Assegno una tantum non tassabile per il coniuge percettore
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9336 dell’8 maggio 2015, torna ad esprimersi sul delicato tema della deducibilità dell’assegno erogato all’ex coniuge, affrontando peraltro anche il corrispondente obbligo di sottoporre a tassazione, da parte del percettore, l’importo ricevuto. La norma consente la deduzione dal reddito complessivo degli assegni corrisposti al coniuge, anche se residente all’estero, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento di matrimonio, di divorzio. In particolare, è prevista la deducibilità solo in presenza dell’erogazione periodica dell’assegno, non essendo ammessa la deduzione degli importi eventualmente erogati in unica soluzione. Gli assegni periodici sono deducibili nella misura in cui risultano in base a provvedimento della autorità giudiziaria, senza essere previsti limiti massimi di sostenimento della spesa. Ad equilibrare il beneficio fiscale, sovviene la previsione secondo cui per chi riceve l’assegno l’importo rientra tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. L’assegno di mantenimento è deducibile solo per la parte spettante al coniuge: tale quota, se non è diversamente esplicitato, si presume pari al 50% dell’importo totale (è il caso, non infrequente, in cui il mantenimento è rivolto anche agli eventuali figli). L’assegno alimentare è, invece, deducibile per il suo intero importo (circolare 17 maggio 2000, n. 95/E).
Trattandosi di importi spesso e volentieri rilevanti, sono frequenti i casi di contrasto tra contribuenti ed Amministrazione finanziaria. Proprio la Suprema Corte ha da ultimo stabilito, con la sentenza n. 6794 dello scorso 2 aprile, che le rate di mutuo pagate a favore dell’ex coniuge sono deducibili, al contrario di quanto previsto dalla circolare 12 giugno 2002, n. 50/E.
Ma è sul tema dell’assegno corrisposto in unica soluzione che le liti sono oltremodo frequenti. Il caso analizzato nella sentenza n. 9336 in commento riguarda una fattispecie abbastanza particolare, ossia la modalità di pagamento rateale dell’accordo in unica soluzione. Deve dirsi che l’Agenzia delle Entrate già con la risoluzione n. 153 del 2009 aveva espresso il proprio parere negativo, sottolineando come la particolare connotazione giuridica che caratterizza la liquidazione una tantum dell’ammontare stabilito per il mantenimento del coniuge permane anche nell’ipotesi in cui sia prevista la corresponsione di un importo complessivo, il cui versamento sia frazionato in un numero definito di rate. La possibilità di rateizzare il pagamento costituisce, infatti, solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti, il quale mantiene comunque la caratteristica di dare risoluzione definitiva ad ogni rapporto tra i coniugi e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo.
Posta in tali termini la questione, secondo l’Amministrazione finanziaria non vi è dubbio circa l’indeducibilità dell’assegno in unica soluzione, tesi peraltro abbondantemente ribadita dalla Corte Costituzionale (ordinanze n. 383 del 2001 e 113 del 2007), in quanto altrimenti si renderebbe deducibile dal reddito un trasferimento squisitamente patrimoniale. L’aspetto interessante della vicenda è che essendo indeducibile l’assegno in unica soluzione per il soggetto che lo eroga, in capo a colui che lo percepisce non si genera alcun componente reddituale.
La sentenza n. 9336 del 2015 ha il pregio di ribadire con chiarezza i due assunti fondamentali della vicenda:
- l’assegno in unica soluzione non è deducibile;
- per il percettore, l’importo non è da sottoporre a tassazione.
Quanto alla prima conclusione, oltre a richiamare i numerosi precedenti normativi, la Corte di Cassazione evidenzia come non solo la norma non consente determinazioni diverse, ma anche che esiste una profonda differenza tra assegno una tantum e assegno periodico, a prescindere da eventuali rateazioni concordate in caso di pagamento in unica volta. Infatti, mentre l’assegno periodico è ancorato alla situazione esistente al momento della decisione del giudice, potendo anche essere variato nel tempo, l’assegno una tantum non corrisponde alla capitalizzazione degli importi periodici, è libero nella determinazione e definisce una volta per tutte le posizioni tra gli ex coniugi, essendo una sorta di accordo transattivo teso ad eliminare qualsiasi pendenza di carattere familiare, patrimoniale e personale.
Da ciò discende anche il secondo assunto: infatti, il legislatore ha deciso di regolare fiscalmente solo la casistica dell’assegno periodico onde evitare, nell’ipotesi di assegno una tantum, che richiedendo la tassazione in capo al percettore lo stesso fosse enormemente penalizzato, giungendo alla conclusione di “(…) tutelare l’accipiens, quale soggetto economicamente più debole, non assoggettandolo a tassazione per il relativo importo”.
L’ennesima conferma giurisprudenziale porta però ad una conclusione importante: nella valorizzazione delle posizioni dei coniugi in sede di separazione, l’aspetto fiscale assume un ruolo di primo piano, potendo appunto far valere, in maniera idonea, la non tassazione ottenibile in caso di erogazione una tantum, ovviamente da bilanciare con i mancati benefici fiscali del soggetto erogatore.