Anche per gli enti è tempo di bilanci
di Guido MartinelliMarta Saccaro
Aprile, tempo di bilanci. Anche per le associazioni, le Onlus e, in genere, tutti gli organismi non profit con il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare e per i quali lo statuto prevede l’approvazione del bilancio entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio il mese di aprile si segnala come quello in cui solitamente si svolge l’assemblea annuale dei soci per l’approvazione del risultato dell’esercizio precedente.
L’adempimento non è da sottovalutare, sia per rispettare obblighi di natura fiscale sia per garantire la trasparenza nella comunicazione con i soci e con i terzi che entrano in contatto con l’ente.
Nello specifico, per poter accedere ai benefici fiscali, le associazioni cosiddette “privilegiate” (si tratta, secondo quanto prevede l’art. 148 del TUIR, delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona) devono inserire nel proprio atto costitutivo o nello statuto una specifica clausola, che preveda «l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie» (contenuta nella lettera d) del comma 8 dell’articolo 148 del TUIR). Analoga previsione deve essere contenuta nello statuto delle Onlus.
Nei documenti che regolano l’attività dell’ente devono inoltre essere indicate le modalità ed i tempi di convocazione dell’assemblea dei soci. Ad esempio, lo statuto può prevedere che l’assemblea dei soci va convocata entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio (entro il mese di aprile, se l’esercizio è annuale) e che la convocazione va fatta con affissione, nella bacheca delle sede sociale, dell’apposito annuncio contenente la data, l’ora ed il luogo stabilito per la riunione (o, meglio, con convocazione nominale di ciascuno dei soci aventi diritto di partecipazione in assemblea).
La forma nella quale deve essere redatto il bilancio è sostanzialmente libera. Anche a questo proposito, però, le norme fiscali ricordano che il “rendiconto economico e finanziario” deve evidenziare tutta l’attività svolta dal sodalizio. Nel documento deve quindi essere indicata sia l’attività istituzionale sia quella commerciale e il risultato della gestione complessiva è quello che si definisce “avanzo”. Date le specifiche caratteristiche di enti di erogazione (e non di enti rivolti al profitto dei soci), volti quindi ad utilizzare tutte le risorse prodotte per il raggiungimento degli scopi istituzionali, è logico aspettarsi risultati della gestione solo leggermente positivi. In ogni caso, nessuna risorsa dell’associazione può essere distribuita ai soci: l’eventuale eccedenza che risulta dall’attività complessiva deve sempre essere reinvestita nell’attività sociale.
Per quanto riguarda le modalità di redazione del bilancio e di separazione della gestione commerciale da quella istituzionale le associazioni che applicano il regime della L. n. 398/1991 risultano più avvantaggiate. Poiché infatti il sistema di determinazione del reddito è forfettizzato sulla base dei ricavi annotati nel prospetto di cui al D.M. 11 febbraio 1997 questi saranno gli unici componenti “commerciali” da evidenziare nel bilancio.
Come visto, poi, il legislatore fiscale, riferendosi al rendiconto, dispone che deve essere sia “economico” che “finanziario“. Questo significa che le risultanze della gestione devono essere espresse osservando due presupposti: quello della “competenza economica” e quello della “cassa”. La predisposizione del rendiconto finanziario diventa poi obbligatoria per tutti quegli enti che ricevono le contribuzioni disciplinate dalla normativa contenuta nell’art. 14 del D.L. n. 35/2005 (cosiddetta “più dai meno versi”). In questo caso, infatti, presupposto per l’applicazione delle agevolazioni, tra gli altri, è la redazione di un documento di sintesi, che rappresenti la situazione patrimoniale, economica e finanziaria del ricevente.
L’elaborazione del rendiconto annuale può essere quindi più o meno complessa in funzione delle dimensioni dell’ente e del sistema di rilevazioni contabili adottato. In ogni caso, però, non bisogna dimenticare che poiché, come detto, l’obbligo di predisporre il documento di sintesi riguarda l’attività complessiva dell’associazione, compresa quindi anche l’attività istituzionale, l’Amministrazione finanziaria, nella Circ. n. 124/E del 1998, ha precisato che tale adempimento comporta la necessità di assumere e conservare tutta la documentazione di supporto, compresa, quindi, quella relativa alla gestione non commerciale. Come i recenti controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate a carico degli enti associativi hanno dimostrato sarà pertanto necessario osservare una particolare cura nella predisposizione e nella conservazione di tutte le “pezze giustificative” dei movimenti in entrata e in uscita afferenti l’attività istituzionale (ad esempio, ricevute per il versamento delle quote associative, delle quote di partecipazione ai corsi ecc.).