30 Gennaio 2018

Avviamento negativo e imposta di registro nella cessione di azienda

di Fabio Landuzzi
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La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 979 del 17 gennaio 2018 fornisce uno spunto molto interessante nella dibattuta questione circa la rilevanza dell’avviamento negativo nella determinazione dell’imponibile ai fini dell’imposta di registro in caso di cessione di azienda.

La questione trae origine dal fatto che, come noto, per il combinato disposto dei commi 1, 2 e 4 dell’articolo 51 del D.P.R. 131/1986 il “valore venale in comune commercio” che costituisce la base imponibile dell’imposta di registro nella cessione di azienda deve intendersi “compreso l’avviamento” e “al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa”.

Poiché il Legislatore non menziona esplicitamente il caso dell’avviamento negativo, ci si chiede se in tema di tassazione del registro la sua eventuale presenza debba risultare non rilevante, come a dire che il Legislatore avrebbe con ciò inteso includere a tali fini solo il caso in cui si sia in presenza di un goodwill.

Ebbene, la sentenza in commento, aderendo alla tesi prevalente in dottrina, parte dal presupposto che poiché la norma è finalizzata a garantire che l’imposta di registro venga applicata su una base imponibile il più possibile conforme al valore dell’azienda in condizioni di libero mercato, allora non può non avere assoluta rilevanza anche il caso dell’avviamento di segno negativo, il quale verrà perciò computato a riduzione del prezzo di cessione, e quindi anche del valore dell’azienda trasferita.

Ciò è necessario, osserva la Cassazione, poiché altrimenti si avrebbe un risultato non certo in grado di misurare il valore rispondente alla realtà.

Peraltro, quando il badwill è preesistente rispetto alla cessione, ossia trova rappresentazione nelle scritture contabili del cedente nella forma dell’accantonamento ad un fondo rischi e spese future, la dottrina aveva già osservato che si poteva giungere alla conclusione della rilevanza di tale posta negativa ai fini della tassazione di registro anche in quanto si tratta di passività risultante dalle scritture contabili, laddove la nozione di “passività” a tali fini rilevante deve essere assunta in una dimensione più ampia a quella di “debito”.

Tuttavia, è assai frequente nella pratica che il badwill venga iscritto a titolo originario proprio in occasione della cessione dell’azienda, così che non si ha una sua preesistenza nelle scritture contabili del cedente, e la tipizzazione sopra proposta non è quindi sempre di aiuto.

A questo proposito, però, la sentenza in commento – seppure tratti di un caso in cui nella contabilità del cedente era presente un fondo rischi e spese future rappresentativo delle perdite attese dalla gestione dell’azienda ceduta – osserva che non è da considerarsi dirimente, in senso contrario, la circostanza che la norma preveda la decurtazione delle sole passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, perché una cosa sono le passività già prodottesi e quindi rappresentative di componenti patrimoniali negative incluse nella somma delle singole poste, mentre altra cosa sono le perdite future, di cui è appunto espressione numerica il badwill.

E questa soluzione muove proprio dall’assunto fondamentale per cui l’avviamento è una “qualità intrinseca” dell’azienda trasferita, tanto se positivo quanto se negativo.

Il valore dell’azienda può quindi correttamente risultare in concreto condizionato dall’aspettativa di risultati negativi negli esercizi successivi al trasferimento, ed è perciò legittimo che ciò assuma la sua dimensione economica nella negoziazione tra le parti anche nella forma di uno “sconto-prezzo” in grado di rendere comunque conveniente l’acquisizione dell’azienda seppure produttiva di perdite.

D’altronde, il fatto stesso che normativamente sia sancito che occorre tenere conto del valore venale del compendio trasferito e dell’avviamento anche quando contabilmente non espresso, è sintomatico di come la valorizzazione contabile dell’azienda non possa ritenersi affatto esaustiva ai fini della determinazione dell’imponibile dell’imposta di registro, e perciò anche quando grandezza rappresentata dall’avviamento assume oggettivamente un valore rettificativo in peius.

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