Attività di amministratore svolta all’estero
di Ennio VialVita PozziE’ tempo di Unico e può accadere di imbattersi nel caso di un soggetto fiscalmente residente in Italia che percepisce un compenso per un’attività di amministratore svolta per una società estera.
In base alla normativa interna tale reddito deve essere sicuramente dichiarato in Italia in quanto i soggetti residenti devono dichiarare i redditi ovunque prodotti in base all’art. 3 del Tuir (principio della tassazione su base mondiale).
Si deve però valutare se la disciplina convenzionale contenga una disposizione di maggior favore. L’articolo 16 (Directors’ fees) del Modello OCSE stabilisce che “directors’ fee and other similar payments derived by a resident of a Contracting State in his capacity as a member of the board of directors of a company which is a resident of the other Contracting State may be taxed in that other State.”
Quindi, “i compensi dei direttori d’azienda e gli altri pagamenti analoghi percepiti da un soggetto residente di uno Stato contraente in qualità di amministratore di una società residente in un altro Stato, possono essere tassati in questo altro Stato.”
Si evidenzia, preliminarmente, come il disposto convenzionale includa, oltre i compensi degli amministratori anche le “directors’fee” ossia le retribuzioni dei direttori d’azienda.
Una lettura sbadata della Convenzione potrebbe portare a due conclusioni frettolose e sbagliate:
- si potrebbe ritenere che la tassazione sia facoltativa (possono);
- in ogni caso sono tassati solamente nel paese dove è collocata la società amministrata.
Per quanto concerne il primo punto è appena il caso di ricordare come l’espressione “may be taxed” vada intesa nel senso che la convenzione concede la potestà impositiva ad uno stato e non certo una opzione al contribuente.
Per quanto concerne il secondo aspetto, invece, la mancanza dell’avverbio “soltanto” (possono essere tassati “soltanto” in questo altro Stato) determina la potestà impositiva concorrente dei due stati contraenti.
Lo stato di residenza del soggetto concederà un credito per le imposte pagate all’estero o esenterà tale reddito. I metodi individuati dall’OCSE per eliminare la doppia imposizione sono, infatti, il credito d’imposta e l’esenzione.
Il disposto del Modello OCSE è interpretato e integrato dal Commentario OCSE il quale, in relazione all’articolo 16, precisa che il presente articolo si riferisce alla retribuzione percepita da soggetto residente di uno Stato contraente, individuo o persona giuridica, in qualità di membro di un consiglio di amministrazione di una società che è residente dell’altro Stato contraente.
Dal momento che, a volte, è difficile verificare il luogo in cui i servizi in esame vengono eseguiti, la disposizione tratta esclusivamente i servizi eseguiti nello Stato di residenza della società.
In sostanza, si suppone che il ruolo di amministratore sia effettivamente svolto all’estero.
Il Commentario OCSE precisa inoltre che:
- il termine “fees and other similar payments” include anche le prestazioni in natura ricevute in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società (ad esempio le stock-options, l’uso di una abitazione o di una automobile, il pagamento di una polizza vita ecc …);
- l’articolo in esame non si applica alle remunerazioni pagate per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle in oggetto.
Si evidenzia come in alcuni Paesi esistano degli organi societari che sono assimilabili ad un consiglio di amministrazione. Gli Stati contraenti sono liberi di inserire, nelle convenzioni bilaterali, tali organi nella disposizione contenuta nell’articolo 16.
Si ricorda, infine, che negli esempi concreti non si deve esaminare il commentario ma la convenzione effettivamente in vigore con il Paese estero di riferimento la quale potrebbe discostarsi da queste regole di carattere generale.
Ad esempio, la Convenzione tra l’Italia e il Pakistan estende l’applicazione dell’art. 16 anche ai compensi percepiti da funzionari che svolgono funzioni dirigenziali.