Aliquote Iva per suini e bovini fuori tempo massimo
di Luigi ScappiniPer il secondo anno consecutivo, il mondo dell’agricoltura e, in particolare, gli allevatori di suini e bovini, si trovano a navigare in un mare, già tempestoso, senza bussola e con il cielo coperto.
Ma vediamo i termini della questione quali sono.
Il Legislatore, da sempre, ha riservato al mondo dell’agricoltura un trattamento di favore in ragione delle caratteristiche proprie del settore e, come evidenziato più volte, in questi ultimi anni, indubbia è stata l’attenzione prestata attraverso l’emanazione di svariate leggi, da ultimo sia il Collegato agricoltura, sia il Testo unico del vino.
Anche la legge di Bilancio per il 2017 non ha tradito le attese e come già segnalato, per il secondo anno consecutivo, ha disposto l’aumento delle percentuali di compensazione previste nell’ambito del regime speciale Iva per il settore agricolo e applicabili alle cessioni di animali vivi della specie bovina e suina.
Il tutto, da leggersi in un’ottica di supporto a un settore che purtroppo continua a dare segnali di instabilità e che quindi, necessita di un supporto e, in ragione del particolare meccanismo del regime Iva previsto per l’agricoltura, uno degli strumenti messi in capo dal Legislatore consiste nell’intervenire proprio sulla determinazione di tale imposta.
Nello specifico, l’articolo 1, comma 45, Legge 232/2016 prevedeva che, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi nel termine ultimo del 31 gennaio 2017, fossero individuate le “nuove” percentuali di compensazione che i produttori agricoli, che non hanno optato per le regole ordinarie Iva, devono applicare, in sede di liquidazione dell’imposta, per determinare l’Iva ammessa in detrazione.
Intervenendo sulle aliquote compensative, di fatto, il Legislatore riduce l’incidenza dell’imposta, aumentando artificialmente quella ammessa in detrazione e, quindi, quella che virtualmente rimane nelle “casse” dell’allevatore.
Infatti, come noto, il regime speciale Iva previsto per l’agricoltura consiste in regime speciale di detrazione per cui, l’imposta ammessa in detrazione viene determinata in misura forfettaria, applicando alla base imponibile delle operazioni attive effettuate, un’aliquota compensativa determinata con decreto ministeriale in ossequio alle regole contenute nella Direttiva 2006/112/CE, ai sensi della quale non è ammesso introdurre aliquote compensative dalla cui applicazione derivino in capo ai produttori rimborsi superiori agli oneri dell’Iva a monte.
A tal fine, il comma 45 della legge di Bilancio per il 2017, prevedeva quale limite massimo individuabile, rispettivamente 7,7 e 8 punti percentuali applicabili, i primi alle cessioni di bovini vivi e i secondi a quelle di suini sempre vivi.
Purtroppo, anche quest’anno, il decreto arriverà fuori tempo massimo per la prima liquidazione utile, con la conseguenza che si verrà a determinare una situazione per la quale, solamente in sede di dichiarazione Iva annua il contribuente potrà fruire di quel vantaggio previsto dalla norma.
Un esempio rende meglio.
Ipotizziamo di avere un allevatore che, nel mese di gennaio 2017, ha provveduto alla cessione di suini vivi per un valore di 30.000 euro.
Per effetto del regime speciale, in sede di cessione applicherà l’aliquota edittale in misura pari al 10%, incassando un’Iva che dovrà essere riversata all’Erario pari a 3.000 euro.
In sede di liquidazione, ai fini del calcolo dell’Iva ammessa in detrazione dovrà applicare alla base imponibile delle cessioni l’aliquota compensativa prevista con decreto ministeriale che ammonta, in via ordinaria al 7,3%, determinando un’Iva in detrazione nel nostro caso pari a 2.190 euro.
In assenza di decreto, e nel caso sia un soggetto mensile, al 16 febbraio 2017 (ieri), ha proceduto alla liquidazione e relativo versamento dell’Iva a debito che risultava pari a 810 euro.
Ipotizzando che il decreto confermi le aliquote previste già per il 2016, l’aliquota per il 2017 ammonterà al 7,95% determinando un’Iva a credito pari a 2.385 euro.
Poiché il comma 45 della legge di Bilancio prevede l’applicazione delle aliquote per il periodo 2017, di fatto, il nostro contribuente dovrà recuperare la maggiore Iva versata in sede di dichiarazione annua.
E proprio in tema di decorrenza delle aliquote, si ricorda come l’esigibilità dell’imposta si ha quando l’operazione si considera effettuata.
In particolare, ai sensi dell’articolo 6 D.P.R. 633/1972, tale momento è, per i beni mobili, in quanto suini e bovini devono essere considerati tali, quello della consegna o della spedizione.
Ricordiamo comunque come, in applicazione delle regole Iva, bisogna aver riguardo al momento di effettuazione dell’operazione che può essere slegato a quello di emissione della fattura, se successiva.
Ai sensi dell’articolo 21, comma 4, D.P.R. 633/1972, di base la fattura deve essere emessa quando l’operazione si considera effettuata (entro le 24 dello stesso giorno in cui l’operazione è effettuata), salvo poi derogare a tale principio, ad esempio quando la cessione del bene si rilevi in ragione del DDT o documento analogo, per le operazioni effettuate nello stesso mese solare nei confronti del medesimo soggetto.
In tal caso, è ammesso emettere un’unica fattura, specificatamente dettagliata in funzione delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione (cd. fattura differita).
In chiusura si evidenzia come una norma introdotta per agevolare un settore, per la bizantiniana burocrazia che ci contraddistingue, diventa un boomerang, almeno in sede di prima applicazione.
Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso: