30 Marzo 2020

Attività sospese e attività ammesse: l’interpretazione dei codici Ateco

di Fabio Garrini
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Con il decreto datato 25 marzo 2020, il Ministero dello Sviluppo Economico è intervenuto per modificare l’elenco delle attività economiche che sfuggono alla sospensione prevista dal D.P.C.M. 22.3.2020 (si rinvia, sul punto, al precedente contributo “Il Mise aggiorna l’elenco delle attività ammesse”).

Il fatto di aver utilizzato i codici Ateco per individuare le attività consentite aiuta certamente nella loro individuazione; ciò posto si pongono non pochi dubbi operativi legati a specifiche situazioni concrete.

Alcune indicazioni possono essere colte analizzando il sito del Governo, in particolare le risposte alle domande più frequenti (costantemente aggiornate); anche le varie associazioni di categoria si sono espresse al riguardo. In particolare alcuni spunti di interesse possono essere colti nella nota di aggiornamento redatta da Confindustria a commento del D.P.C.M. 22.3.2020.

Come interpretare i codici Ateco

Il D.P.C.M. 22.3.2020 ha intensificato le misure di contenimento previste per il contrasto all’emergenza epidemiologica, ampliando il perimetro delle limitazioni alle attività produttive: tale restrizione si è sostanziata nella sospensione di tutte le attività industriali e commerciali, accompagnata però da una serie di eccezioni e precisazioni.

Le imprese che possono continuare a svolgere la propria attività sono, nella sostanza, quelle che operano nel campo alimentare e sanitario, oltre alle attività a queste funzionali; l’individuazione delle attività non sospese è avvenuta attraverso l’allegato 1 al D.P.C.M. 22.3.2020 (modificato dal D.M. del Mise del 25.03.2020), che è costituito da un elenco di codici Ateco.

Se la scelta di individuare analiticamente le attività consentite vuole esprimere una certa oggettività, altrettanto vero è che calare tale previsione nelle situazioni concrete non è altrettanto facile; facendo riferimento alle Faq pubblicate sul sito del Governo e le interpretazioni offerte da Confindustria (riferite al D.P.C.M. 22.3.2020, ma nella sostanza nulla cambia dopo la modifica dei codici Ateco da opera del D.M. Mise), è possibile proporre qualche interpretazione.

Un primo aspetto potrebbe essere l’incongruenza del codice dichiarato; sul punto Confindustria afferma che, qualora vi fosse una divergenza tra quanto dichiarato al Registro imprese e quanto comunicato all’Agenzia delle entrate nelle variazioni Iva, dovrebbe prevalere quanto indicato in visura; ciò posto il tema più delicato (e non esaminato) è quello legato alla divergenza tra attività effettiva e quella dichiarata. Come comportarsi nel caso in cui sia stato dichiarato un codice afferente ad un’attività sospesa mentre la ditta effettivamente svolge una attività ammessa? Al riguardo dovrebbe ragionevolmente prevalere l’attività effettiva, anche se ovviamente procedere ad una modifica dell’attività dichiarata renderà più facile il diritto dell’impresa ad operare. Nelle faq del Governo pare invece di leggere, anche se non in maniera esplicita, una maggiore propensione a valutare l’attività effettiva (si pensi alla risposta che permettere all’amministratore di condominio di operare anche se organizzato in forma d’impresa).

Sul punto si segnala come Confindustria preferisca una interpretazione più formale, affermando che può svolgere la propria attività l’impresa che ha correttamente comunicato il codice Ateco tra i propri codici attività.

Altro aspetto riguarda la possibilità che l’impresa svolga diverse attività e solo alcune di queste corrispondano a codici tributo ammessi; a ben vedere il decreto fa sempre riferimento alle “attività”, quindi ogni soggetto dovrebbe poter operare con riferimento (solo) all’attività permessa, anche se questa fosse secondaria. Così si esprime il Governo nelle faq pubblicate sul proprio sito, escludendo che vi sia la necessità di inoltrare alcuna comunicazione al Prefetto, in quanto l’impresa sta svolgendo un’attività ammessa. Allo stesso modo si esprime anche Confindustria.

In tema di attività esercitabili Confindustria rimarca come la possibilità di operare riguardi solo i soggetti che svolgono in via ordinaria e non occasionale una delle attività ritenute essenziali; non importa se tale attività sia prevalente o secondaria ma deve essere un’attività svolta in modo continuativo.

Sul punto Confindustria osserva che l’attività non presente nell’allegato deve essere sospesa, a meno che non si tratti di un’attività “integrata” con quella ammessa, ossia svolta all’interno di una stessa unità produttiva e che concorre, quindi, al medesimo processo produttivo. In questi casi, le attività sono inscindibili e l’intera sequenza produttiva è considerata come una sola attività. Sarà quindi necessario darne comunicazione al Prefetto.