9 Aprile 2015

Atto illegittimo, quali conseguenze sui ruoli?

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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Il problema, enorme, della illegittimità della nomina di quasi due terzi dei dirigenti dell’Agenzia delle Entrate condurrà, senza ombra di dubbio, alla deflagrazione del contenzioso tributario. La sentenza della Corte Costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37, deve essere ancora oggetto di applicazione pratica nelle diverse commissioni tributarie, che saranno chiamate a pronunciarsi su diverse eccezioni sul tema. Se la stragrande maggioranza della dottrina non pone dubbi sulla circostanza che in relazione a tutti i contenziosi in essere (e a maggior ragione a quelli potenziali), l’eccezione di illegittimità è avanzabile a condizione che nel giudizio iniziale sia stata sollevata almeno la richiesta di violazione in ordine alla eventuale delega alla firma, la questione destinata ad animare numerosi giudizi è se tale eccezione sia sollevabile in ogni grado di giudizio e finanche in relazione agli atti dell’agente della riscossione collegati ad avvisi di accertamento firmati da funzionari privi dell’incarico dirigenziale.

L’Amministrazione finanziaria da parte sua si è affrettata ad asserire che non sussiste alcun dubbio sulla legittimità degli atti sottoscritti dal personale incaricato di funzioni dirigenziali, prendendo spunto proprio da quanto riportato dalla citata sentenza della Corte Costituzionale, secondo cui: “considerando le regole organizzative interne dell’Agenzia delle Entrate e la possibilità di ricorrere all’istituto della delega, anche a funzionari, per l’adozione di atti a competenza dirigenziale – come affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimità sulla provenienza dell’atto dall’ufficio e sulla sua idoneità ad esprimerne all’esterno la volontà (ex plurimis, Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, sentenza 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio 2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 185151; sezione sesta civile T, 11 ottobre 2012, n. 17400), la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata”. In termini pratici, a parere dell’Agenzia delle Entrate proprio la richiamata giurisprudenza della Corte di Cassazione evidenzia che l’atto impositivo deve essere sottoscritto dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, non essendo però necessario che il capo dell’ufficio debba rivestire la qualifica dirigenziale in quanto è sufficiente che l’atto sia attribuibile all’Amministrazione medesima.

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