Attività sportiva ed esenzione IMU: i limiti
di Fabio GarriniCon la recente sentenza n. 31065 del 28/12/2017 la Cassazione si è espressa sul tema della debenza ICI in relazione ai fabbricati nei quali viene praticata l’attività sportiva: le previsioni contenute nell’articolo 7, lett. i), D.Lgs. 504/1992 devono intendersi non suscettibili di interpretazione estensiva e l’esenzione va in ogni caso esclusa quando il contribuente è una società commerciale.
Medesime considerazioni valgono anche si fini IMU e TASI, vista la similitudine delle imposte locali in relazione a tale fattispecie.
Il requisito soggettivo
La disposizione di riferimento che consegna l’esenzione agli enti non commerciali era già prevista nella previgente ICI, ossia l’articolo 7, lett. i), D.Lgs. 504/1992, applicabile anche all’IMU in forza del rinvio contenuto nell’articolo 9, comma 8, D.Lgs. 23/2011, che a sua volta opera in forza della norma di rinvio contenuta nell’articolo 13, comma 1, D.L. 201/2011.
In applicazione di tale disposizione “sono esenti gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.”
Per quanto riguarda la TASI, le fattispecie di esenzione sono stabilite dall’articolo 1, comma 3, D.L. 16/2014: tale disposizione introduce l’esenzione anche a favore degli ENC che svolgono attività meritevoli e, tra queste, viene richiamata anche l’attività sportiva.
Con riferimento alla disciplina di esonero per gli enti non commerciali, l’articolo 91-bis D.L. 1/2012 ha stabilito che l’esenzione può essere beneficiata solo ed esclusivamente per gli immobili utilizzati “con modalità non commerciali”, demandando ad un decreto attuativo la più precisa definizione: si tratta del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre 2012, n. 200.
Affinché sia applicabile l’esenzione è necessario che gli immobili siano utilizzati da enti non commerciali, come individuati dal Testo Unico delle imposte sui redditi: il decreto 200/2012, all’articolo 1, li definisce infatti come “gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale”.
Sono quindi agevolabili gli immobili posseduti dagli enti pubblici e privati, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale.
Pertanto, dall’agevolazione rimangono esclusi gli immobili delle società, sia commerciali che cooperative, anche se svolgono le attività richieste dalla norma per fruire dell’esenzione.
Proprio su questo punto interviene la Cassazione, confermando l’interpretazione del tutto restrittiva: il caso esaminato riguardava infatti una società a responsabilità limitata che risultava proprietaria dell’immobile in relazione al quale il comune di ubicazione ha contestato la necessità di versare il tributo comunale (si trattava di ICI, ma per quanto in precedenza affermato, le medesime considerazioni devono oggi valere anche ai fini IMU e TASI).
Nella sentenza 31065/2017 si legge infatti: “Nel caso di specie, è pacifica la natura societaria del contribuente che invoca l’applicazione dell’esenzione. Deve escludersi, pertanto, che ricorra il presupposto soggettivo per l’applicazione della disposizione invocata. Questo rende del tutto irrilevante la valutazione della sussistenza del requisito oggettivo dell’esenzione. Tanto del resto emerge anche dalla stessa sentenza della CTR nella quale è precisato che “la società […] ha carattere commerciale, non rientrante nel beneficio previsto dall’articolo 7 citato”.”
In definitiva, quando il possessore è una società commerciale, perde del tutto rilievo l’effettiva attività svolta nell’immobile; si potrebbe pertanto affermare che la verifica del requisito soggettivo risulta una sorta di pre-requisito pregiudiziale alla verifica del requisito oggettivo.
Se il possessore non è tra quelli previsti dal D.M. 200/2012, l’esenzione non può in ogni caso trovare applicazione.