Assoggettamento ad Iva delle prestazioni di servizi gratuite
di Roberto CurcuLa natura dell’imposta sul valore aggiunto, che è una imposta sui consumi che deve incassare chi cede un bene o presta un servizio esercitando la rivalsa sul proprio cliente, mal si presta ad assoggettare ad imposta le operazioni gratuite.
Infatti, sia nella Direttiva Iva, sia nel D.P.R. 633/1972, il concetto di operazione assoggettata ad Iva è di primo acchito limitato alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso.
Solo in seconda battuta il legislatore dispone che l’imposta è dovuta – a determinate condizioni – sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi effettuate a titolo gratuito; viene operata, in sostanza, una “assimilazione” di alcune operazioni gratuite a quelle onerose, per le quali è dovuta l’Iva.
Nella Direttiva Iva, infatti, l’articolo 26 prevede che siano “assimilate alle prestazioni di servizi a titolo oneroso” due situazioni:
- la prima riguarda l’utilizzazione di un bene destinato all’impresa per l’uso privato del soggetto passivo o per l’uso personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa, qualora detto bene abbia dato diritto ad una detrazione totale o parziale dell’Iva;
- la seconda riguarda la prestazione di servizi a titolo gratuito effettuata dal soggetto passivo per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.
Guardando nel dettaglio, siamo in presenza di due distinte situazioni, nelle quali la prima è costituita da una prestazione di servizi specifica, che è quella di utilizzare, o lasciare utilizzare per fini extraimprenditoriali, dei beni sui quali si è esercitata la detrazione dell’Iva a monte.
Il caso è abbastanza scontato quando si pensa a beni come i fabbricati, i telefoni mobili, le abitazioni, ecc…
Da vecchie sentenze della Corte di Giustizia Europa (antecedenti ad una modifica della Direttiva non recepita dall’Italia) riguardanti i fabbricati, ad esempio, è emerso che qualora vi sia un utilizzo promiscuo di un fabbricato sul quale si è esercitato integralmente il diritto alla detrazione, per la parte “privata” nasce una obbligazione Iva, derivante proprio dal fatto che questo utilizzo privato viene equiparato ad una prestazione di servizi.
Questo tipo di obbligazione non nasce invece quando l’utilizzo del bene aziendale si riferisce ad un bene sul quale non è stata detratta l’Iva in sede di acquisto.
Inoltre, l’obbligazione Iva di questo tipo non nasce nemmeno quando il bene oggetto di uso privato ha avuto un diritto alla detrazione parziale, che ha tenuto conto – appunto – del fatto che vi sarebbe stato utilizzo privato; per tale motivo, quando si esercita la detrazione in misura limitata su autoveicoli e telefoni mobili, non nasce nessun tipo di obbligazione Iva in caso di utilizzo “privato”.
Chiarito ciò, dall’articolo 26 della Direttiva Iva si evince che tutte le altre prestazioni di servizi a titolo gratuito – diverse da quelle che consistono nel far fruire di un bene aziendale – sono a determinate condizioni da assoggettare ad Iva, indipendentemente dall’eventuale detrazione dell’Iva sugli acquisti necessari all’esecuzione di tale prestazione.
In questo senso, l’articolo 3 del Decreto Iva non ha correttamente recepito la Direttiva Iva.
La condizione per cui una prestazione di servizi gratuita deve essere assoggettata ad Iva è che la stessa sia resa per l’uso privato dell’imprenditore, per quello del suo personale o più generalmente per finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
Lo scopo della norma, come espresso dalla Corte di Giustizia europea nel caso C-412/03 è quello di impedire che “un soggetto passivo o membri del suo personale ottengano in esenzione d’imposta prestazioni di servizi del soggetto passivo per le quali un privato avrebbe dovuto versare l’Iva” (da intendersi che il privato la paga al fornitore e non la detrae).
La prestazione di servizi gratuita, quindi, va assoggettata ad Iva quando viene resa, in particolare, per finalità estranee all’esercizio dell’impresa o per l’uso privato del personale e dei titolari dell’impresa.
Come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate con la risposta ad Interpello 237/2019, restano escluse da Iva le prestazioni di servizi gratuite rese per finalità proprie dell’impresa (il caso era l’erogazione di corsi di formazione gratuiti da parte di una cooperativa, i cui costi erano coperti da contributi ricevuti da un ente pubblico).
Circa l’uso privato di servizi da parte del personale di una impresa, si è pronunciata più volte la Corte di Giustizia Europea, su casi che hanno avuto ad oggetto trasporti da casa al lavoro e pasti offerti gratuitamente dal datore di lavoro al proprio personale (Cause C-258/95, C-124/12 e C-371/07), riconoscendo che in condizioni “normali” tali prestazioni sarebbero da assoggettare ad Iva, in quanto “soddisfano esigenze private dei dipendenti”, ma in circostanze particolari si possono verificare situazioni nelle quali l’organizzazione del trasporto o l’organizzazione di “buffet”, sono effettuate per fini che non sono estranei all’esercizio dell’impresa, e il vantaggio personale che ne traggono i dipendenti risulta soltanto come accessorio rispetto alle esigenze dell’impresa.
In sostanza, per l’assoggettamento ad Iva delle prestazioni di servizi gratuite è necessario verificare se esista una finalità imprenditoriale, o solo un prioritario arricchimento di un privato.
In questo senso, nella sentenza C-48/97 la Corte di Giustizia ha statuito che la consegna gratuita di beni a dei clienti, dietro presentazione di buoni che comprovano l’acquisto di propri prodotti, non è operazione estranea all’impresa poiché lo scopo è quello di incrementare il volume delle proprie vendite; in sostanza, da tale sentenza emergerebbe che le prestazioni di servizi gratuite con finalità promozionali non sono da assoggettare ad Iva.
I principi della sentenza C-48/97 sono stati presi ad oggetto per fondare le conclusioni della Sentenza C-607/20, con la quale la Corte di Giustizia europea ha statuito che l’erogazione di servizi gratuiti ai migliori dipendenti dell’azienda non ha finalità estranee all’esercizio dell’impresa in quanto lo scopo finale, incentivando il rendimento dei dipendenti, è pur sempre il buon funzionamento dell’impresa e l’incremento della sua redditività.
Su tale sentenza, che ha avuto ad oggetto un caso molto particolare, e nella quale la Corte si è discostata dalle conclusioni dell’Avvocato generale, ci sarà occasione di tornare.