26 Aprile 2018

Attivazione della contabilità separata per il servizio SEDA

di Marco Peirolo
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Nella risposta datata 28 aprile 2015 ad una istanza di interpello presentata dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI), l’Agenzia delle Entrate ha escluso la possibilità di considerare esente da Iva il servizio SEDA (Sepa Compliant Electronic Database Alignment), stante l’assenza dei requisiti richiesti dalla normativa fiscale per qualificarlo come accessorio al servizio di addebito diretto SEPA (Single Euro Payments Area).

Il servizio SEDA, operativo dal 14 ottobre 2013 e regolato da uno specifico Accordo interbancario, la cui ultima versione aggiornata risale all’1 gennaio 2018, è utilizzato per l’acquisizione, la conservazione e l’aggiornamento dei mandati di addebito SEPA, in quanto consente all’impresa creditrice di delegare ai prestatori di servizi di pagamento (PSP), di regola banche, l’attività di raccolta, conservazione, modifica e cancellazione dei mandati, come da indicazioni fornite dal proprio cliente debitore.

Il servizio SEDA, in particolare, consiste nello scambio, per via telematica, di informazioni relative ai mandati e alle posizioni di conto del cliente debitore e non attiene in alcun modo alla movimentazione dei flussi finanziari relativi al servizio di addebito diretto SEPA.

Ciononostante, lo stesso si caratterizza per essere un servizio strutturalmente accessorio a quello di pagamento sottostante, vale a dire il servizio di addebito diretto SEPA, in quanto è volto a realizzare un controllo costante delle addebitabilità del conto di pagamento di ciascun cliente debitore in vista del regolare e tempestivo incasso degli addebiti.

Al fine di individuare il regime Iva del servizio SEDA occorre verificare se, in relazione a detto servizio, siano riscontrabili i presupposti del nesso di accessorietà previsti dall’articolo 12 D.P.R. 633/1972, tenendo altresì conto dei princìpi elaborati in materia dalla Corte di giustizia (cause C-2/95 del 5 giugno 1997 e C-350/10 del 28 luglio 2011).

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, il servizio SEDA è opzionale e aggiuntivo al servizio di addebito diretto SEPA, erogato a favore dell’impresa creditrice dai PSP dei clienti debitori per il tramite del PSP di Allineamento, il quale – in base all’Accordo interbancario SEDA – coincide con il PSP che assume all’incasso la richiesta di addebito diretto SEPA.

Passando ad esaminare i presupposti del nesso di accessorietà, sotto il profilo soggettivo, è richiesto che l’operazione accessoria sia resa direttamente dal soggetto che effettua l’operazione principale, ovvero per suo conto e a sue spese.

Nel caso in esame, il PSP di Allineamento stipula, con l’impresa beneficiaria, il contratto avente ad oggetto il servizio SEDA, in nome e per conto dei PSP dei clienti debitori aderenti all’Accordo interbancario e a detto schema contrattuale resta del tutto estraneo ciascun cliente debitore. Risulta, pertanto, evidente, secondo l’Agenzia, che il presupposto soggettivo di cui all’articolo 12 D.P.R. 633/1972 non può considerarsi verificato, in quanto – dal punto di vista economico e procedurale – il servizio SEDA è direttamente fornito non dal PSP di Allineamento che assume all’incasso le richieste di addebito SEPA, ma dai PSP dei pagatori, ciascuno dei quali, peraltro, è remunerato direttamente dall’impresa beneficiaria per la parte di rispettiva competenza.

Anche in merito al presupposto oggettivo del nesso di accessorietà, l’Agenzia delle Entrate ha escluso che il servizio SEDA sia funzionalmente dipendente da quello di pagamento, in quanto non attiene alla movimentazione dei flussi finanziari propria del servizio di addebito diretto SEPA. Il debitore cliente che autorizza l’addebito diretto SEPA resta del tutto estraneo allo schema contrattuale avente ad oggetto il servizio SEDA, stipulato tra impresa creditrice beneficiaria e PSP dei debitori clienti aderenti all’Accordo interbancario per il tramite del PSP di Allineamento.

