Anche la privacy ostacola il redditometro
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
Continua la battaglia tra contribuenti e fisco in relazione al nuovo strumento di accertamento sintetico: ancora una volta il Tribunale di Napoli, con una sentenza stavolta emessa al termine di un processo ordinario, giunge alla conclusione che il nuovo redditometro sia totalmente illegittimo per violazione della privacy, il tutto mentre anche il Garante, da parte sua, ha bloccato l’invio delle lettere dell’Amministrazione finanziaria per analizzare a fondo il problema.
Che il tema del redditometro sia destinato a suscitare polemiche infinite è scontato. Si pensi che in questi giorni continuano gli “assurdi” accertamenti ancora riferiti al vecchio strumento applicabile fino al 2008, con una sorta di “raschiatura del fondo del barile”, cui inevitabilmente seguirà un enorme contenzioso tributario in considerazione soprattutto della giurisprudenza di merito che ripetutamente si è espressa per l’applicabilità del nuovo format licenziato il 24 dicembre 2012, considerato più affidabile rispetto all’anacronistico strumento del 1992.
Nel frattempo però il nuovo strumento, che ancora non vede la luce quale primo atto dell’Agenzia delle Entrate, risente di molteplici problematiche legate alla gestione dei dati sensibili, con una nuova dichiarazione di illegittimità emessa dal Tribunale di Napoli.
A questo punto, per comprendere il caos che si è creato, è sufficiente richiamare la sentenza della CTP di Reggio Emilia n.74/2/13 del 18 aprile 2013, che combinando i fattori precedenti, ha da un lato asserito la necessità di applicare il nuovo redditometro in luogo del vecchio, ma allo stesso tempo ha evidenziato l’impossibilità di procedere in tal senso essendo il nuovo illegittimo: il risultato è che, secondo i Giudici di merito, gli accertamenti ancora emessi per il 2008 sono in aperta violazione della legge. Al che, se si aggiunge anche che la Corte di Cassazione ha iniziato ad esprimersi più volte per la portata di presunzione semplice dello strumento (seppur ancora in riferimento al vecchio redditometro), è facile comprendere che anche per gli accertamenti del 2009, visti i presupposti, potrà esserci un enorme sbocco in contenzioso tributario.
È il caso comunque di procedere con ordine. Ad inizio anno, con ordinanza del 21 febbraio 2013, il Tribunale di Napoli, sezione di Pozzuoli, in riferimento al Provvedimento attuativo del 24.12.12 ha stabilito che “il decreto ministeriale non solo sia illegittimo, ma radicalmente nullo ai sensi dell’art. 21 septies legge n. 241/1990 per carenza di potere e difetto assoluto di attribuzione in quanto emanato del tutto al di fuori del perimetro disegnato dalla normativa primaria e dei suoi presupposti e al di fuori della legalità costituzionale e comunitaria”. Tale ordinanza, a seguito di impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Napoli con ordinanza di revoca in data 11 luglio 2013, laddove però non si è entrati nel merito della vicenda. Stavolta la sentenza n. 10508 depositata il 23 settembre 2013 del Tribunale di Napoli assume una forza maggiore, in quanto frutto di un processo ordinario che ha seguito una istruttoria completa, senza essere emessa in via d’urgenza. Certo, si è dinanzi ad una sentenza che potrà essere impugnata dall’Agenzia, però al momento non solo il redditometro non sarà applicabile contro il cittadino attore nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ma si avrà anche un effetto “estensivo” relativamente a tutti gli altri contenziosi, in essere o da approntare, anche per l’anno 2008, potendo eccepire soprattutto le conclusioni della citata sentenza di Reggio Emilia: da un lato non è più applicabile il vecchio redditometro (a prescindere dalle asserzioni della circolare n. 24/E del 2013), dall’altro il nuovo redditometro è totalmente illegittimo.
Le pagine da 8 a 12 della sentenza del Tribunale di Napoli sono eloquenti e attestano l’illegittimità del nuovo redditometro in quanto, tra l’altro, non opera una differenziazione tra i cluster dei contribuenti, addirittura effettuando una ricostruzione ancorata al concetto di famiglia; viola disposizioni della Carta Costituzionale e dell’UE, in quanto giunge al monitoraggio di tutte le spese del contribuente che dunque viene ad essere privato “del diritto di avere una vita privata”; viola anche il diritto di difesa in relazione alle ricostruzioni ancorate alle medie Istat, in quanto “non si vede come si possa provare ciò che non si è fatto”; si pone in contrasto con la Costituzione in quanto sembra disincentivare il risparmio; è, infine, in contrasto con il principio di proporzionalità ex articolo 13 del Trattato dell’Unione Europea.
Insomma, prima ancora di vedere l’applicazione concreta, il nuovo strumento di accertamento è fortemente minato in ordine alla sua tenuta legale. Dovendo peraltro rammentare che ancora non sopraggiunge il via libera del Garante della Privacy circa le prime lettere inviate ai contribuenti per avviare il contraddittorio preventivo. Come è noto, il Garante sta verificando se i dati presenti all’interno della banca dati dell’Anagrafe tributaria siano o meno congrui e qualitativamente validi, riscontro sollecitato dalla stessa Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe. Solo a metà ottobre si saprà se verrà dato, o meno, il via libera all’invio degli inviti al contraddittorio: nel frattempo sarà interessante appurare come la giurisprudenza di merito, relativamente al redditometro 2008, recepirà la nuova (o meglio, ribadita), posizione del tribunale di Napoli.