Ancora incerto il regime fiscale del cessionario di azienda Ias Adopter
di Fabio LanduzziNon riesce a trovare proprio pace la dibattuta questione del regime fiscale dell’acquisto di azienda (o di ramo di azienda) effettuato da un soggetto IAS Adopter con un soggetto cedente terzo indipendente.
Dal punto di vista contabile, il modello indicato dallo Ifrs 3 per la rilevazione dell’operazione nel bilancio del cessionario è piuttosto chiaro e risponde ai precetti del c.d. acquisition model.
L’acquirente è tenuto ad iscrivere nelle proprie scritture contabili le attività e passività che fanno parte dell’azienda acquisita al loro fair value, come pure ad iscrivere – se del caso – attività o passività che non figuravano nello stato patrimoniale dell’azienda tratto dal sistema contabile del cedente ma che sono riconosciute dal lato Ias/Ifrs, ed infine anche a cancellare attività o passività che non fossero suscettibili di essere conservate coerentemente all’applicazione dei Principi contabili internazionali.
Da tale processo deriva che, laddove il fair value dell’azienda acquisita fosse superiore al costo di acquisto riconosciuto al cedente, la differenza, che esprime il compimento di un “buon affare”, va rilevata direttamente al conto economico dell’esercizio in cui l’operazione è perfezionata.
Delineato, seppure in estrema sintesi, l’assetto contabile dell’operazione, che si differenzia invece completamente dal caso in cui l’acquisto dell’azienda avvenga da un soggetto non indipendente, nella cui circostanza la rilevazione contabile è ispirata a criteri di continuità di valori, gli interrogativi si aprono sul fronte della rilevanza fiscale dello stesso.
Ovvero, le attività e passività iscritte dal cessionario IAS Adopter al fair value, e corrispondentemente l’utile da buon affare imputato al suo conto economico, sono fiscalmente rilevanti in funzione del generale principio di derivazione rafforzata?
Oppure, e diversamente, l’operazione deve essere riportata nell’alveo della deroga alla derivazione rafforzata di cui all’articolo 4 D.M. 48/2009 e quindi essere fonte di doppio binario contabile e fiscale?
La dottrina ha in più riprese sottolineato che ragioni sia di ordine normativo e regolamentare, che sistematiche e se vogliamo anche razionalmente pragmatiche, consentirebbero di concludere per la rilevanza fiscale delle risultanze contabili emerse dall’applicazione dell’acquisition model e, quindi: da un lato, piena rilevanza fiscale dei valori di prima iscrizione delle attività e passività facenti parte dell’azienda acquisita espressi al fair value e, dall’altro lato, concorso dell’utile da buon affare alla formazione del reddito imponibile del periodo.
Purtroppo, questa soluzione non sembra sinora trovare conferma nell’orientamento che emerge da alcune posizioni assunte dall’Amministrazione Finanziaria, in occasione di risposte – alcune pubblicate (si vedano la risposta n. 538/2021, e la 126/2022, ed altre no, come quella risalente al 2016 ed ampiamente commentata da autorevole dottrina – ad istanze di interpello che, come noto, sono per loro stessa intrinseca natura caratterizzate da un perimetro estremamente casistico e che, perciò, non avrebbero alcuna portata di indicazione di carattere generale.
L’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria sul tema in oggetto, peraltro, non sembra essere pienamente lineare per quanto è dato trarre dalla lettura dei documenti pubblicati, se non per la conclusione finale che, come premesso, porta ad appiattire il regime fiscale del soggetto Ias Adopter acquirente dell’azienda sulla stessa posizione (fiscale) che si sarebbe realizzata per un soggetto Oic Adopter.
In altre parole, percorrendo strade interpretative diverse, l’Amministrazione nella sostanza sembra voler arrivare a questa conclusione di neutralità fra i due regimi fiscali, a prescindere dal modello di rappresentazione contabile proprio di ciascuno dei due diversi ordinamenti, il civilistico/Oic, e il modello Ias/Ifrs.
Nella più recente presa di posizione (quella di cui alla risposta n. 126/2022) l’Amministrazione fa chiaramente intendere che, a suo avviso, la valorizzazione dell’azienda acquisita al suo fair value, così come prescritto dallo Ifrs 3, sarebbe espressione di un fenomeno valutativo, sicché questo si porrebbe per sua natura al di fuori del principio di derivazione rafforzata; di conseguenza, tutto ciò che devia dal costo sostenuto per l’acquisto dell’azienda (i.e. attività e passività iscritte al fair value, utile da buon affare iscritto a conto economico) non potrebbero trovare rilevanza fiscale, e sarebbero condannati al perenne doppio binario.
Il precedente documento (la risposta n. 538/2021) aveva invece ricondotto l’operazione al novero di quelle di cui all’articolo 4 D.M. 48/2009, e quindi di quelle per le quali vale la deroga alla derivazione rafforzata dovendo trovare applicazione ai fini fiscali la logica giuridico-formale dell’operazione sottostante; una chiave interpretativa, tuttavia, che cozzava chiaramente con il testo della Relazione illustrativa del D.M. stesso il quale, sul punto, si esprime piuttosto esplicitamente nel sottolineare che la deroga in questione si applica solo al caso della cessione di azienda fra soggetti non indipendenti, circostanza in cui sarebbe stata altrimenti portata un’operazione realizzativa, come la cessione di azienda, verso un regime di neutralità fiscale indotto dalla continuità di valori di cui al modello proposto dai principi internazionali, del tutto inconferente con i principi di fondo dell’imposizione sul reddito.
Insomma, da qualunque punto si osservi la situazione, resta un tanto evidente quanto ben poco utile e giustificato alone di incertezza interpretativa circa il trattamento fiscale di un’operazione (la cessione di azienda fra parti indipendenti) per cui gioverebbe, invece, avere certezza di un regime chiaro, univoco e allineato a quello contabile; il tutto, allo scopo di ridurre rischi di contenzioso relativi a operazioni straordinarie e quindi introdurre condizioni di incertezza che non giovano a coloro che effettuano investimenti nel nostro ordinamento.