29 Agosto 2016

L’assegnazione e la successiva cessione dell’immobile

di Leonardo Pietrobon
Scarica in PDF

Una volta completata la procedura di assegnazione agevolata dell’immobile una delle domande che potrebbe sorgere spontanea potrebbe essere: quali sono gli effetti fiscali in caso di successiva cessione di tale immobile?

La risposta all’interrogativo è da ricercarsi nelle disposizioni di cui all’articolo 67 del D.P.R. 917/1986. In particolare, in caso di successiva alienazione del bene trova applicazione l’articolo 67, comma 1, lettera b) del D.P.R. 917/1986, in base al quale costituiscono redditi diversi “Le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

Sulla base di tale disposizione normativa, quindi, si può realizzare una condizione di convenienza ad assegnare un bene immobile al valore di mercato invece che al valore catastale, normalmente più basso, al fine di “ridurre” l’eventuale plusvalore latente in caso di successiva cessione.

Diversamente dal caso in cui le plusvalenze concorrano alla formazione del reddito d’impresa, i beni immobili assegnati ai soci fuori dal regime di impresa possono generare plusvalenze imponibili a condizione che:

  1. si tratti di terreni edificabili;

oppure

  1. non siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo di possesso, e tale periodo di possesso sia inferiore a cinque anni.

Da quanto sopra esposto emerge proprio la convenienza ad applicare l’imposta sostitutiva, di cui al comma 116 dell’articolo 1 della L. 208/2015, su di un valore maggiore nel caso in cui, appunto, si prevede nel breve periodo, o comunque entro cinque anni dall’atto di assegnazione, di alienare il bene immobile.

Le c.d. “intenzioni futurepost assegnazione devono essere valutate anche nel caso di trasformazione in società semplice. Anche in tal caso alla successiva alienazione dell’immobile sono applicate le disposizioni di cui all’articolo 67 del D.P.R. 917/1986, con la conseguente generazione di un possibile reddito di natura diversa.

Tuttavia, come indicato dalla stessa Agenzia delle entrate con la circolare n. 112/E/1999, capitolo III, parte I, par. 1, e nella recente circolare n. 26/E/2016, a differenza dell’assegnazione a persone fisiche non imprenditori e della successiva alienazione dell’immobile, in caso di trasformazione in società semplice il quinquennio non decorre dalla data dell’assegnazione, ma dalla data dell’acquisto dell’immobile da parte della società.

Dal punto di vista pratico è quindi possibile che la società trasformata, avendo pagato l’imposta sostitutiva sul valore catastale dell’immobile posseduto, lo venda a stretto giro – stabilire una tempistica in modo oggettivo non è possibile – realizzando una plusvalenza non imponibile ai fini delle imposte dirette, in quanto lo stesso bene è in possesso della stessa società per più di cinque anni.

Le sopra esposte ipotesi potrebbero far credere nel realizzo di un’operazione “elusiva”. Tuttavia, la norma non ha previsto alcuna clausola antielusiva allo scopo di evitare la successiva vendita dei beni da parte dei soci assegnatari; eppure, avrebbe potuto facilmente farlo, ad esempio prevedendo che per due, tre, cinque anni il destinatario dell’immobile non potesse rivenderlo, pena la revoca del trattamento agevolato. In particolare, si ricorda che nel caso di conferimento in una società dell’unica azienda dell’imprenditorie individuale, l’articolo 3 comma 3 del D.Lgs. 358/1997 aveva previsto un vincolo temporale di tre anni alla successiva cessione delle quote, proprio al fine di evitare la consequenzialità tra conferimento e successiva cessione; previsione normativa che avrebbe potuto trovare espressione anche nella normativa in esame.

A conferma dell’assenza di elusività dell’eventuale successiva cessione, si ricorda che nella Relazione al disegno di Legge da cui deriva la normativa in commento, si legge che l’assegnazione “consentirebbe la fuoriuscita dalle società e in particolare di immobili che potenzialmente potrebbero poi essere nuovamente immessi nel mercato”, e che, in assenza di agevolazioni giudicate appetibili, vista la situazione poco favorevole del mercato immobiliare, probabilmente gran parte delle società cui è rivolta la norma in esame non avrebbero venduto.

Per approfondire le problematiche relative all’assegnazione e trasformazione agevolata vi raccomandiamo il seguente seminario di specializzazione:

L’assegnazione, la trasformazione e l’estromissione agevolata