Applicazione retroattiva per la rendita catastale rideterminata con sentenza passata in giudicato
di Angelo GinexIn tema di IMU, la misura della rendita catastale determinata con sentenza passata in giudicato, trova applicazione fin dal momento dell’attribuzione della rendita impugnata e non soltanto da quello dell’annotazione della stessa negli atti catastali, in quanto gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 18637 depositata ieri 9 giugno.
Nel caso di specie era accaduto che, a fronte di un accertamento giudiziale della misura della rendita catastale relativamente ad un impianto di produzione di energia elettrica, l’Agenzia del territorio, nella individuazione della base imponibile IMU, riteneva di far decorrere l’efficacia di tale provvedimento soltanto dal momento dell’annotazione della nuova rendita negli atti catastali; pertanto, essa riteneva di poter applicare per la prima parte dell’annualità la maggiore imposta, come originariamente rettificata, prescindendo quindi dalla pronuncia che invece ne riduceva la misura.
Il relativo atto impositivo veniva impugnato dalla società contribuente, che tuttavia risultava soccombente all’esito di entrambi i gradi di merito. In particolare, la CTR della Lombardia, nel confermare la pronuncia di primo grado sosteneva che il principio generale, secondo cui le rettifiche finalizzate a correggere errori hanno effetto retroattivo, vale solo nelle ipotesi in cui la correzione riguarda errori di fatto, evidenti e incontestabili da parte dell’Ufficio e da questo riconosciuti; ove, invece, l’errore è stato compiuto dal contribuente, la nuova rendita rettificata esplica la sua efficacia a decorrere dalla data in cui questa viene notificata al contribuente.
Sulla base di ciò, la CTR concludeva pertanto che: «nella specie non si tratta di errore attribuibile all’Ufficio, ma di un riesame della rendita proposta dalla contribuente».
Pertanto la società contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con cui lamentava la violazione dell’articolo 5, comma 2, D.Lgs. 504/1992, dal momento che la misura della rendita catastale di cui si è detto, era stata rideterminata in riduzione con sentenza passata in giudicato; tale riduzione, operata giudizialmente, ha effetto retroattivo e deve riguardare anche il periodo compreso tra la data di efficacia della rendita catastale e quella del passaggio in giudicato della sentenza.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la doglianza avanzata dalla società contribuente, evidenziando come la rendita catastale risultante da sentenza passata in giudicato ha efficacia retroattiva sin dalla data di attribuzione della rendita errata o, quantomeno, dalla data dell’introduzione del giudizio di opposizione, e non, come erroneamente ritenuto dai giudici di appello, soltanto dalla data di passaggio in giudicato della sentenza stessa con conseguente messa in atti.
A tale conclusione i giudici di vertice sono giunti rammentando il disposto normativo contenuto nell’articolo 5, comma 2, D.Lgs. 504/1992, ma soprattutto richiamando i precedenti della giurisprudenza di legittimità.
Tra gli altri, si è fatto riferimento a quanto già affermato in tema di ICI, rammentando che, «qualora il contribuente abbia impugnato la classificazione catastale e la rendita determinate dall’Ufficio, la rendita catastale stabilita in via definitiva dal giudice tributario opera, in virtù degli effetti retroattivi propri delle statuizioni giudiziali, fin dal momento dell’efficacia delle maggiori rendite contenute nell’atto impugnato» (cfr., Cass. n. 11904/2008).
Per quanto concerne poi la decorrenza degli effetti dell’annullamento giurisdizionale degli atti di attribuzione della rendita catastale, la suprema Corte ha rilevato che esso determina la caducazione degli avvisi di accertamento e liquidazione emessi sulla base di tali rendite, in quanto il ridetto annullamento implica il venire meno degli effetti medio tempore prodottisi, salvo il limite dell’impossibilità, perché, se così non fosse, il successo dell’azione giudiziaria sarebbe sostanzialmente inutile.
In virtù dei criteri interpretativi sopra indicati, i giudici di legittimità hanno quindi affermato il seguente principio di diritto: «In tema di ICI, la sentenza passata in giudicato che determina la misura della rendita catastale, rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile; a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, essa costituisce l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione dell’articolo 5, comma 2, D.lgs. 504/1992 fin dal momento dell’attribuzione della rendita impugnata, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda. Ne consegue che per l’annualità in cui interviene il giudicato, ove si accerti che a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento, la base imponibile è quella determinata con il provvedimento giudiziale».
Conseguentemente, il ricorso è stato accolto con cassazione della sentenza impugnata, a cui è seguito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, l’accoglimento del ricorso originario.