Depone in tal senso anche il grado di responsabilità di ciascun PSP che, secondo i princìpi espressi dalla Corte di giustizia, costituisce un elemento dal quale desumere il carattere essenziale del servizio accessorio rispetto all’operazione esente cui si riferisce. Sul punto, l’Agenzia ha affermato che la responsabilità dei PSP che intervengono nel processo di incasso di addebito diretto SEPA sembra essere, infatti, limitata alla corretta esecuzione del servizio opzionale SEDA.

Alla luce delle considerazioni esposte, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il servizio SEDA configura una prestazione di servizi distinta e indipendente, autonomamente soggetta a Iva in regime di imponibilità.

In relazione a tale qualifica, si pone il problema di stabilire se, per le banche, gli effetti negativi del pro rata di detrazione possano essere evitati attraverso la separazione contabile delle attività.

Il dubbio è legittimo tenendo conto dell’orientamento dell’Amministrazione finanziaria che ammette la separazione delle attività svolte nell’ambito della stessa imprese a condizione che le stesse siano caratterizzate da codici ATECO distinti (risoluzioni n. 87/E/2010 e n. 112/E/2008).

Nella fattispecie in esame, questa impostazione, ove ritenuta corretta, escluderebbe l’opzione per la separazione delle attività, non essendo possibile classificare il servizio SEDA nell’ambito di un codice diverso da quello che identifica l’attività normalmente svolta dalle banche.

Ad una diversa conclusione può, però, giungersi rammentando che la stessa Amministrazione, in alcune occasioni, ha precisato che l’applicazione separata dell’Iva è consentita per le attività «effettivamente» distinte ed obiettivamente autonome, ancorché svolte nell’ambito della stessa impresa” (risoluzione AdE 184/E/2008 e risoluzione 83/E/1998), con ciò lasciando intendere che le attività separabili devono essere oggettivamente diverse fra loro (risoluzione AdE 211/E/2003), anche se caratterizzate dallo stesso codice ATECO.

Ed in quest’ottica deporrebbe la circolare AdE 22/E/2013 (§ 9), indicando “che – in base alla regola di carattere generale di cui all’articolo 36, terzo comma, del citato D.P.R. n. 633 del 1972 – sono suscettibili di essere separate, ai fini dell’applicazione dell’imposta, soltanto le attività sostanzialmente diverse fra loro, di regola individuate da diversi codici della tabella ATECO di classificazione delle attività economiche”.

È senz’altro vero che, come in precedenza ricordato, il servizio SEDA si caratterizza per essere un servizio strutturalmente connesso a quello di pagamento sottostante, vale a dire il servizio di addebito diretto SEPA, esente da Iva.

Non bisogna dimenticare, tuttavia, che ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di Iva, è la stessa Agenzia delle Entrate ad aver qualificato il servizio SEDA come una prestazione di servizi distinta e indipendente, autonomamente soggetta a IVA.

Sicché, in definitiva, c’è spazio per ritenere – in linea con l’approccio sostanzialista già adottato dalla giurisprudenza di merito in altro settore economico (cfr. C.T.P. Roma, 12 novembre 2013, n. 573) – che la tabella ATECO non sia di ostacolo all’applicazione separata dell’imposta quando le operazioni poste in essere sono classificabili, in modo oggettivo, in distinte attività.

Resta, sullo sfondo, la questione della legittimità sul piano “euro-unionale” dell’opzione per la separazione contabile, che l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia, nelle conclusioni relative alla causa C-378/15 (Mercedes-Benz Italia), ha considerato incompatibile con lo scopo della disciplina unionale di garantire l’armonizzazione delle regole in materia di Iva, in quanto fa dipendere l’esercizio della detrazione da una scelta del soggetto passivo (punto 59).

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