Bancarotta fraudolenta e speciale tenuità del fatto
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 36816 del 5 settembre 2016 la Suprema Corte ha statuito che anche in caso di bancarotta distrattiva e documentale, qualora il danno economico prodotto dall’imprenditore sia di speciale tenuità, deve essere comunque contestato – previo fallimento – il reato in parola, ma deve essere applicato lo sconto di pena per la speciale tenuità del fatto.
Nel caso in esame, il rappresentante legale di una società fallita era stato condannato dal Tribunale di Savona per i reati di bancarotta distrattiva e documentale per aver sottratto beni mobili e materiale informatico alla società, nonché per aver omesso la tenuta delle scritture contabili della medesima.
L’imputato, condannato anche in sede di appello, aveva quindi depositato ricorso innanzi alla Corte di Cassazione argomentando come la Corte territoriale di Genova avesse erroneamente escluso l’applicazione delle attenuanti generiche sulla base della circostanza per cui l’amministratore si fosse reso responsabile di una pluralità di condotte illecite.
A parere del ricorrente, la tenuità del danno cagionato si sarebbe potuta evincere dal valore scarso e modesto del mobilio e del materiale informatico oggetto di distrazione, non rilevando in tal senso la varietà di condotte perseguite nell’ambito del processo.
Investita della questione, la Suprema Corte ha accolto tale motivo di ricorso non condividendo le conclusioni della Corte territoriale secondo cui “la contemporanea sussistenza di due ipotesi di bancarotta distrattiva e documentale rende inapplicabile (…) la richiesta (…) concessione della circostanza attenuante della particolare tenuità dei fatti di bancarotta, L. Fall., ex articolo 219, comma 3”.
In particolare, la Quinta sezione penale ha specificato come la pluralità delle condotte relative al reato di bancarotta sia già considerata dall’ordinamento quale fattispecie aggravata (articolo 216, comma 2, n. 1 L.F.) bilanciabile con eventuali circostanze di segno contrario, ivi compresa l’attenuante della tenuità del fatto di cui al citato comma 3, dell’articolo 219 (“Nel caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo”).
Va da sé che, a fronte di più comportamenti di rilievo penale ex articoli 216 e ss. L.F., ciascuno dei quali produttivo di una modesta lesione del bene giuridico tutelato dalle norme suddette, il giudice può ritenere le due circostanze equivalenti, o giungere addirittura a considerare prevalente quella favorevole al reo, atteso che “il dato empirico della pluralità dei fatti non ha nulla a che vedere con i parametri cui avere riguardo ai fini della concessione dell’attenuante prevista dal citato articolo 219, comma 3, fondati solo sulla verifica in concreto del quantum di danno cagionato”.
Sul punto, occorre poi rammentare che la Corte di Cassazione aveva già avuto modo di pronunciarsi in relazione al reato di bancarotta fraudolenta, statuendo in particolare che “il giudizio relativo alla particolare tenuità del fatto deve essere posto in relazione alla diminuzione, non percentuale ma globale, che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto ove non si fossero verificati gli illeciti” (Cass. n. 13285/2013).
Analoghi principi erano stati poi riconosciuti in ordine alla bancarotta documentale, in riferimento alla quale i presupposti per la ravvisabilità della circostanza attenuante in argomento debbono essere valutati “in relazione al danno causato alla massa creditoria in seguito all’incidenza che le condotte integranti il reato hanno avuto sulla possibilità di esercitare le azioni revocatorie e le altre azioni poste a tutela degli interessi creditori” (Cass. n. 19304/2013 e n. 44443/2012, secondo cui “nella ipotesi di bancarotta documentale, ai fini della applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, non rileva l’ammontare del passivo, ma la differenza che la mancanza dei libri o delle scritture contabili ha determinato nella quota complessiva dell’attivo da ripartire tra i creditori, avendo riguardo al momento della consumazione del reato”).
In buona sostanza, il giudizio relativo alla circostanza attenuante della particolare tenuità deve essere posto in relazione alla diminuzione globale che il comportamento del fallito ha provocato alla massa creditoria ed alla sua disponibilità per il riparto qualora non si fossero verificati gli illeciti.
Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Cassazione, confermando in ogni caso la penale responsabilità dell’imputato, ha annullato la sentenza impugnata in relazione al trattamento sanzionatorio applicato dalla Corte territoriale per non aver riconosciuto l’attenuante sopra evidenziata e rinviato ad altra sezione della Corte di appello di Genova per nuovo esame della questione.
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