22 Ottobre 2014

Appunti in tema di indipendenza e imparzialità del giudice

di Massimiliano TasiniPatrizia Pellegrini
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La CTP di Reggio Emilia con Ordinanza n. 280/3/14 del 23/09/2014 (Pres. Est. Montanari, Rel. Gianferrari) denuncia una serie di norme del D.Lgs. 545/92, come modificato dall’art. 39, co. 2, D.L. 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, sul presupposto che le stesse non si prestino ad una interpretazione costituzionalmente orientata, idonea ad evitare questione di legittimità costituzionale.
In particolare, le norme citate determinerebbero una
situazione di non apparente indipendenza del giudice tributario, ed altresì sarebbero valevoli a
costituire un giudice non apparentemente imparziale alla luce di quanto statuito dall’art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Sul punto, giova ricordare che la norma da ultimo richiamata individua
nell’indipendenza e nell’imparzialità del Tribunale costituito per legge gli standards minimi dell’equo processo, ancorché escludendo da detta previsione il giudizio tributario.
Sennonché, la stessa Corte ha statuito che la clausola del giusto processo è comunque
applicabile a tutti i processi tributari nei quali siano in gioco sanzioni (CEDU, 23/11/2006,
Jussila v.Finlandia) e, pertanto, la giurisprudenza della CEDU in tema di indipendenza ed imparzialità del giudice deve ritenersi pienamente vincolante anche per l’Italia.
Di qui, la levata di scudi avuto riguardo a:
  1. l’inquadramento ordinamentale del giudice tributario e del personale delle segreterie: la Giustizia Tributaria è inquadrata, sia pure con garanzie di autonomia previste da norme dirette, nello stesso plesso ministeriale dell’amministrazione che emana gli atti da controllare e l’articolazione amministrativa che vi è preposta è parallela a quella preposta alle Agenzie che emanano gli atti da controllare;
  2. la (in)disponibilità di mezzi personali adeguati: allo stato, il Presidente di ciascuna CTR può unicamente esercitare la vigilanza sull’attività giurisdizionale e non più su quella amministrativa ed organizzativa la quale, invece, dipende esclusivamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che, è bene ricordare, è una delle parti in causa. Allo stesso modo, viene stigmatizzata l’attribuzione alla Direzione della Giustizia Tributaria del Dipartimento delle Finanze (Ministero dell’Economia e delle Finanze) del compito dell’osservazione della giurisprudenza dei giudici tributari con potere di segnalazione al Consiglio di Presidenza, l’adozione dei provvedimenti sullo status dei Giudici, sia pure determinati da organi indipendenti, il compito di seguire il contenzioso eventualmente instauratosi con i Giudici, il compito di supportare la formazione dei Giudici;
  3. l’assenza di autonoma gestione dei mezzi materiali: la gestione amministrativo-contabile dei capitoli di spesa delle Commissioni Tributarie è affidata all’Ufficio VIII, organicamente rientrante nel Dipartimento delle Finanze (struttura organica del Ministero dell’Economia e delle Finanze);
  4. Lo status economico del giudice tributario: sotto il duplice profilo della determinazione del compenso in facoltà della stessa Amministrazione Finanziaria i cui provvedimenti sono soggetti al controllo giurisdizionale, e dell’entità dello stesso che non appare adeguata. A tal riguardo, valga altresì la considerazione che attualmente i compensi corrisposti ai membri delle Commissioni Tributarie entro il periodo di imposta successivo a quello di riferimento soggiacciono alle regole di tassazione fissate dall’art. 11 TUIR, e quindi con applicazione della più alta aliquota marginale, in luogo di quella prevista dall’art. 17, con la conseguenza che i compensi già esigui subiranno l’ulteriore falcidia della più onerosa tassazione.
Le sopra richiamate circostanze, chiosano i giudici emiliani, conformano lo spazio giuridico che consente, anzi impone, al Giudice Tributario di sollevare eccezione di legittimità costituzionale della citata normativa interna italiana alla luce dei parametri di costituzionalità fissati dagli artt. 101 e 111 Cost. e, per il tramite dell’art. 117 Cost., dell’art. 6 Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Il nostro odierno contributo non vuole mettere in discussione l’effettività dell’indipendenza dei Giudici Tributari, bensì, da un lato, evidenziare il
problema dell’assenza di pregiudizio (anche solo apparente) nell’ambito della Giustizia Tributaria che certamente vale a costituire illecito internazionale dello Stato, come tale passibile di condanna in sede europea, dall’altro, auspicare una
ponderata riforma del processo tributario che, muovendo dalle norme che regolano la struttura, l’ordinamento e l’inquadramento del giudice, sia idonea a
garantire una gestione equilibrata della Giustizia Tributaria.