6 Novembre 2024

Anche la scissione con scorporo non chiarisce i criteri temporali di maturazione dell’holding period   

di Luciano Sorgato
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La scheda di FISCOPRATICO

Relativamente allo scorporo dell’azienda, l’opzione legislativa prospettata all’articolo 17, D.Lgs. approvato in data 30.4.2024 (in base alla quale le partecipazioni ricevute in cambio dello scorporo dell’azienda si considerano immobilizzazioni finanziarie se vengono iscritte come tali nel bilancio della società scissa) non appare  risolutiva ai fini dell’applicazione del regime Pex.

Anche la nuova norma non appare idonea ad avversare le indicazioni rinvenibili nel principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 8235/2023, in  ordine al riscontro dei presupposti alla base del regime Pex. Tale pronuncia, in ordine alla possibilità di fruire del regime Pex in caso di conferimento di un’azienda seguito dalla cessione della partecipazione ricevuta dal soggetto conferitario, aveva ritenuto, in ordine al presupposto temporale dell’anzianità di possesso della partecipazione, che l’articolo 176, comma 4, Tuir, nel riferire testualmente ai “beni aziendali”, invece che “all’azienda”, intenda rendere chiaro come la rilevanza del periodo di possesso dell’azienda da parte del conferente debba essere intesa in stretto raccordo all’iscrizione in bilancio dei singoli beni aziendali e non all’azienda nel suo ordinario paradigma di diritto (articolo 2555, cod. civ.).

Si riporta, per una più agevole comprensione, il principio di diritto enunciato dalla citata sentenza della Corte di cassazione: “Il combinato disposto degli artt. 87, comma 1, e 176, comma 4, T.U.I.R., nel prevedere l’esenzione parziale da tassazione della plusvalenza generata dal trasferimento di partecipazioni od azioni di una società in cui sia ricompresa un’azienda già oggetto di conferimento, stabilendo che il requisito temporale e di iscrizione in bilancio di cui all’art. 87, T.U.I.R. può essere riferito anche al periodo in cui l’azienda è stata posseduta dal soggetto conferitario, fa riferimento ai beni aziendali e dunque alla relativa proprietà e non alla mera titolarità dell’azienda in sé, dovendosi così escludere che si possa a tal fine considerare presenti i requisiti temporali suddetti ove l’azienda sia nella titolarità della conferitaria da almeno dodici mesi, ma i relativi beni siano invece entrati in sua proprietà, e quindi iscritti a bilancio, da un periodo inferiore”.

La tesi della Cassazione, gravemente ostativa il ricorso all’articolo 176, Tuir, e al regime fiscale neutro in esso previsto, non appariva essere condivisibile, in quanto da essa derivava il ribaltamento di considerazione gerarchica tra l’azienda concepita come una universitas e i singoli beni che concorrono a formarla, nonostante sul piano fiscale (più frastagliata è semmai la sua connotazione sul piano civilistico) appaia inconfutabile la qualificazione unitaria e non atomistica del bene azienda. Trattasi piuttosto di uno stile linguistico (quello usato nell’articolo 176, comma 4, Tuir) legislativamente poco appropriato, a cui però non appare raccordabile un ruolo così determinante nell’individuazione dei presupposti alla base del regime Pex.

A tale proposito, si deve sottolineare come sia proprio con riguardo alla variabile tempo che l’azienda esterna la sua speciale prerogativa di universitas con un palese primato giuridico sulla composizione qualitativa e quantitativa dei beni che la formano. Tali beni possono anche incorrere in una complessiva dinamica di avvicendamento, ma ciò nonostante l’azienda nella sua inconfutabile configurazione fiscale di universitas rimane quella originaria e la sua anzianità di possesso non viene in alcun modo influenzata dal mutamento dei beni.

Soltanto se il coacervo dei beni disperdesse il raccordo con il modello organizzato che caratterizza l’azienda, allora tornerebbero a riassumere rilievo i periodi di possesso effettivo dei singoli beni. Sino a quando, però, l’azienda conferita mantiene tale connotazione non assume alcuna importanza la modifica dell’originario nucleo dei beni, anche se dovesse assumere un’impronta capitalistica di portata del tutto non comparabile con la dote dei beni costituente l’azienda conferita. Rimane sempre l’azienda originaria, la cui plusvalenza realizzata nel caso di cessione onerosa è ammessa alla rateizzazione quinquennale se, sommando i due segmenti di possesso presso il conferente e presso la conferitaria, si registra un possesso complessivo non inferiore a tre anni.

Ora l’indicazione legislativa prevista nello schema di decreto in esame, che, sia pure raccordata alla scissione con scorporo,  potrebbe ritenbersi  estendibile anche ai conferimenti di azienda, in virtù della manifesta analogia strutturale delle due operazioni. Essa, tuttavia, risolve l’incongruenza in ordine all’iscrizione in bilancio come immobilizzazioni finanziarie delle partecipazioni ricevute a seguito dello scorporo dell’azienda, disponendo, come già sopra esposto, che, se lo scorporo ha ad oggetto un’azienda, le partecipazioni si considerano immobilizzazioni finanziarie se iscritte come tali nel bilancio della scissa (e non nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell’azienda, come invece ancora enunciato nell’articolo 176, comma 4, Tuir), ma non risolve l’ulteriore questione controversa che, sempre in ordine all’azienda, è derivata dall’indicato principio di diritto, in ordine al presupposto temporale dell’anzianità di possesso, in quanto esso non viene specificamente raccordato all’azienda come universitas. Per la Corte di cassazione, sia pure, si insiste a sottolineare, in modo del tutto inopinato, il riferimento della norna (articolo 176, comma 4, Tuir) ai beni aziendali e, dunque, alla relativa proprietà e non alla mera titolarità dell’azienda, comporta l’inesistenza del requisito temporale, qualora anche solo taluni dei beni costituenti l’azienda siano entrati a partecipare del compendio patrimoniale e, quindi, iscritti in bilancio, da un periodo inferiore a dodici mesi.

In ordine a tale parte del principio di diritto della Cassazione, la previsione normativa in commento non dirime la questione neppure in ordine all’operazione della scissione con scorporo, ed anzi rischia di incancrenirla, potendo essa fungere da rinforzo alla tesi giurisprudenziale, dal momento che il parziale intervento legislativo circoscritto alla sola catalogazione contabile delle partecipazioni come immobilizzazioni finanziarie, con totale silenzio serbato in ordine al requisito temporale dell’anzianità di possesso, potrebbe venire inteso come supporto all’esegesi proposta dalla Cassazione.