Associazioni sportive e raccolta di fondi. Ulteriori dubbi e misteri
di Guido MartinelliPuò capitare che un’associazione sportiva dilettantistica decida di organizzare una raccolta pubblica di fondi per finanziare la propria attività o un determinato progetto (ad esempio, la ristrutturazione della palestra).
La normativa fiscale (articolo 143, comma 3, lett. a, TUIR) prevede specifiche agevolazioni per gli enti non commerciali che pongono in essere raccolte pubbliche di fondi, a condizione, però, che vengano rispettate alcune formalità.
Perché si rendano applicabili le agevolazioni fiscali è necessario che la raccolta fondi sia organizzata in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze (ad esempio, in occasione dell’anniversario di fondazione dell’associazione) o campagne di sensibilizzazione. Ci vuole, quindi, il “pretesto”, la circostanza che induce a ritenere che, in un determinato momento, saranno presenti parecchie persone (per esempio, per celebrare una festività) alle quali l’associazione si potrà rivolgere.
Se questa norma, a carattere generale, si applica per tutti gli enti non commerciali, per le associazioni sportive che abbiano optato per la disciplina di cui alla L. n. 398/1991 vige una norma speciale.
L’articolo 25, comma 2, L. n. 133/1999, nello specifico recita, infatti, che: “Per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purché riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell’opzione di cui all’articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, […]:a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali[…]”.
Per le sportive che non applicano questa normativa non c’è un limite quantitativo prestabilito. La legge parla, infatti, solo di raccolte fondi organizzate in maniera occasionale: in via prudenziale, è però opportuno che anche le associazioni sportive dilettantistiche che non hanno optato per la Legge n. 398/1991 non superino il citato limite numerico di due raccolte pubbliche di fondi per ciascun periodo d’imposta.
Ma, evidenziamo la prima incongruenza: nessun tetto è imposto alle associazioni sportive dilettantistiche che non hanno optato per il regime forfetario di cui alla Legge n. 398/1991. Per questi soggetti, quindi, i fondi raccolti sulla base della disciplina generale prevista dall’articolo 143 TUIR non saranno mai tassabili anche se dovrà essere comunque rispettato il requisito della occasionalità delle collette (non più di due per anno).
La raccolta di fondi potrà avvenire anche attraverso la cessione di beni di “modico” valore. Come si tramuti, in termini pragmatici, questo concetto, è tema ancora tutto da esplorare.
Sotto il profilo fiscale, se la colletta è organizzata secondo le modalità più sopra richiamate, i fondi raccolti non sono imponibili e non comportano l’obbligo di predisporre la dichiarazione ai fini IRES ed IRAP. Pur prevedendo una prestazione (l’offerta) a fronte di una controprestazione specifica (il bene o servizio ceduto) e, quindi, configurando un’operazione di tipo commerciale, l’attività non assume alcun rilievo neanche dal punto di vista dell’imposta sul valore aggiunto, né di qualsiasi altro eventuale tributo.
L’associazione sportiva dilettantistica che organizzi raccolte di fondi deve però redigere un apposito rendiconto per ogni colletta, entro quattro mesi dalla chiusura di ciascun esercizio.
L’obbligo di predisporre il rendiconto delle entrate e delle spese di ogni colletta è indipendente da qualsiasi eventuale ulteriore vincolo contabile a carico dell’associazione e, quindi, prescinde dall’obbligo di redigere il bilancio annuale.
Non è previsto alcun obbligo di trasmissione del rendiconto all’Erario, ma questo deve comunque essere conservato, agli effetti fiscali, fino a quando non sia divenuto definitivo l’accertamento relativo al periodo d’imposta cui si riferisce.
Affinché si possa applicare la disciplina speciale prevista per le associazioni che abbiano optato per la L. n. 398/1991, però, non è mai stato chiarito se l’opzione debba essere concretamente “attivata” oppure se sia sufficiente averla solamente esercitata senza poi, di fatto, aver conseguito proventi a tale titolo.
In assenza, infatti, di altri proventi commerciali da assoggettare al regime forfettario l’associazione sportiva dilettantistica si troverebbe nella necessità di attivare un’opzione “strumentale” al regime 398/1991 per la sola finalità di cogliere l’agevolazione in commento.
Non si comprende, infine, quale significato debba essere dato al termine “evento”; può essere tale una singola partita all’interno di un campionato o la singola manifestazione?
Disciplina piena di dubbi per la quale sarebbe necessario un approfondito chiarimento interpretativo da parte della Agenzia delle entrate.