Attività sportive e Iva: un rapporto difficile?
di Guido MartinelliFino ad oggi il mondo dello sport ha vissuto, nei rapporti con l’imposta sul valore aggiunto, sulla netta predominanza della applicazione della esclusione da Iva sui corrispettivi specifici versati a fronte di servizi sportivi resi in favore di associati o di tesserati alla medesima organizzazione sportiva nazionale di appartenenza dell’organizzatore dell’attività, prevista e disciplinata dall’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.
Ben staccata, in termini di diffusione nella sua applicazione, era la possibilità di godere della esenzione da Iva di cui all’articolo 10, punto 20 della medesima norma.
La prassi amministrativa aveva, infatti, ritenuto che l’espresso riconoscimento, da parte di una Federazione sportiva nazionale, costituisse la c.d. presa d’atto dell’attività didattica da parte della Pubblica amministrazione (in merito vedi risoluzione n. 360751 del 13.4.1978, n. 361426 del 26.5.1978, n. 551 del 30.12.1993 e n. 205 del 24.6.2002).
L’attualità riporta la recente approvazione, in Parlamento, di un emendamento, in sede di conversione del D.L. 124/2019, all’articolo 32, il quale aveva introdotto una modifica all’articolo 10, punto 20, D.P.R. 633/1972 che limitava l’esenzione da Iva solo ai corsi scolastici e universitari.
Vi è stato, però, successivamente, un ritorno alla formulazione originale “prestazioni didattiche di ogni genere”, in forza del quale non è stata persa la possibilità di ricomprendere, tra le fattispecie i esenzione, anche la didattica dei corsi sportivi.
Ma tale costruzione soffriva (e quindi continua a soffrire) di due limiti, l’uno interpretativo e l’altro operativo.
Il primo è che tutti i documenti di prassi citati fanno riferimento ad una struttura organizzativa dello sport (nella quale le Federazioni sportive nazionali erano “organi” del Coni e pertanto ne portavano la matrice pubblicistica) venuta meno con il D.Lgs. 242/1999 (meglio noto come decreto Melandri) che ha, invece, riconosciuto le Federazioni come persone giuridiche di diritto privato. Quale effetto questo debba o possa avere sulla posizione assunta dall’Amministrazione non è noto.
L’altro, invece, di carattere operativo, negava la possibilità di applicare detta disposizione di esenzione da Iva per quelle attività riconosciute solo da un ente di promozione sportiva, proprio sul presupposto della valenza esclusivamente privatistica di tali realtà sportive nazionali.
In realtà, oggi, proprio le organizzazioni sportive che risultassero iscritte al Runts (quindi assumendo la veste di enti del terzo settore) se, alla luce della attività svolta, assumessero la natura non commerciale, potranno (non appena andrà definitivamente in vigore la riforma del terzo settore) operare in esenzione da Iva anche in assenza di qualsiasi riconoscimento federale o di ente di promozione sportive che sia.
Ciò in quanto, l’articolo 89 D.Lgs. 117/2017 prevedendo la sostituzione del termine “onlus” con “ente del terzo settore non commerciale”, ha esteso l’applicazione di questa esenzione da iva a tutta l’attività didattica posta in essere da un soggetto iscritto al registro unico, purché non commerciale, prescindendo dalla presa d’atto pubblicistica.
Chiarito questo restano un paio di considerazioni ancora da svolgere.
La prima riferita sempre agli enti del terzo settore che praticano, come attività di interesse generale, lo sport dilettantistico.
Per costoro non sarà più possibile applicare, ai fini delle imposte sui redditi, la decommercializzazione prevista dall’articolo 148, comma 3, Tuir per i corrispettivi versati dai tesserati alle Federazioni o agli enti di promozione sportiva. Pertanto i relativi importi costituiranno, se gestiti con modalità commerciali, componenti positive di reddito.
Ma l’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972 è rimasto immutato. Ne deriverà, quindi, che detti importi rileveranno ai fini dei redditi e non ai fini iva? Probabilmente questa è la conseguenza. Appare necessaria una conferma interpretativa.
Così come appare necessario fare urgentemente chiarezza sulla applicazione della agevolazione Iva in esame alle società sportive costituite in forma di società di capitali o di cooperativa.
Queste realtà sportive, basandosi sul contenuto del primo comma dell’articolo 90 L. 289/2002, ossia che si applichino nei loro confronti le agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive dilettantistiche, hanno operato sempre, per le attività nei confronti dei tesserati, in esclusione da Iva, appunto ai sensi dell’articolo 4, comma 4, D.P.R. 633/1972.
Ma una interpretazione di segno contrario sta avanzando, secondo la quale le prestazioni di servizi di società di capitali e cooperative si devono intendere “in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese”. Si ritiene, quindi, questa una presunzione assoluta e, come tale, non superabile dal riferimento indiretto di agevolazione previsto dall’articolo 90, comma 1, L. 289/2002.
12 Dicembre 2019 a 10:37
Egr. Prof. ,
in merito al suo inciso finale circa l’avanzamento di interpretazioni di segno contrario all’applicabilità dell’art.4 comma 4 DPR 633/72 per le prestazioni rese da SSD a propri tesserati , posso chiederle specificazione di ciò cui si riferisce ?
Attività accertativa ?
Giurisprudenza ?
Ringrazio
Sergio Mattana
13 Dicembre 2019 a 16:11
Mi riferisco ad attività accertativa