Appalto di servizi simulato: la rilevanza penale tributaria
di Marco BargagliQuando si parla di frode fiscale, nella prassi operativa ci si riferisce a quelle pratiche evasive finalizzate ad ottenere un indebito risparmio d’imposta, attuate con modalità fraudolente, poste in essere da un’organizzazione criminale.
Nello specifico, come illustrato nel Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte I – capitolo 1 “Evasione e frode fiscale”, pag. 10 e ss., nella frode fiscale ai fini IVA sono rientrano le fattispecie di reato sanzionate dall’articolo 2, D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), dall’articolo 3, D.Lgs. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) e dell’articolo 8, D.Lgs. 74/2000 (emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti).
Più in particolare, in tema di appalto di servizi, il legislatore ha introdotto, nell’ordinamento giuridico domestico, specifiche misure che consentono di arginare insidiosi fenomeni di evasione fiscale, finalizzati ad ottenere un indebito risparmio d’imposta, mediante l’utilizzo distorto dei vari istituti giuridici che disciplinano anche la materia giuslavorista.
Come noto, a livello civilistico, il contratto di appalto (ex articolo 1655, cod. civ.), si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del soggetto appaltatore, del rischio d’impresa.
Di contro, la normativa sul lavoro prevista dall’articolo 29, D.Lgs. 276/2003, prevede che, nel caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di 2 anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Ciò posto, giova ricordare che, sulla base di una prima autorevole pronuncia espressa in sede di legittimità, i giudici hanno applicato il sequestro preventivo a carico di un contribuente responsabile di avere ideato un pernicioso sistema di frode basato sull’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti organizzato, a livello operativo, sulla base dello schema negoziale di un’intermediazione illecita di manodopera (Cassazione, n. 8809/2021).
In particolare, nel corso di una verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza, nei confronti di una società di capitali, finalizzata al controllo dell’adempimento delle disposizioni tributarie in materia Iva, imposte sui redditi ed altri tributi, veniva prospettata un’attività di illecita somministrazione di manodopera attuata dalla società verificata, in favore di varie imprese del settore turistico e della ristorazione, dissimulata attraverso la stipulazione di fittizi contratti di appalto di servizi (articolo 29, D.Lgs. 276/2003).
Si ricorda che, nell’ambito dell’emissione e utilizzo di fatture false, il legislatore prevede l’applicazione di gravi sanzioni a carico dei soggetti coinvolti consapevolmente in una frode fiscale, ossia:
- la reclusione da 4 a 8 anni nei confronti di chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti indica, in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi passivi fittizi (articolo 2, D.Lgs. 74/2000). Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono comunque detenuti a fine di prova nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Infine, qualora l’ammontare degli elementi passivi fittizi sia inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da un 1 e 6 mesi a 6 anni.
- la reclusione da 4 a 8 anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (ex articolo 8, D.Lgs. 74/2000). L’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato. Infine, qualora l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per singolo periodo d’imposta, è inferiore a euro 100.000, si applica la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
- la reclusione da un 1 e 6 mesi a 6 anni chiunque non versa le somme dovute utilizzando in compensazione (ex articolo 17, D.Lgs. 241/1997), crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai 50.000 euro (ex articolo 10-quater,Lgs. 74/2000).
Sempre in tema di intermediazione fittizia di manodopera, la distinzione tra contratto di appalto e quello di somministrazione di manodopera è determinata non solo dalla proprietà dei fattori di produzione, ma anche dalla organizzazione dei mezzi e dalla assunzione effettiva del rischio d’impresa, in assenza dei quali si configura una mera fornitura di prestazione lavorativa che, se effettuata da soggetti non autorizzati, è sottoposta a specifica sanzione penale (articolo 18, D.Lgs. 276/2003).
A parere degli ermellini, è configurabile il concorso fra la contravvenzione prevista dall’articolo 18, D.Lgs. 276/2003 e il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ai fini dell’Iva (articolo 2, D.Lgs. 74/2000), nella particolare ipotesi in cui vengano utilizzate fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione fittizia di manodopera (Cassazione n. 20901/2020).
Più di recente, con la sentenza della Corte di cassazione n. 34407/2024, i Giudici di Piazza Cavour hanno chiarito che realizza la fattispecie penale riferita alla presentazione della dichiarazione fraudolenta (ex articolo 2, D.Lgs. 74/2000) la contabilizzazione, nella dichiarazione dei redditi, di fatture riferite ad un contratto di appalto di servizi che costituisce mero schermo giuridico per occultare, in realtà, una somministrazione irregolare di manodopera.
Infatti, quando il contratto di appalto di manodopera è fittizio ed è finalizzato ad evadere le imposte, possono scattare severe sanzioni penali – tributarie.
Infatti, sulla base del consolidato approccio ermeneutico espresso in sede di legittimità, nella particolare ipotesi di somministrazione irregolare di manodopera formalizzata mediante la redazione di un contratto di appalto di servizi illecito, viene a decadere il diritto alla deduzione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini Iva (Cassazione n. 34876/2021; Cassazione n. 12807/2020; Cassazione n. 31720/2018; Cassazione n. 18808/2017), e neppure ai fini Irap (Cassazione n. 7440/2022).
In definitiva, nella citata sentenza n. 34407/2024, la Corte di cassazione chiarisce che qualora la somministrazione irregolare di manodopera sia formalizzata mediante la stipula di un contratto di appalto di servizi fittizio, viene escluso il diritto alla detrazione dei costi dei lavoratori per invalidità del titolo giuridico dal quale gli stessi scaturiscono, in quanto non è configurabile una prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini Iva.
Ai fini penali, la fattispecie integra pertanto il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti ai fini Iva e l’utilizzo di elementi passivi fittizi costituiti da fatture emesse da una società che, attraverso contratti di appalto di servizi simulati, ha in realtà effettuato un’attività di intermediazione illegale di manodopera, valutata la diversità tra il soggetto che ha effettuato la prestazione, ovvero i singoli lavoratori, e il soggetto indicato in fattura.