Alcune curiosità della legislazione sullo sport
di Guido Martinelli
Vorrei accompagnare i miei quattro lettori a “curiosare” nelle pieghe della disciplina giuridico – amministrativa delle associazioni sportive dilettantistica per farli partecipi di alcuni perché ai quali, io, fino ad oggi, non sono riuscito a dare risposta.
Presuntuosamente partiamo dal dettato costituzionale e, più in particolare, dalla competenza legislativa concorrente riconosciuta alle Regioni in materia di ordinamento sportivo dall’art. 117 della Costituzione.
Questo, come si concilia con la previsione del comma due dell’articolo uno dello statuto del Coni (approvato con D.P.C.M. 12.11.2013) che definisce l’ente: “autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive”. Profili di incostituzionalità dello statuto Coni?
Torniamo tra i comuni mortali. Il comma 18 bis del famoso articolo 90 della legge 289/02 prevede il divieto agli amministratori dei sodalizi sportivi di ricoprire la medesima carica in altre associazioni o società sportive affiliate alla medesima federazione. A prescindere che non si comprende perché il presidente di una società che fa, ad esempio basket femminile, non possa ricoprire medesima carica in una società che fa la stessa attività maschile (sarà la sindrome del conflitto di interessi che impera?) il problema è: qual è la sanzione? Cosa rischia chi incorre in questo divieto posto dal legislatore statale? Nulla che io sappia.
I commi 17 e 18 dell’articolo 90 più volte citato stabiliscono requisiti precisi per poter essere definiti associazione e società sportive dilettantistiche.
Il consiglio Nazionale del Coni, avendone i poteri, sta riconoscendo ai fini sportivi e provvedendo alla relativa iscrizione a soggetti che non rispettano detti principi in deroga ai requisiti previsti dal legislatore. Ciò in quanto il primo comma dell’articolo 29 dello statuto del Coni autorizza l’ente a tal fine. La domanda che ne consegue è: assodata la legittimità del comportamento dell’ente preposto al riconoscimento, le organizzazioni riconosciute ai fini sportivi nei “casi di deroga autorizzati dal Consiglio Nazionale”, quali ad esempio le sezioni di Tiro a Segno Nazionale o la celebre Fondazione Bentegodi, stella e collare d’oro al merito sportivo del Coni; potranno godere dello stesso tipo di agevolazioni o meno? Saranno da considerare, ad esempio, associazioni sportive dilettantistiche potenziali beneficiarie dei contributi del cinque per mille? Dovremo ritenere solo “esemplificativa e non tassativa”, come si dice in casi del genere, l’elencazione che fa il comma 17 delle tipologie giuridiche tramite le quali sia possibile costituire una associazione o società sportiva dilettantistica?
La legge 91/81 sul professionismo sportivo prevede, all’ultimo comma del suo articolo 6, che il premio di addestramento e formazione tecnica che viene versato dalla società professionistica a quella dilettantistica nel caso in cui tesseri un atleta proveniente da quest’ultima: “dovrà essere reinvestito dalle società od associazioni che svolgono attività dilettantistica o giovanile, nel perseguimento di fini sportivi”. Il dubbio è: non abbiamo capito nulla noi o i sodalizi sportivi dilettantistici sono comunque obbligati a reinvestire tutti i loro proventi nel perseguimento di fini sportivi? Se così fosse il legislatore perché lo ha specificato nuovamente?
Gli arbitri e gli ufficiali di gara, ai sensi della legge 91/81 non rientrano nelle categorie degli sportivi professionisti. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 34 del 26.03.2001, riporta che “i compensi corrisposti all’arbitro (dilettante) nel caso in cui diriga una gara professionistica” non possono godere del trattamento agevolato. Pertanto un arbitro di basket che dirige incontri in serie A femminile o B1 maschile è considerato dilettante e, pertanto, i suoi gettoni godono delle note agevolazioni; nel momento in cui arbitra in serie “A” rimane dilettante ma non ha diritto ai vantaggi fiscali sui compensi. E i cronometristi e segnapunti?
Par condicio?
È noto che l’agevolazione fiscale sui compensi sportivi si applica anche alle “collaborazioni coordinate e continuative di carattere amministrativo-gestionale”.
Quindi se la collaborazione è continuativa, regime fiscale favorevole, se fosse occasionale? Niente?
Il secondo comma dell’art. 37 della legge 342/00 ha stabilito che per i sodalizi in regime di legge 398/91 non concorrono a formare il reddito imponibile i proventi realizzati nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali…se pur nei limiti di due eventi per anno e per un importo non superiore a euro 51.645,69.
E se non applico tale legge invece li devo assoggettare a imposta. Perché?
L’art. 90 della legge 289/02 esonero da imposta di bollo gli atti delle Federazioni (ma non quelli delle associazioni e società sportive) e da concessioni governative quelli dei sodalizi sportivi ma non quelli delle Federazioni. Qual è il senso?
Il comma 11 bis dell’art.90 della legge 289/02 esonera dall’imposta sulla pubblicità le affissioni collocate all’interno degli impianti sportivi di capienza inferiore a tremila spettatori dove abbiano luogo manifestazioni sportive dilettantistiche. Bene, lo striscione collocato al termine della gara cicloturistica o della maratona invece è soggetto perché la gara è organizzata sulla pubblica strada?
Per oggi credo possa bastare.