Ancora sui compensi sportivi – II° parte
di Guido MartinelliDopo aver chiarito che il tesseramento ad una FSN / DSA / EPS, ai fini della corresponsione dei compensi sportivi, è presupposto utile ma non condizione necessaria, parlando di compensi sportivi non possiamo fare a meno di ripartire da “dove eravamo rimasti”.
Ossia il punto rimane il significato giuridico che può/deve essere dato all’abrogazione, contenuta nel Decreto dignità, dell’inquadramento quale collaborazione coordinata e continuativa dei compensi sportivi, qualificati come redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. m), Tuir.
L’abrogazione vuole significare che sono comunque prestazioni di lavoro non tipizzate, in quanto lo stesso articolo 67 Tuir esclude che possano rientrare tra le prestazioni di lavoro subordinato o di esercizio professionale, e la qualifica residuale come collaborazioni coordinate e continuative è stata esclusa a seguito della abrogazione della norma che così li qualificava (articolo 13, comma 1, D.L. 87/2018)?
Oppure che, appunto, essendo redditi diversi da quelli di lavoro non possono essere riconosciuti a “lavoratori” ma solo a coloro i quali svolgano l’attività “per diletto” in quanto nei loro confronti è carente il presupposto della professionalità?
Nel caso in cui si propenda per la prima ipotesi è necessario tentare di costruire un sistema, al momento inesistente, compatibile con una disciplina lavoristica legata all’aspetto bipolare tra lavoro autonomo e subordinato e in conformità con l’articolo 38 Cost., che prevede la tutela previdenziale per tutti i prestatori d’opera.
Nella seconda ipotesi tutti i “lavoratori” dello sport dilettantistico sono soggetti alla contribuzione previdenziale gestione spettacolo.
Il dubbio sopra esposto ci riporta all’altalena giurisprudenziale che aveva caratterizzato il periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore della L. 342/2000 e quella di emanazione della circolare INL 1/2016, a seguito della quale si era consolidata una giurisprudenza favorevole al riconoscimento, come prestazione lavorativa, del rapporto sportivo dilettantistico.
Ed infatti, le prime decisioni pubblicate dopo l’abrogazione della qualifica appaiono di segno contrastante.
Le tre più recenti pubblicate provengono dal foro di Roma.
La sezione lavoro della Corte d’Appello della Capitale appare costante nel ritenere che i lavoratori dello sport dilettantistico debbano essere regolarmente iscritti presso l’Inps, gestione spettacolo.
Dopo una prima decisione (sentenza n. 2924 del 20.07.2018), in cui, facendo riferimento al punto 20 del D.M. 15.03.2005 contenente l’adeguamento dei lavoratori da assicurare obbligatoriamente presso l’Enpals (oggi Inps gestione spettacolo – “impiegati, operai, istruttori e addetti agli impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, palestre, sale fitenss, stadi, sferisteri, capi sportivi, autodromi”) si ricorda che: “….. dal tenore letterale della espressione normativa di cui al n. 20 emerge l’obbligo contributivo a carico dell’appellante nei riguardi degli istruttori di attività sportive, a prescindere dalla natura giuridica (subordinata, parasubordinata o autonoma) del rapporto di lavoro ed essendosi peraltro la stessa appellante qualificata associazione sportiva…..”, è stata recentemente pubblicata una sentenza del 21.11.2018 in cui i Giudici del riesame hanno affermato che: “emerge con chiarezza che almeno nel periodo dal 1.9.1994 al 31.7.2012 l’odierno appellante svolgeva in modo continuativo la propria prestazione lavorativa, osservava un orario predeterminato, riceveva il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, la sua attività lavorativa era inserita nell’assetto organizzativo aziendale e consisteva, quale direttore tecnico, nell’occuparsi del controllo e del coordinamento degli istruttori di nuoto, della gestione dei turni nelle corsie e dell’assegnazione ai vari insegnanti, nonché dei colloqui con i genitori … di conseguenza il Collegio ha disposto consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare quanto eventualmente dovuto all’appellante quale dipendente di I livello ccnl impianti sportivi e palestre” e hanno concluso con la condanna della società sportiva al pagamento delle differenze retributive in favore dell’istruttore inquadrato con compensi sportivi e non regolarmente assunto.
Nel frattempo il Giudice della sezione lavoro del Tribunale di Roma, invece, con una sentenza del 15.10.2018 dava ad una fattispecie simile una lettura opposta.
Infatti, esaminando sempre il rapporto di lavoro di un istruttore di una palestra costituita come società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata, ha così statuito: “.. non può ritenersi raggiunta la prova che il rapporto intercorso …. abbia natura subordinata apparendo esso piuttosto perfettamente riconducibile alla collaborazione associativa di natura sportiva disciplinata, ratione temporis, …. è emerso che il ricorrente gestiva in maniera sostanzialmente autonoma la propria attività di personal trainer e di assistenza in sala pesi, che era lui a comunicare ad inizio della stagione le proprie disponibilità di giorni ed orari per la sragione successiva … le predette disponibilità venivano recepite dal coordinatore e rapportate alle disponibilità indicate dagli altri istruttori della sala pesi, al fine di addivenire ad un programma condiviso di copertura dell’assistenza in sala … anche l’aspetto didattico era riservato senza alcuna forma di controllo da parte dei coordinatori della struttura ….”. Su tali basi il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda del lavoratore.
Non si può fare a meno di chiosare sul come il Giudicante abbia, in maniera condivisibile, escluso la subordinazione ma poi abbia omesso ogni considerazione sulla differenza tra rapporto di lavoro sportivo autonomo, che avrebbe comunque richiesto la copertura previdenziale, e rapporto con finalità associativa che l’avrebbe esclusa.
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