La normativa di riferimento è complessa e si basa su una serie di chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, in particolare con la circolare n. 26/E/2016, che riprende e aggiorna i principi già espressi nella circolare n. 40/E/2002. Questi documenti sono fondamentali per interpretare correttamente le regole applicabili alle assegnazioni agevolate.
Secondo la normativa e la prassi amministrativa, le assegnazioni di immobili ai soci sono considerate fuori campo Iva quando la società ha acquistato l’immobile senza applicazione dell’Iva. Questo può avvenire in tre casi principali:
- acquisto da privato: l’immobile è stato acquistato da un soggetto privato, quindi senza applicazione dell’Iva;
- acquisto prima del 1° gennaio 1973 (data di introduzione dell’Iva in Italia): gli acquisti precedenti non erano soggetti a tale imposta;
- acquisto senza diritto alla detrazione dell’Iva: l’Iva non è stata detratta, ad esempio per indetraibilità totale.
In queste situazioni, l’assegnazione ai soci non è assimilata a una cessione ai fini IVA, ma rappresenta una destinazione del bene a finalità estranee all’attività d’impresa, come previsto dall’articolo 2, comma 2, n. 5, D.P.R. 633/1972. Si tratta di una deroga al principio generale secondo cui le assegnazioni sono equiparate alle cessioni.
Un aspetto importante riguarda gli interventi successivi all’acquisto: se la società ha effettuato lavori di ristrutturazione o miglioramento sull’immobile, l’assegnazione resta fuori campo Iva, ma occorre rettificare la detrazione dell’Iva relativa a tali interventi se non sono trascorsi dieci anni dalla loro ultimazione. Diversa è la disciplina per le cessioni agevolate. In questi casi, l’operazione rientra sempre nel campo di applicazione dell’Iva, anche se può essere esente o imponibile a seconda di vari fattori:
- soggetto cedente: se la società cedente è un’impresa costruttrice o ha ristrutturato l’immobile, può optare per l’applicazione dell’Iva;
- opzione nell’atto di vendita: è possibile scegliere di applicare l’Iva anche in presenza di esenzione, a determinate condizioni.
La qualifica di soggetto Iva della società cedente comporta, pertanto, che la cessione sia sempre rilevante ai fini Iva, anche se esente. In questi casi, la disciplina delle imposte indirette varia a seconda della tipologia di immobile (abitativo o strumentale) e della presenza dei requisiti “prima casa” in capo al socio assegnatario. L’esclusione dall’Iva delle assegnazioni ai soci ha, infatti, importanti conseguenze sulle altre imposte indirette:
- imposta di registro: si applica in misura proporzionale del 4,5%, ridotta all’1% se il socio assegnatario ha i requisiti “prima casa”;
- imposte ipotecarie e catastali: sono dovute in misura fissa di 50 euro ciascuna, anche per immobili strumentali.
Al contrario, se l’assegnazione è esente da Iva (ad esempio, perché l’acquisto è avvenuto con Iva detratta ma la società non è costruttrice), si applicano regole diverse:
- per immobili abitativi: imposta di registro al 4,5% o 1% (“prima casa”), imposte ipotecarie e catastali fisse a 50 euro;
- per immobili strumentali: tutte le imposte (registro, ipotecaria, catastale) sono dovute in misura fissa di 200 euro ciascuna.
Come descritto, la disciplina delle assegnazioni e cessioni agevolate di immobili ai soci è articolata e richiede un’attenta valutazione delle modalità di acquisto, delle eventuali detrazioni Iva e delle caratteristiche dell’immobile. La corretta applicazione delle norme consente di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dalla Legge di Bilancio 2025, ottimizzando il carico tributario e riducendo i rischi di contenzioso con l’Amministrazione finanziaria.