Attività conciliative: esenzione da registro in tutti i gradi di giudizio
di Maria Paola CattaniLa recente Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 97/E dello scorso 10 novembre modifica l’orientamento degli Uffici in tema di imposizione indiretta sulle sentenze emesse in sede di appello avverso provvedimenti del giudice di pace.
L’art. 46 della legge istitutiva del Giudice di pace (L. 374/1991) prevede infatti che “Le cause e le attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la somma di euro 1.033,00 e gli atti e i provvedimenti ad esse relativi sono soggetti soltanto al pagamento del contributo unificato, secondo gli importi previsti dall’articolo 13 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni”.
Pertanto, alla luce di tale dettato normativo, vige per gli atti ed i provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace un generale regime di esenzione dall’imposta di registro e di bollo.
Il citato art. 13 del D.P.R. 115/2002, così come aggiornato dalle modifiche apportate nel corso di quest’anno, determina gli importi del contributo unificato per i processi civili ordinari, prevedendo, suddivisi in base a scaglioni del valore di causa, per il primo grado di giudizio:
- per i processi di valore fino a 1.100,00 € – 43,00 € di contributo;
- per i processi di valore compreso tra 1.101,00 € e 5.200,00 € – 93,00 € di contributo;
- per i processi di valore compreso tra 5.201,00 € e 26.000,00 € – 237,00 € di contributo;
- per i processi di valore compreso tra 26.001,00 € e 52.000,00 € – 518,00 € di contributo;
- per i processi di valore compreso tra 52.001,00 € e 260.000,00 € – 759,00 € di contributo;
- per i processi di valore compreso tra 260.000,00 € e 520.000,00 € – 1.214,00 € di contributo;
- per i processi di valore superiore a 520.000,00 € – 1.686,00 € di contributo.
In caso di processi civili di valore non determinabile, si assume come valore di riferimento, per la determinazione del contributo, lo scaglione che va da 26.000,00 e a 52.000,00 € (518,00 €).
Il contributo è poi aumentato della metà per i giudizi di impugnazione (quindi per l’Appello e per il Reclamo) e deve essere invece raddoppiato per i processi dinanzi alla Corte di Cassazione.
Per quanto concerne i processi di competenza dei giudici di pace, la determinazione del contributo segue le tabelle ordinarie del processo civile, mentre, per i processi di valore indeterminabile, si assume come valore di riferimento quello dello scaglione tra i 5.201,00 € e 26.000,00 € (237,00 €).
L’orientamento mantenuto dall’Agenzia delle entrate prima della emanazione della Risoluzione in commento è ben esemplificato da quanto espresso dalla precedente Risoluzione n. 48/E/2011: partendo dal principio secondo cui le norme che stabiliscono agevolazioni fiscali non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva, l’inserimento del citato art. 46 nel testo della legge istitutiva del giudice di pace avrebbe portato a ritenere che detto regime trovi applicazione, per le cause di valore inferiore a 1.033,00 €, esclusivamente per il grado di giudizio di fronte a tale giudice, in quanto il riferimento normativo è fatto alle “attività conciliative in sede non contenziosa”, e non anche per i giudizi emessi dal tribunale ordinario in sede di appello avverso i predetti provvedimenti.
Sulla scorta di tali considerazioni, l’Agenzia delle entrate ha sempre provveduto ad emettere avvisi di liquidazione mediante i quali erano sistematicamente assoggettate a tassazione ai fini dell’imposta di registro le sentenze emesse dai tribunali ordinari in sede di appello avverso i provvedimenti del giudice di pace.
Il contenzioso emerso sull’interpretazione della norma, pertanto, è copioso ed è stata più volte proposta dinanzi ai giudici di legittimità la questione sull’applicabilità dell’agevolazione prevista dalla norma, con una ratio di “attenuamento” del costo della giustizia per le procedure di valore modesto, anche per i gradi di giudizio successivi al primo, relativi a cause e ad attività conciliative affrontate in sede non contenziosa.
La Corte di Cassazione, nel corso del 2014, con una successione di sentenze tutte allineate sulla medesima posizione (in primis, la sentenza n. 16310 del 16.07.2014, seguita dalle sentenze del 24.07.2014 nn. 16978, 16979, 16980, 16981) ha finalmente fugato ogni dubbio, precisando che “…l’art. 46…nel suo significato ampiamente comprensivo…si riferisce genericamente alle cause ed alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede € 1.033,00, ciò che abilita l’interprete a ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento, ai fini dell’esenzione…alle sentenze adottate in tutti i gradi di giudizio”.
Pertanto, secondo i giudici di legittimità, “…appare del tutto coerente la previsione di una esenzione generalizzata, in deroga alla previsione dell’art. 37 del DPR n. 131/1986, dal pagamento della tassa di registro per tutte le sentenze adottate nelle procedure giudiziarie di valore modesto, indipendentemente dal grado di giudizio e dall’ufficio giudiziario adito, sicché la norma qui in esame non può considerarsi…né oggetto di applicazione analogica né soggetta ad interpretazione di genere estensivo ma semplicemente applicata nel suo lineare e chiaro tenore testuale”.
Per altro, si rileva che tali affermazioni di principio espresse dalla Corte di Cassazione hanno trovato pieno avvallo anche da parte dell’Avvocatura generale dello Stato, la quale, con molteplici note successive (nota n. 322080 del 28.07.2014, seguita dalle note del 22.09.2014 nn. 385532, 385539, 385544, 385556) ne ha condiviso le posizioni.
L’Agenzia delle entrate, pertanto, invita le proprie strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti, alla luce dei recenti sviluppi giurisprudenziali, riconoscendo che il regime di esenzione per valore previsto dall’art. 46 della L. 374/1991 possa trovare applicazione non solo in relazione agli atti e provvedimenti relativi al giudizio dinanzi al giudice di pace, ma anche agli atti e provvedimenti emessi dai giudici ordinari nei successivi gradi di giudizio.