26 Ottobre 2017

Avviso di accertamento illegittimo senza allegazione degli atti

di Marco Bargagli
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21768/2017 depositata il 20 settembre 2017, si è espressa sulla necessità di allegare all’avviso di accertamento il processo verbale di constatazione (c.d. “PVC”), quale atto amministrativo di natura endoprocedimentale redatto in seguito ad una verifica fiscale.

Già in passato la giurisprudenza di merito e di legittimità aveva sancito l’illegittimità degli avvisi di accertamento che facevano richiamo al PVC redatto dai verificatori ma non contenevano, in allegato, il medesimo atto amministrativo.

Sullo specifico punto, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, nella sentenza n. 4386 del 19 ottobre 2015 aveva chiarito che: “è preciso onere dell’Ufficio allegare all’avviso di accertamento gli atti richiamati per relationem, tanto più quando l’accertamento induttivo è basato esclusivamente su presunzioni semplici, non aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza. Non rileva assolutamente che il PVC della Guardia di Finanza sia stato allegato al ricorso presentato alla stessa Commissione Tributaria Provinciale e svolto per altra annualità presa in considerazione nell’accertamento, in quanto ogni procedimento, ove non sia stata disposta la riunione con altri procedimenti caratterizzati da connessione soggettiva, oggettiva e probatoria deve ritenersi distinto da altri basati sullo stesso accertamento induttivo … omissis …”.

Ancora la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 1906 del 29 gennaio 2008 aveva chiarito che: l’autorità decidente dovrebbe comunque fornire una guida alla lettura dell’atto richiamato e tracciare una sorta di fil rouge che consenta al contribuente – e al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di reperire i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione della decisione”.

Tale approccio interpretativo è stato confermato anche di recente dagli ermellini, tenuto conto che il soggetto passivo ha il pieno diritto di conoscere tutti i dati e notizie che si pongono alla base della pretesa erariale, al fine di non vedersi negato il diritto alla difesa.

Sulla base di tali argomentazioni, la suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente presentato avverso la decisione assunta da parte del giudice di appello.

Nella sentenza n. 84 del 13 marzo 2012, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, accogliendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, riformava integralmente la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento. L’Amministrazione finanziaria rettificava il reddito di impresa della società verificata, recuperando a tassazione i costi risultanti da quattro fatture emesse relative ad operazioni ritenute inesistenti.

A parere dei giudici di appello era del tutto irrilevante l’omessa allegazione all’avviso di accertamento del processo verbale di constatazione, “poiché l’atto impositivo non vi faceva alcun rinvio e dal medesimo, congruamente motivato, potevano evincersi le ragioni dell’inesistenza delle operazioni fatturate, che dovevano desumersi, non tanto dalla correzione apportata alla numerazione delle fatture, ma dal fatto che i lavori di importo considerevole … omissis … non risultavano da alcun contratto scritto, né vi erano riscontri di pagamenti, che era inverosimile che fossero stati effettuati per contanti, la cui disponibilità la società contribuente neppure aveva dimostrato di avere”.

Di contro, i giudici di piazza Cavour hanno respinto le argomentazioni logico – giuridiche espresse dalla CTR della Campania tenuto conto che, sulla base del principio acquisito in sede di legittimità, in linea con le disposizioni contenute nell’articolo 42 del D.P.R. 600/1973 e nell’articolo 56 del D.P.R. 633/1972, “se la motivazione dell’avviso di accertamento fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale ovvero l’atto richiamato dall’avviso di accertamento sia stato sottoscritto e consegnato al contribuente (come accade nella generalità dei casi per i processo verbale di constatazione redatti dai funzionari dell’amministrazione finanziaria o della G.d.F.)”.

Infatti, come previsto dall’articolo 7 della Legge 212/2000, recante disposizioni in materia di diritti del contribuente, deve essere allegato all’atto dell’Amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, senza tuttavia fare riferimento agli atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione.

In buona sostanza, come affermato dalla suprema Corte di Cassazione, “il contribuente ha il  diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non il diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore “narrativo”) oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto.

In conclusione, in caso di impugnazione dell’avviso di accertamento, in quanto non riportante in allegato copia del processo verbale di constatazione, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione.

 

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