2 Gennaio 2019

Ai fini della connessione l’ippoturismo deve essere secondario

di Luigi Scappini
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L’Agenzia delle entrate, con la risposta a interpello n. 138 è tornata occuparsi di attività connesse all’agricoltura, in special modo di quelle consistenti nelle prestazioni di servizi.

Il caso riguardava un coltivatore diretto, svolgente l’attività di coltivazione di piante da foraggio e altri seminativi che, una volta persi i requisiti per l’esercizio dell’attività agrituristica, aveva iniziato quella di turismo rurale, come regolamentata, nel caso di specie, dall’articolo 2 L.R. Veneto 28/2012.

Nello specifico, l’attività consisteva nell’erogazione di servizi di escursioni, all’interno e all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’azienda, a cavallo (ippoturismo), utilizzando propri animali.

A parere dell’istante, tali attività potevano essere considerate come prestazioni di servizi connesse all’attività agricola, e come tali potevano essere tassate forfettariamente ai sensi dell’articolo 56-bis, comma 3, Tuir.

Tali attività rappresentano, come noto, una delle novità della riforma del 2001, con la quale il Legislatore ha introdotto una figura di imprenditore agricolo moderna e dinamica che, oltre alle tradizionali attività di coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali, può fornire beni e servizi quali, ad esempio l’attività agrituristica e il conto terzismo.

Se, nel primo caso, da un punto di vista fiscale, il Legislatore ha introdotto una norma esterna, l’articolo 5 L. 413/1991, nel secondo sono state introdotte due norme ad hoc, l’articolo 56-bis, comma 3, Tuir ai fini dell’imposizione diretta e l’articolo 34-bis D.P.R. 633/1972 ai fini Iva.

Inoltre, si deve ricordare che, per espressa previsione del successivo comma 4, la tassazione forfettaria, in misura pari al 25% dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione ai fini Iva, prevista dall’articolo 56 bis, comma 3, Tuir, è inapplicabile all’imprenditore agricolo avente forma giuridica diversa da persone fisica, società semplice e ente non commerciale.

Come noto, tuttavia, per poter applicare le suddette norme, bisogna verificare il rispetto, innanzitutto, di quanto previsto all’articolo 2135 cod. civ., in particolare il comma 3, ove vengono considerate come connessele attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Ne deriva che, come noto, devono essere rispettati due requisiti:

  1. soggettivo: chi svolge le attività connesse deve essere di per sé un imprenditore agricolo e
  2. oggettivo: nello svolgimento di tali attività devono essere utilizzate “prevalentemente” attrezzature o risorse dell’azienda “normalmente” impiegate nell’attività agricola principale.

L’Agenzia delle entrate ricorda che, in sede di primo commento delle novità introdotte con la riforma del 2001, con la circolare 44/E/2002 è stato chiarito che la normalità deve intendersi come l’impiego in via continuativa e sistematica delle attrezzature nell’attività agricola principale. Inoltre, le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell’attività connessa in misura prevalente rispetto all’utilizzo operato nell’attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento.

In merito alla prevalenza, la successiva circolare 44/E/2004 ha affermato che, ai fini della verifica, “può adottarsi un criterio basato sul confronto tra il fatturato realizzato con l’impiego di attrezzature o risorse aziendali; in tal modo, il requisito della “prevalenza” è rispettato quando il fatturato derivante dall’impiego da attrezzature o risorse normalmente impiegate nell’attività agricola principale è superiore al fatturato ottenuto attraverso l’utilizzo delle altre attrezzature o risorse.”.

A bene vedere, tale parametrazione in termini di redditività non è prevista dalla normativa civilistica e da quella fiscale; spesso le attività connesse, attività che nascono come commerciali e che solamente al rispetto dei requisiti richiamati, per fictio iuris, assumono la natura di connesse alle agricole, sono di per sé attività che potranno generare maggiori ricavi. Si pensi al caso dell’agriturismo.

Il vero parametro da prendere a riferimento è quindi l’utilizzo in via prevalente delle attrezzature o delle risorse umane nell’attività agricola principale, in un contesto di normalità, fermo restando la possibilità di avvalersi anche, in via residuale, di attrezzature non normalmente utilizzate nella propria azienda.

Nel caso di specie, tale requisito non sussisteva in quanto, come risultava dalla visura presso il Registro delle Imprese, l’attività principale era quella del turismo rurale mentre la coltivazione agricola assumeva la veste di secondaria; inoltre, le attrezzature e le risorse utilizzate erano diverse da quelle impiegate per la coltivazione del fondo.

Ne deriva che, come correttamente concluso dall’Agenzia delle entrate, tale attività doveva concorrere a formare il reddito d’impresa in base ai criteri ordinari.

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