Aliquota al 5% anche per il basilico surgelato
di Luigi ScappiniL’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 18/E di ieri è intervenuta per fornire gli opportuni chiarimenti in merito ad alcune delle novità introdotte, in materia di aliquote Iva, dalla L. 122/2016, la cd. legge Europea 2015-2016, concernente gli adempimenti degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
Si ricorda, infatti, come, per quanto concerne la possibile applicazione delle cosiddette aliquote “super ridotte”, la Corte di Giustizia dell’Unione europea, nel tempo, abbia preso una posizione restrittiva in merito alla possibilità della loro applicazione e in tal senso devono essere lette le contestazioni, avanzate anche nei confronti dell’Italia, mediante il sistema UE PILOT, della Commissione Europea per la violazione dell’articolo 110, Direttiva 2006/112/CE, che concede la possibilità agli Stati membri di mantenere aliquote ridotte, inferiori all’aliquota minima del 5%, solamente nel caso in cui siano applicate prima del 1° gennaio 1991.
Alla luce di ciò, la L. 122/2016 ha apportato le seguenti modifiche alle aliquote Iva per i seguenti casi:
- cessioni di piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia destinate all’alimentazione con aliquota che è passata dall’originaria misura super–ridotta di cui all’ex numero 12-bis) della Tabella A, Parte II, allegata al D.P.R. 633/1972, pari al 4%, all’attuale 5%;
- innalzamento dal 4 al 10% dell’aliquota Iva applicabile alle cessioni di preparati per risotti e
- riduzione dell’aliquota relativa alle cessioni di tartufi che passa dal 22% al 10%.
Con la risoluzione 18/E, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad alcuni dubbi interpretativi in merito alla possibile estensione dell’aliquota del 5%, oltre che a “basilico, rosmarino e salvia, freschi, origano a rametti o sgranato, destinati all’alimentazione; piante allo stato vegetativo di basilico, rosmarino e salvia (v. d. ex 12.07)”, anche ai seguenti prodotti:
- basilico, rosmarino e salvia surgelati;
- basilico oliato surgelato;
- origano a rametti o sgranato.
L’Agenzia delle Entrate, per dare una risposta compiuta, ritiene che punto di discrimine debba essere la corretta classificazione doganale dei prodotti.
A tal fine, l’Agenzia delle Dogane ha classificato basilico, rosmarino, salvia ed origano freschi o surgelati, nell’ambito del Capitolo 12 della dogane Tariffa Doganale, “Semi e frutti oleosi; semi, sementi e frutti diversi; piante industriali o medicinali; paglie e foraggi”, collocandoli, più in particolare, alla voce 12.11 “Piante, parti di piante, semi e frutti delle specie utilizzate principalmente in profumeria, in medicina o nella preparazione di insetticidi, antiparassitari o simili, freschi o secchi, anche tagliati, frantumati o polverizzati” e, più precisamente:
- sottovoce 1211908620 – – – Basilico (fresche o refrigerate);
- sottovoce 1211908690 – – – altri (rosmarino, salvia e origano).
Inoltre, l’Agenzia delle Dogane interpellata ha avuto modo di chiarire che il procedimento tecnologico di surgelazione non altera le caratteristiche dei prodotti.
Per quanto attiene, poi, il basilico surgelato, l’aggiunta di olio non comporta una variazione di categoria, sul presupposto che lo scopo è quello di mantenere disgregate le piccole foglie e serve a mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche di sapore e colore e non anche quello di condimento.
Da ultimo, l’Agenzia delle Dogane ribadisce che, nella voce 12.11, è compreso l’origano sia in rami, che in steli o foglie.
Fatte queste premesse, l’Agenzia delle Entrate, sul presupposto per cui il n. 1-bis) della Tabella A, parte II-bis, allegata al D.P.R. 633/1972 fa riferimento alla voce doganale ex 12.07, che a oggi va ricondotta alla voce 12.11, conclude riconoscendo l’aliquota Iva del 5% anche alle cessioni: di basilico, rosmarino e salvia surgelati; basilico oliato surgelato; origano a rametti o sgranato.
Risolta questa problematica, rimane ancora aperta quella relativa alla corretta aliquota da applicare alla cessione di tartufi secchi.
Come detto, la legge Europea è intervenuta modificando il regime fiscale applicabile al commercio di tartufi, intervenendo, tra le altre cose, anche sull’aliquota Iva da applicare alla cessione che originariamente era prevista in misura pari a quella ordinaria del 22%.
Adesso, il nuovo n. 20-bis prevede l’aliquota del 10% anche per la cessione di tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato.
La novità ha comportato una modifica anche al n. 21 successivo che adesso prevede l’aliquota del 10% per “ortaggi e piante mangerecce macinati o polverizzati, ma non altrimenti preparati; radici di manioca, d’arrow-root e di salep, topinambur, patate dolci ed altre simili radici e tuberi ad alto tenore di amido o di inulina, anche secchi o tagliati in pezzi; midollo della palma a sago (v.d. ex 07.04 e 07.06)”; prima della modifica da questa lista era espressamente escluso il tartufo.
La domanda che ci si pone è se l’eliminazione dal n. 21 dei tartufi comporta una ricomprensione nella voce 20-bis anche per quelli secchi o se, al contrario, il Legislatore, a differenza di quanto previsto per i funghi ordinari a cui si applica la medesima aliquota sia che sia ceduti freschi o secchi, ha stabilito l’aliquota ridotta solo per la cessione del prodotto fresco, mentre, nel momento in cui lo stesso subisce una lavorazione, automaticamente rientra tra i beni soggetti ad aliquota ordinaria.
Sul punto sarebbe utile un chiarimento ufficiale.
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