Avvisi bonari e controlli formali esclusi dalla sospensione dei termini
di Andrea RamoniLuigi A. M. RossiDel tutto dimenticati dal Decreto Cura Italia gli avvisi bonari e i controlli formali ex articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, in alcun modo menzionati all’articolo 67, comma 1, il quale prevede la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dei “termini relativi all’attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici e degli enti impositori”.
La norma, tra l’altro con una formulazione non particolarmente felice, non contempla infatti (e senza alcuna valida ragione) i termini per il versamento degli importi richiesti attraverso le comunicazioni di irregolarità emesse dall’Agenzia delle Entrate a seguito di controllo formale o di liquidazione delle imposte sui redditi.
La circostanza è indubbia, considerato l’inciso tra parentesi contenuto nella relazione illustrativa, la quale precisa che la norma in commento “sospende, coerentemente con la disposizione di carattere generale di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.159, dall’8 marzo al 31 maggio 2020, i termini relativi alle attività di controllo (salvo quanto previsto in relazione alla liquidazione delle imposte ed al controllo formale), di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori”.
Una conferma in tal senso, pur riferita ai soggetti con ricavi o compensi non superiori a due milioni di euro, giunge anche dalla lettura dell’articolo 62, comma 2, il quale contempla ipotesi di sospensione per i soli versamenti da autoliquidazione (evidentemente estranei alle fattispecie in commento).
La scelta del legislatore emergenziale va tenuta in debito conto, soprattutto in considerazione della previsione di cui all’articolo 15-ter D.P.R. 602/1973, la quale, al mancato pagamento delle somme rateizzate richieste con avviso di irregolarità fa conseguire:
- la decadenza dal beneficio della rateazione;
- l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta;
- il pagamento di interessi e sanzioni in misura piena.
Ancor più illogica appare l’esclusione della predetta sospensione dei termini per il pagamento delle somme richieste a seguito di controllo formale ex articolo 36-ter D.P.R. 600/1973, se non altro per ragioni sistematiche, trattandosi invero di attività di verifica cartolare della documentazione utilizzata per la predisposizione della dichiarazione, non lontana da quella propria dell’accertamento, altrimenti sospesa.
Pare, infatti, utile ricordare le differenze rimarcate dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19861 del 5 ottobre 2016, tra i controlli ex 36-bis e 36-ter, D.P.R. 600/1973, la quale ha precisato che per questi ultimi il contraddittorio, da intendersi come fase endoprocedimentale in cui ufficio e contribuente si incontrano, è “coessenziale all’istituto”.
In altre parole, se tra le finalità della norma v’è principalmente quella di ostacolare la diffusione del virus Covid-19, limitando i contatti tra individui, pur nella consapevolezza che lo scambio documentale possa avvenire a mezzo pec, non si comprendono le ragioni dell’esclusione in commento.
Ciò posto, si osserva come l’articolo 67, comma 1, D.L. 18/2020 accomuni quattro fasi ben distinte del rapporto tributario:
- la liquidazione e il controllo dell’imposta – di cui, una buona parte, gestita in via automatizzata, come detto;
- l’accertamento dei maggiori imponibili, nelle sue diverse forme;
- la riscossione, quale attività derivante dall’iscrizione a ruolo delle somme contestate;
- il contenzioso, ovvero la fase della devoluzione della materia controversa al giudice tributario.
Quanto alle attività di liquidazione invece sospese, occorre richiamare le singole leggi di imposta: in materia di imposta di registro, le somme dovute devono essere liquidate dell’Ufficio entro i termini differenti di due, tre o cinque anni, a seconda delle fattispecie (articolo 76 D.P.R. 131/1986); in materia di imposte di successione e donazione, l’articolo 27 D.Lgs. 346/1990 assegna invece all’Ufficio un termine decadenziale di due o cinque anni dal pagamento o dal termine per la presentazione della dichiarazione omessa.
La sospensione dei termini per la riscossione, deve invece intendersi riferita all’attività dell’agente, considerato che quella relativa ai versamenti è disciplinata nel successivo articolo 68.
Infine, particolarmente generico e pleonastico si palesa il riferimento ai termini afferenti alle “attività di contenzioso”, salvo il legislatore non abbia voluto, comunque impropriamente, richiamare le istruttorie pendenti in fase amministrativa, in ragione del fatto che, anche in questo caso, l’articolo 83 D.L. 18/2020 reca una disciplina ad hoc dei termini processuali.
Alla luce di quanto esposto, sarebbe auspicabile un tempestivo emendamento, volto ad aggiungere una previsione all’articolo 68, che espressamente contempli la sospensione, fino al 31 maggio, delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo automatizzato e formale, nonché delle connesse rateazioni, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in modo da poter uniformare tutte le fattispecie che possono investire il rapporto tra il contribuente, l’Amministrazione finanziaria e il concessionario della riscossione.