2 Novembre 2017

Ancora sui premi e sconti nella valutazione di partecipazioni

di Fabio Landuzzi
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In un precedente contributo si è trattato dei premi e degli sconti applicati in esito del processo valutativo da parte dell’esperto incaricato di esprimere il valore di mercato di una partecipazione nell’ambito di un’operazione straordinaria. Ora, prendendo spunto dalla prassi in materia, vediamo di analizzarne alcune possibili modalità di applicazione pratica. L’interrogativo di fondo quindi è: come determinare quantitativamente l’aggiustamento al valore della partecipazione dovuto all’esistenza delle condizioni per l’applicazione di premi o di sconti?

In prima battuta, non può nascondersi che la stima di premi e sconti è frutto di un approccio essenzialmente empirico; non esiste cioè una tecnica condivisa per il calcolo di premi e sconti, per cui di solito l’esperto ricorre alla sua discrezione professionale orientandosi secondo le informazioni reperibili in banche dati riguardanti transazioni pubbliche, oppure affidandosi a indicazioni dottrinali e di prassi.

Per quanto riguarda il premio di maggioranza, normalmente questo risente di due fattori:

  1. l’entità della partecipazione;
  2. i diritti che essa attribuisce al suo possessore.

Per questa ragione, sarebbe fuorviante determinare il valore di una partecipazione semplicemente con una proporzione aritmetica rispetto al valore totale attribuito all’impresa. Se si osserva la prassi valutativa, risulta come normalmente i premi di maggioranza sono compresi in un range che oscilla dal 20% al 40%; inoltre, viene fatta rilevare l’esistenza su base statistica di una correlazione inversa tra il grado di controllo ed il premio, nel senso che maggiore sarà il premio quanto più funzionale all’acquisizione del controllo sarà la quota di partecipazione oggetto di vendita.

Ancora più difficile, nel senso che non esiste una tecnica ufficiale affidabile in assoluto, è la stima dello sconto di minoranza, in quanto non vi sono normalmente banche dati che mappano transazioni aventi ad oggetto questo tipo di pacchetti partecipativi.

Un primo tentativo per l’esperto potrebbe essere quello di applicare in modo speculare lo stesso quoziente del premio; quindi, se abbiamo detto che il premio di maggioranza normalmente oscilla fra il 20% ed il 40%, le stesse percentuali, oppure una loro media, potrebbero essere applicate per determinare lo sconto di minoranza. Si tratta però di un criterio che non è sempre soddisfacente, mentre meglio sarebbe che l’esperto valutasse di volta in volta l’entità dello sconto di minoranza in base alla situazione reale esistente quanto a diritti patrimoniali ed amministrativi in possesso delle minoranze (ad es.: clausole statutarie, patti parasociali, ecc.). Va poi detto che nelle imprese di piccole dimensioni, spesso lo sconto di minoranza può assumere incidenza maggiore di quanto sopra indicato per tenere conto di una oggettiva carenza di negoziabilità della partecipazione.

Ci si avvicina così al computo dello sconto di illiquidità, che in via del tutto empirica assume di norma un valore intorno al 30%, nei casi in cui l’assenza di un mercato reale per la partecipazione sia oggettivamente verificabile dall’esperto e non possa non incidere in modo obiettivo sul reale valore di mercato della partecipazione.

Per quanto riguarda infine altri sconti – ad esempio, dovuti alla perdita di persone chiave – occorre prestare attenzione al fatto che di tali fattori non si sia già tenuto conto in sede di elaborazione del processo valutativo, ad esempio nello sviluppo dei ricavi o dei flussi di cassa attesi; solo in questo caso, infatti, il valutatore sarà tenuto ad applicare al valore risultante dal suo processo valutativo un ulteriore sconto forfetario per riallineare il dato al valore reale di mercato.

Metodi e criticità della valutazione d’azienda