25 Giugno 2015

Avanzi e disavanzi di fusione

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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L’art. 2504-bis c.c. consente di iscrivere il disavanzo da annullamento emerso nella contabilità della società incorporante (o beneficiaria) ad incremento del valore contabile dei singoli elementi dell’attivo patrimoniale, e per la differenza ad avviamento. Tuttavia, è bene precisare che tale modalità di “gestione” del disavanzo richiede che lo stesso rappresenti effettivamente dei plusvalori che erano insiti nei beni della società incorporata (o scissa), ovvero che vi sia un effettivo avviamento in capo alla società dante causa dell’operazione. Sul punto, si segnala che per la determinazione dei predetti plusvalori, ovvero dell’avviamento, il documento OIC n. 4 (dedicato alle operazioni di fusione e scissione) prevede che “un importante punto di riferimento è costituito dalla relazione sulla fusione degli amministratori e degli esperti incaricati della valutazione della congruità del rapporto di cambio”, previste rispettivamente dagli artt. 2501-quinques e 2501-sexies c.c.. In tali documenti, infatti, sono reperibili elementi utili per la verifica dei presupposti per l’allocazione del disavanzo da annullamento ad incremento dei valori dell’attivo o ad avviamento.

Nel caso di fusione per incorporazione di società interamente posseduta dall’incorporante, per la quale non determinandosi alcun rapporto di cambio a seguito dell’annullamento della partecipazione totalitaria posseduta dalla società incorporante, le disposizioni civilistiche prevedono che si possano omettere sia la relazione degli amministratori di cui all’art. 2501-quinquies c.c., sia quella degli esperti di cui al successivo art. 2501-sexies c.c. In tal caso, quindi, al fine di poter giustificare l’allocazione del disavanzo ad incremento del valore dei beni, ovvero ad avviamento, è opportuno che l’operazione di fusione sia accompagnata da una perizia di stima del patrimonio della società incorporata in cui siano evidenziati gli eventuali plusvalori latenti sui beni nonché l’avviamento. In merito alla questione dell’allocazione del disavanzo, va inoltre ricordato che:

  • l’imputazione ad incremento del valore degli elementi dell’attivo dello stato patrimoniale della società fusa o incorporata (immobili, beni strumentali ,ecc.) deve rispettare i criteri di valutazione stabiliti dall’art. 2426 c.c., nel senso che il valore corrente del bene deve essere coerente con l’iscrizione del bene a “valori di funzionamento”, che costituisce il limite in termini di valore economicamente recuperabile in normali condizioni di funzionamento dell’impresa;
  • la parte di disavanzo, normalmente residua dopo aver incrementato il valore dei beni, è sottoposto ai criteri di ammortamento ed ai vincoli imposti dall’art. 2426 c.c.

Le considerazioni esposte in merito ai criteri di allocazione del disavanzo da annullamento non costituiscono l’unica modalità di contabilizzazione della differenza in questione, poiché come detto l’art. 2504-bis, co. 4, c.c., richiede alcune condizioni per la sua applicazione, poiché deve essere verificata l’esistenza di plusvalori latenti in capo ai beni della società incorporata o fusa, nonché le condizioni per l’iscrizione dell’avviamento. Si possono quindi verificare delle situazioni in cui il disavanzo da annullamento che si genera a seguito della fusione assume un significato del tutto differente, con conseguente inapplicabilità del disposto di cui al citato art. 2504-bis, co. 4, c.c.. A titolo esemplificativo, e non esaustivo, si pensi ad esempio alle seguenti ipotesi:

  • la società incorporante ha acquisito la partecipazione nella società incorporata in un periodo di florido per la partecipata, pagando quindi un prezzo che ha tenuto conto di utili accantonati, plusvalori, ecc. Negli esercizi successivi all’acquisto, tuttavia, la società partecipata (futura incorporata) ha prodotto delle perdite che hanno diminuito il patrimonio netto contabile, a fronte delle quali tuttavia la società partecipante non ha proceduto alla svalutazione della partecipazione;
  • la società incorporante ha acquistato la partecipazione ad un prezzo troppo elevato rispetto all’effettivo valore del patrimonio della società partecipata (futura incorporata), integrando gli estremi del cd. “cattivo affare”.

Nelle due fattispecie descritte, l’eccedenza del costo sostenuto per la partecipazione rispetto all’entità del patrimonio netto incorporato o fuso (della società partecipata) non è certamente riconducibile per intero ai plusvalori latenti riferiti ai beni della società incorporata o fusa, né ad avviamento. Pertanto, non potendosi (per l’intero o per parte del disavanzo) applicare il disposto di cui all’art. 2504-bis c.c., il disavanzo dovrebbe essere più correttamente imputato a conto economico come una sorta di svalutazione, sia pur postuma, del valore della partecipazione. In alternativa, sembra possibile iscrivere in un primo momento il disavanzo nell’attivo dello stato patrimoniale per poi eliminarlo a fronte di una riduzione del patrimonio netto contabile post fusione.

Secondo quanto stabilito dall’art. 2504-bis, co. 1, ultimo periodo, c.c., “se dalla fusione emerge un avanzo, esso è iscritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce di fondi per rischi ed oneri”. In buona sostanza, dalla lettura della riportata disposizione normativa, emergono due possibili modalità di gestione in bilancio dell’avanzo (le medesime conclusioni, sia pure specularmente, sono applicabili in caso di scissione):

  • se la partecipazione è stata acquisita ad un prezzo inferiore al suo effettivo valore (“buon affare”), l’avanzo esprime effettivamente un utile non espresso, con conseguente imputazione quale riserva di patrimonio netto;
  • se l’avanzo è invece riconducibile alla sopravvalutazione del patrimonio netto della società incorporata rispetto al suo valore effettivo, lo stesso deve essere imputato ove possibile a decremento del valore contabile degli elementi dell’attivo (o ad incremento del valore degli elementi del passivo) trasferiti in continuità contabile all’incorporante, o in alternativa nel passivo dello stato patrimoniale tra i fondi per rischi ed oneri.