16 Settembre 2014

Agriturismi sotto la lente di ingrandimento del Fisco

di Luigi Scappini
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Lo sviluppo degli
agriturismi nel corso dell’ultimo biennio è stato
perseguito attraverso una
politica di
tutela e di
valorizzazione.
Dapprima con il
D.M. 13 febbraio 2013 è stato istituito il marchio “
Agriturismo Italia” e poi, più di recente, sempre il MIPAAF (Ministero delle politiche agricole alimentarie forestali), con il
D.M. 13 giugno 2014, ne ha disciplinato il relativo repertorio.
Attraverso l’istituzione del marchio “Agriturismo Italia”, le strutture sono state
classificate, in parallelismo con gli alberghi, in
5 categorie, a seconda dei servizi che vengono offerti.
Attraverso il
repertorio, che è tenuto presso il Dipartimento delle politiche europee e internazionali dello sviluppo rurale – Direzione generale dello sviluppo rurale – DISR I, il MIPAAF, sarà
possibile
monitorare l’
offerta complessiva nazionale e quali siano le strutture dotate del marchio di “Agriturismo Italia”.
Il repertorio rappresenta anche uno strumento utilizzabile dall’Agenzia delle Entrate per attuare il piano di verifica ufficializzato con la
circolare 25/E del 6 agosto 2014, relativamente alla parte rappresentata dal monitoraggio del mondo degli agriturismi con l’obiettivo di rilevare ove nella realtà operativa essi siano vere e proprie imprese commerciali di ristorazione e/o alberghiere.
La tentazione è forte, alla luce dell’indubbio
regime di
favore riservato agli agriturismi in quanto tali rispetto alle attività di ristorazione ordinarie.
Ai sensi dell’articolo 7 della Legge 96/2006 è infatti previsto che ai fini fiscali si faccia riferimento alle regole previste all’
articolo 5 della
Legge 413/1991, ai sensi del quale si applica un
regime di tassazione
forfettario sia per quanto riguarda l’imposizione diretta, ove si considera quale reddito imponibile il
25% dei ricavi al netto dell’IVA, sia ai fini di quest’ultimo che si considera dovuta in misura pari al
50% del suo ammontare complessivo. In entrambi i casi (dirette e
IVA) il regime delineato rappresenta quello ordinario previsto per gli agriturismi.
Per quanto riguarda l’IVA, come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella
Risoluzione 65/E del 16 marzo 2009, l’impossibilità di procedere alla richiesta di rimborso dell’IVA assolta sui beni strumentali all’attività.
Ma per poter fruire del regime come brevemente delineato, ai sensi dell’articolo 2 della Legge 96/2006, l’attività deve essere
svolta da parte di
imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 codice civile, strutturati anche nella forma di società di persone o di capitali, o associati tra di loro.
Questo requisito è
condicio
sine qua non per poter svolgere attività agrituristica.
La Corte di Cassazione, con la
sentenza 24430/2008 in maniera molto chiara ha affermato che “
Il riconoscimento della qualità agrituristica dell’attività di “ricezione ed ospitalità”, quindi, secondo la norma, richiede la contemporanea sussistenza (a) della qualifica di imprenditore agricolo da parte del soggetto che la esercita, (b) dell’esistenza di un “rapporto di connessione e complementarietà” con l’attività propriamente agricola e (c) della permanenza della principalità di quest’ultima rispetto all’altra. A contrario, ovviamente, si deduce che per la norma non può mai essere considerata “agrituristica” una attività di “ricezione” e di “ospitalità” svolta da un imprenditore che non possa qualificarsi “agricolo” ovvero che non sia o non sia più nel detto rapporto di “connessione e complementarietà” con l’attività agricola o, comunque, che (evidentemente per il suo sviluppo o per l’impegno lavorativo richiesto o per l’entità dei capitali impiegati) releghi quest’ultima in posizione del tutto secondaria.”.
Corollario è che, ai fini dell’attività di ricezione e ospitalità, dovrà essere utilizzata la struttura produttiva dell’attività agricola.
L’articolo 2, comma 3 della Legge 96/2006 delinea le
attività tipiche dell’agriturismo consistenti in:
  1. dare ospitalità in alloggi e/o spazi aperti destinati alla sosta dei campeggiatori;
  2. somministrare pasti e bevande c he devono essere rappresentati in prevalenza con prodotti propri e di aziende agricole della zona, compresi quelli a carattere alcoolico e superalcoolico, con preferenza per quelli a marchio DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;
  3. organizzare degustazioni di prodotti dell’azienda, compresa la mescita dei vini;
  4. organizzare, anche al di fuori della propria azienda, attività ricreative, culturali, didattiche, sportive ed escursioni, comprese quelle ippoturistiche, con il fine di promuovere il territorio.
Tuttavia, dette attività
non sono
vincolanti, infatti, come precisato dal
TAR della Lombardia con la
sentenza 132/2010 l’attività di agriturismo deve avere quale oggetto principale l’attività di ricezione e ospitalità, mentre le altre sono complementari ma non essenziali.
A chiusura si ricorda come ampio margine in tema di legiferazione è lasciato alle
Regioni, tanto è vero che, proprio in merito al
rapporto di
connessione e quindi i
parametri da rispettare, che rappresenteranno il fulcro dell’attività di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, la
facoltà di delinearli, ai sensi dell’articolo 4, comma 2 della Legge 96/2006, è
devoluta a ogni singola Regione.