Aliquote e franchigie applicabili all’atto di dotazione del trust
di Sergio PellegrinoIn questo contributo cerchiamo di capire come vengano individuate aliquote e franchigie per determinare l’imposta da liquidare quando vengono disposti beni in trust.
Nel pezzo della scorsa settimana abbiamo visto come, nella visione dell’Agenzia, nel momento in cui vengono fatti atti di dotazione dei beni in trust deve essere assolta l’imposta di successione, donazione e sui vincoli di destinazione.
Soggetto passivo dell’imposta è il trust, ma aliquote e franchigie vengono determinate sulla base del rapporto esistente tra disponente e beneficiari del fondo.
Nel momento in cui nell’atto istitutivo viene stabilito che beneficiari siano, ad esempio, i figli e il coniuge del disponente, l’aliquota che si rende applicabile sarà quella del 4%, mentre, sempre per fare un esempio, i fratelli del disponente determinerebbero un’imposizione del 6%.
Per stabilire quale sia l’aliquota da applicare all’atto, i beneficiari non devono essere necessariamente nominativamente individuati, ma è sufficiente che venga definito il rapporto di parentela. Sconterebbe l’imposta al 4%, quindi, anche l’atto di dotazione effettuato a favore di un trust nel quale venissero individuati come beneficiari i figli del disponente, pur non essendo nato in quel momento ancora alcuno di essi.
Nella circolare 3/E/2008, l’Agenzia individua una serie di situazioni che determinano l’applicazione dell’imposta con l’aliquota massima dell’8%.
E’ il caso, innanzitutto, del trust costituito nell’interesse di soggetti che non sono legati al disponente da alcun vincolo di parentela: se, ad esempio, beneficiario è il compagno o la compagna con il quale il disponente non ha contratto matrimonio, l’aliquota che si rende applicabile sarà l’8%.
La stessa imposizione sconterà il trust di scopo, istituito per realizzare un determinato fine, senza che possa essere individuato un beneficiario finale: è il caso del trust “benefico” (ad esempio, quello fatto per destinare fondi ad un ospedale) o di quello di garanzia (come quello istituito per tutelare i creditori). E’ evidente come un’imposizione di questo tipo penalizzi in modo incomprensibile situazioni che dovrebbero invece essere apprezzate dall’ordinamento.
Se per determinare l’aliquota è sufficiente definire il rapporto di parentela, quando invece si tratta di stabilire le franchigie applicabili i beneficiari devono essere per forza di cose individuati.
Sul punto l’Agenzia delle Entrate nella circolare 3/E/2008 ha avuto infatti modo di precisare che “Qualora la disposizione segregativa sia generica, tale da non consentire l’individuazione del soggetto beneficiario, non è consentito usufruire delle franchigie, posto che queste rilevano con riferimento a ciascun beneficiario tenendo conto delle disposizioni precedentemente poste in essere in suo favore dallo stesso disponente”.
La domanda che ci si deve porre è come debbano essere determinate le franchigie nel caso in cui la categoria di beneficiari del fondo sia “aperta”, ma nel contempo già “popolata”.
E’ il caso, frequente, nel quale nell’atto istitutivo stabilisco, ad esempio, che beneficiari finali saranno i figli del disponente che nasceranno entro il termine di durata del trust (quindi la categoria è “aperta”), ma al momento dell’atto di dotazione di figli ce ne già qualcuno (dunque è già “popolata”).
I figli già “presenti” si definiscono beneficiari attuali, accezione che individua coloro i quali sarebbero i beneficiari finali del fondo se il trust terminasse in quel preciso istante.
L’Agenzia non ha mai affrontato in un proprio documento di prassi la questione, ma, attesa la scelta di “anticipare” l’imposizione al momento dell’atto di dotazione, non vi può essere dubbio circa il fatto che la franchigia debba essere stabilita sulla base del rapporto di parentela esistente fra disponente e beneficiari attuali del trust.
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