né della base imponibile Irap;
- esso è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano a oggetto i medesimi beni, a condizione che la sommatoria delle agevolazioni non portino al superamento del costo sostenuto.
In questo contesto, vogliamo segnalare due problematiche, ancora oggi in parte irrisolte, che hanno sino ad ora in parte frenato la diffusione della misura nel settore.
La prima, è la questione della cumulabilità dell’agevolazione con altre misure, principalmente con i PSR regionali.
Sul punto la Regione Lombardia, con lettera Prot. M1.2020.0089227 del 24 aprile 2020 indirizzata ai GAL, Province e Comunità Montane, ha chiarito che:
- le agevolazioni fiscali non sono cumulabili con i contributi concessi agli investimenti finanziati con le operazioni strutturali del PSR 2014-2020, quando le stesse si configurano come aiuti di stato ai sensi dell’articolo 107 comma 1 del trattato sul funzionamento dell’unione europea;
- il credito di imposta previsto dalla L.160/2019 si configura come misura fiscale di carattere generale che si applica alla generalità delle imprese, questa condizione comporta che lo stesso non sia inquadrato come aiuto di Stato, come peraltro indicato anche nella Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato C262/1 del 19/07/2016;
- conseguentemente, alle agevolazioni fiscali non configurabili come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 comma 1 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea non si applica il divieto di cumulo previsto dalle disposizioni attuative delle operazioni strutturali del PSR 2014-2020;
- inoltre, si ritiene che il suo godimento da parte di imprese beneficiarie di un contributo a valere sul PSR 2014.2020 non influisca sulla norma prevista dal Regolamento UE 1305/13 per quanto attiene il rispetto dell’aliquota di sostegno;
- per quanto sopra precisato, eventuali fatture presentate con le domande di pagamento per l’erogazione del finanziamento concesso con il PSR 2014-2020 riportanti la dicitura relativa al credito d’imposta di cui alla Legge 160/2019, potranno essere considerate ammissibili.
Si tratta di un’apertura importante, anche se probabilmente non dirimente.
L’altra questione attiene all’utilizzabilità del credito d’imposta nell’ambito delle società di persone.
È noto che, in agricoltura, la forma societaria maggiormente utilizzata è la società semplice dove, per effetto del regime di tassazione catastale, nonché dell’applicazione dei sistemi forfettari di determinazione dell’imponibile commerciale, molto spesso non si forma materia imponibile che renda possibile l’utilizzo del credito.
Invece i soci delle stesse società, che normalmente pagano i contributi previdenziali, avrebbero la necessità di vedersi attribuito il credito dalla società, ma al momento l’ordinamento non prevede strumenti per raggiungere questo risultato.
Sul punto erano attesi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate che però non sono arrivati, per cui si consiglia estrema cautela: infatti, non si ritiene sufficiente, ad esempio, la recente risposta a interpello n. 85/2020 relativa al bonus investimenti nel Mezzogiorno in cui viene ammesso l’utilizzo da parte dei soci.
Bisogna sempre ricordarsi che si tratta di norme di natura agevolativa per le quali non è ammessa l’applicazione estensiva.