Nel 1996, e in particolare con l’articolo 3, comma 156, L. 662/1996, il Legislatore ha dato delega all’allora Governo di procedere, in riferimento ai fabbricati rurali non abitativi, alla regolamentazione, di modo da “provvedere all’istituzione di una categoria di immobili a destinazione speciale per il classamento dei fabbricati strumentali”.
L’obiettivo era quello di tenere distinte le costruzioni rurali destinate ad abitazione da quelle strumentali all’esercizio dell’attività agricola.
A tal fine, con l’articolo 1, comma 5, D.P.R. 139/1998 è stato previsto che “Le costruzioni strumentali all’esercizio dell’attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, vengono censite nella categoria speciale «D/10 – fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole», nel caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite”.
Il successivo articolo 2, D.P.R. 139/1998, ha provveduto a modificare l’articolo 9, D.L. 557/1993, prevedendo la netta distinzione tra le 2 tipologie di fabbricati, individuandone i rispettivi requisiti richiesti nei commi 3 e 3-bis, e stabilendo, da un lato, l’attribuzione della categoria D/10 per i soli strumentali e, dall’altro confermando solo per gli abitativi la necessità del rispetto della riconducibilità a un soggetto avente un determinato tipo di reddito, nonché l’asservimento dell’immobile a un fondo.
Ne deriva, quale corollario, che ai fini dell’appartenenza di una costruzione strumentale alla categoria catastale D/10, rileva la sola destinazione a una delle finalità individuate dall’articolo 9, comma 3-bis, D.L. 557/1993, con l’ulteriore precisazione che l’elencazione ivi prevista ha natura meramente esemplificativa e non esaustiva.
La Cassazione, nell’ordinanza n. 5458/2025 in commento, precisa che “Per identità di ratio, tale principio è estensibile anche alla fattispecie in cui il fabbricato destinato ad attività agrituristica sia classificato in categoria A/8”. Del resto, prosegue la Cassazione nel suo ragionamento, tale esegesi è coerente con la previsione del comma 3, lettera e) per cui non può mai essere riconosciuta la ruralità abitativa agli immobili che hanno le caratteristiche delle unità immobiliari urbane appartenenti alle categorie A/1 ed A/8, ovvero le caratteristiche di lusso previste dal D.M. 2 agosto 1969.
Ne deriva, quindi, che anche un fabbricato classificato in categoria A/1 o A/8 può essere considerato quale rurale, se destinato a essere strumentale a una delle attività di cui all’articolo 2135, cod. civ..
Del resto, a tali conclusioni era già giunta la Cassazione con la sentenza n. 22674/2024 con cui aveva espresso il principio per cui “ai fini della classificazione catastale delle unità immobiliari, le costruzioni destinate alla ricezione ed ospitalità, nell’ambito dell’attività di agriturismo svolta da un’azienda agricola, rivestono il carattere di strumentalità all’attività agricola che giustifica il riconoscimento della ruralità, ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 novembre 1994, n. 133, senza che ad esse possa trovare applicazione l’esclusione di cui alla lett. e) dell’art. 9, comma 3, dello stesso decreto, operante per le sole costruzioni rurali destinate ad abitazione, anche con riguardo alla classificazione catastale nelle categorie A/1 e A/8, che è ostativa al riconoscimento della ruralità soltanto in caso di destinazione ad uso abitativo”.
E tale principio si rende applicabile anche nell’ipotesi, come nel caso di specie, in cui non vi sia identità tra proprietario del fabbricato e utilizzatore dello stesso, fermo restando, ovviamente, che quest’ultimo sia un imprenditore agricolo e che eserciti l’attività agrituristica nel rispetto dei parametri generali individuati dalla L. 96/2006, nonché di quelli specifici della Legge regionale di riferimento.