Ancora dubbi sulla legittimità della scissione di cassa
di Alessandra FabbriCon la risposta all’interpello n. 133 del 21.03.2022 l’Agenzia delle Entrate è tornata nuovamente a occuparsi dell’incerto binomio “operazioni straordinarie e possibili profili di elusività”, focalizzando la propria attenzione sulle scissioni aventi a oggetto risorse essenzialmente o esclusivamente finanziarie, quali liquidità bancaria o di cassa, titoli azionari o partecipazioni e obbligazioni negoziate su mercati regolamentati.
Simili operazioni, finalizzate generalmente all’implementazione di piani di riorganizzazione e ristrutturazione aziendali, per il solo fatto di consentire lo “scorporo” di specifici asset di natura finanziaria dall’attivo di una società scissa e la loro attribuzione a enti collettivi deputati alla loro gestione ottimizzata, sono sempre state particolarmente attenzionate dall’Amministrazione finanziaria, la quale le ha sempre guardate con sospetto, potendo celare profili di abuso del diritto ed elusione.
Se in passato l’Agenzia delle Entrate aveva di frequente ravvisato in tali operazioni profili di elusività individuabili nel vantaggio fiscale indebito ottenuto dai soci “bypassando” la distribuzione (e, di conseguenza, la tassazione in capo alla compagine sociale della scissa) di una parte degli utili e delle riserve accumulati negli anni per farli approdare direttamente al passaggio finale della scissione societaria, ovvero al trasferimento di tali somme nella newco, uno “spiraglio di luce” si è intravisto nel 2017 quando, attraverso i chiarimenti forniti dalla risoluzione 97/E, è stata data “pari dignità fiscale” alle due alternative afferenti alla circolazione dei compendi aziendali, la cessione diretta e indiretta (cioè tramite cessione delle partecipazioni della società che risulti titolare della medesima azienda).
Tale principio risulta estendibile altresì all’ipotesi di scissione societaria la quale, avendo a oggetto il trasferimento singoli beni (partecipazioni societarie, immobili, marchi) a cui segue la correlata assegnazione di partecipazioni della società avente causa, permette anche a questi ultimi di poter beneficiare di un trasferimento diretto piuttosto che indiretto.
Le poche certezze sin qui guadagnate sono state, però, nuovamente immerse nell’incertezza lo scorso marzo quando all’Agenzia delle entrate è stato chiesto di esprimere un parere in merito alla correttezza di un’operazione straordinaria, ovvero se dalla sua realizzazione scaturissero possibili profili di abuso del diritto: nello specifico, i soci di una holding titolare di una unica partecipazione, essendo in accordo circa la cessione della stessa ma in totale disaccordo sulle modalità d’impiego dell’ingente plusvalenza derivante, decidevano di porre in essere una separazione tramite scissione totale asimmetrica, frazionando l’unico bene posseduto (la partecipazione) in proporzione alle rispettive percentuali detenute, senza operare alcun conguaglio e, successivamente, le neonate newco avrebbero proceduto alla cessione della frazione di partecipazione della scissa loro spettante, realizzando plusvalenze pressoché esenti da imposta che ciascuna nuova realtà societaria avrebbe gestito in completa autonomia.
L’Amministrazione finanziaria, esaminate attentamente le peculiarità del caso, ha ritenuto l’operazione di scissione legittima precisando, però, che potrebbero sostanziarsi profili di elusività qualora la stessa dovesse rappresentare solo il primo step nella costruzione di un più complesso marchingegno volto alla creazione di società contenitori e alla cessione delle partecipazioni da parte dei soci persone fisiche all’esclusivo scopo di spostare la tassazione dai beni di primo grado ai beni di secondo grado, generando così un risparmio d’imposta altrimenti non conseguibile.
Quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria non trova però la condivisione di parte della dottrina, la quale ritiene che l’Agenzia commetta un errore nel considerare tale comportamento da censurare; se, infatti, pare ovvio che un contribuente ponga in essere operazioni per ottenere un vantaggio, non altrettanto automatico sembra identificare la natura di tale beneficio in un vantaggio meramente tributario.
L’implementazione di una scissione asimmetrica in situazioni di forte dissidio interno, elimina senza dubbio le divergenze (segregando le diverse posizioni) ma non produce vantaggi di natura tributaria, non derivando da essa alcun risparmio fiscale, dato che, comunque, la liquidità generata e corrispondente ai dividendi rimane, dopo la scissione, in capo alle società risultanti dalla scissione asimmetrica e distribuibile in base a precise condizioni e gravata da correlati oneri fiscali.
Al contrario ciò che dovrebbe effettivamente paventare nella mente dell’Agenzia lo spettro dell’abuso del diritto è la realizzazione, tramite l’operazione straordinaria di scissione, di una surrettizia distribuzione dei dividendi della società scissa.
In tale eventualità, il negozio alternativo sarebbe rappresentato dalla monetizzazione diretta dei dividendi in luogo di quella indiretta, ma anche in questa evenienza, avendosi il medesimo carico fiscale tra la tassazione dei dividendi e fiscalità delle plusvalenze, nulla potrebbero avanzare gli Uffici a contestazione di una condotta abusiva.