Attività commerciale ed elusione fiscale: quale sorte per le ASD?
di Guido MartinelliMattia Cornazzanisentenza n. 19751 del 19 settembre 2014, ha svolto interessanti considerazioni sul caso in cui, all’esito delle verifiche fiscali,
l’Ufficio contesti la natura giuridica di una associazione sportiva.
quali venivano rispettivamente contestati: in capo all’associazione – ritenuta società di fatto in forza delle accertate finalità commerciali – maggior reddito di impresa a titolo di ILOR; in capo ai singoli soci – conseguentemente – maggior reddito a titolo di IRPEF, in forza della loro partecipazione all’asserita società.
“la circostanza – posta alla base dell’avviso di accertamento – secondo cui l’associazione non si era adeguata alla normativa introdotta in materia, per finalità antielusive, dall’art. 5 D. Lgs. 460/97 (…) doveva ritenersi irrilevante ai fini della decisione, in ragione della inapplicabilità ratione temporis della detta novella efficace a decorrere solo dal 1 gennaio 1998, laddove l’avviso impugnato concerneva le annualità 1995, 1996, 1997”.
“gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (pre riforma 2004, ndr, in materia di IRPEG
) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, (in materia di IVA
) – come modificati, con evidente finalità antielusiva, dal D. Lgs. n. 460 del 1997, art. 5 – a condizione non solo dell’inserimento, negli loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nel D. Lgs. n. 460 cit., art. 5, ma anche dell’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse” (dal testo della Cass. Civ. n. 11456/10, si vedano anche Cass. Civ. n. 22598/06 e 16032/05).
“dall’analisi e dagli elementi raccolti si accerti la carenza dei principi di trasparenza nella gestione e di democraticità della struttura, nonché il mancato perfezionamento di finalità di solidarietà sociale”. Nel secondo motivo l’Ufficio prosegue individuando in capo ”
al contribuente l’onere di fornire la prova contraria in ordine alla esistenza dei requisiti previsti dall’art. 111 TUIR (pre riforma, ndr
) nonché dalla L. 398/91 e dal codice civile” ed infine conclude per l’attribuzione del maggior reddito accertato in capo all’associazione secondo le modalità previste per la società di fatto.
, la Suprema Corte rigetta il ricorso rilevando che “il motivo è inammissibile perché lo stesso ed i relativi quesiti non investono la ratio decidendi della sentenza impugnata”.
la “scelta difensiva” dell’Ufficio di ricorrere alla novella introdotta – in chiave antielusiva – dal D. Lgs. n. 460/1997, finisce per rivelarsi “non azzeccata” in quanto priva del necessario supporto normativo, di fatto inapplicabile ratione temporis al caso concreto.
, ritenere che il mancato adeguamento alla normativa introdotta dall’art. 5 D. Lgs. n. 460/1997 – addirittura non esigibile per i periodi d’imposta oggetto della verifica – potesse comunque integrare gli estremi della condotta finalizzata al conseguimento di un vantaggio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili, costituisce senza dubbio una forzatura interpretativa del concetto stesso di elusione fiscale stessa.