Beni ceduti in esportazione dopo la lavorazione in altro Paese UE
di Marco PeiroloDi particolare interesse sono le considerazioni svolte dal Comitato Iva nel WP n. 894 dell’8 febbraio 2016, sul trattamento Iva dell’esportazione di beni al termine della lavorazione effettuata, per conto del cliente non residente, in uno Stato membro diverso da quello del cedente.
Lo schema considerato è quello in cui il soggetto A, stabilito nello Stato membro 1, vende i beni al cliente C, stabilito al di fuori della UE, alle seguenti condizioni:
- prima dell’esportazione, i beni sono inviati al terzista B, stabilito nello Stato membro 2, per essere lavorati;
- i lavori relativi ai beni sono eseguiti dal terzista su incarico del cliente C;
- i beni risultanti dalla lavorazione sono esportati al di fuori della UE.
La lavorazione resa dal terzista nello Stato membro 2 non dà luogo a problematiche particolari, in quanto tale prestazione, avendo come destinatario il cliente stabilito al di fuori della UE, non è soggetta a Iva nella UE, in quanto territorialmente rilevante nel Paese di stabilimento del cliente, ai sensi dell’articolo 44 della Direttiva n. 2006/112/CE, corrispondente all’articolo 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.
La questione sulla quale il Comitato Iva ha fornito il proprio punto di vista è se la cessione dei beni operata dal soggetto A nello Stato membro 1 sia esente da Iva ai sensi dell’articolo 146, par. 1, lett. a) o b), della Direttiva n. 2006/112/CE, trasposto nell’articolo 8, comma 1, lett. a) o b), del D.P.R. n. 633/1972, che fa riferimento, rispettivamente, alle:
- cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori dell’Unione;
- cessioni di beni spediti o trasportati, dall’acquirente non stabilito nel territorio del venditore, o per conto del medesimo, fuori dell’Unione.
La circostanza che i beni siano esportati attraverso un altro Stato membro non costituisce un ostacolo per l’applicazione dell’esenzione, anche se può essere problematico acquisire la prova che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio dell’Unione. L’aspetto che deve essere approfondito, invece, è se l’esenzione sia applicabile nello Stato membro 1 tenuto conto che i beni esportati non sono quelli oggetto di cessione, ma quelli risultanti dalla lavorazione, effettuata nello Stato membro 2.
Durante le discussioni nell’ambito del VAT Forum è emerso che, per risolvere la questione, occorre prendere in considerazione la sentenza Fonderie 2A (causa C-446/13 del 2 ottobre 2014), i cui fatti di causa sono descritti nei punti 14-18 della pronuncia: “Nel 2001, la ricorrente nel procedimento principale ha prodotto in Italia pezzi metallici, da essa venduti all’Atral, una società con sede sociale in Francia. Prima della loro cessione all’Atral, la ricorrente nel procedimento principale ha spedito tali pezzi, per proprio conto, ad un’altra società francese, la Saunier-Plumaz, affinché quest’ultima realizzasse su di essi lavori di rifinitura, ossia lavori di verniciatura, rispedendoli poi direttamente all’acquirente finale. Il prezzo di vendita dei suddetti pezzi, fatturato all’Atral dalla Fonderie 2A, comprendeva tali lavori di rifinitura. Questi stessi lavori di rifinitura sono stati fatturati alla Fonderie 2A dal prestatore, ossia la Saunier-Plumaz, per un importo che includeva parimenti l’Iva su tali lavori. In base alle disposizioni nazionali che danno attuazione all’ottava direttiva, la Fonderie 2A ha chiesto all’amministrazione tributaria francese il rimborso dell’Iva posta a suo carico. Tale domanda è stata respinta con la motivazione che, conformemente alle disposizioni nazionali che danno attuazione alla sesta direttiva, il luogo della cessazione dei beni si trovava in Francia”.
Come, però, sottolineato dal Comitato Iva, la fattispecie che s’intende esaminare non è identica a quella oggetto della sentenza Fonderie 2A, tant’è che, nello schema delineato dal WP n. 894, la lavorazione è eseguita su incarico del cliente extra-UE e non del venditore, ragione per cui l’esenzione andrebbe riconosciuta nello Stato membro 1, senza pertanto che il cedente sia tenuto ad identificarsi ai fini Iva nello Stato membro 2 per adempiere agli obblighi Iva connessi all’operazione posta in essere.
Occorre, tuttavia, considerare che, in determinate ipotesi, questa soluzione potrebbe non essere percorribile.
Un conto, infatti, è la lavorazione che non muta le caratteristiche fisiche del bene già venduto, come nel caso della verniciatura del prodotto originario, sicché può (ancora) assumersi che la cessione dei beni ante verniciatura sia ricollegata alla successiva esportazione dei beni verniciati, beneficiando così dell’esenzione nello Stato membro 1. Diversa è, invece, la situazione in cui la lavorazione consiste, per esempio, nell’assemblaggio o montaggio di più beni con realizzazione di un prodotto del tutto nuovo, risultando difficile se non, addirittura, impossibile verificare la coincidenza dei beni inviati in conto lavorazione con quelli successivamente esportati.
Nello scenario descritto è possibile che si verifichino fenomeni di abuso, in termini di sottofatturazione o sovrafatturazione dei beni. Come, infatti, rilevato dal Comitato Iva, “the application of rules concerning the system of intra-Community transactions in goods and supply of services and also the exemption on exports should be done with the utmost rigor and aligned with control measures, especially after the serious fraud schemes detected in intra-Community trade, in imports and exports and in operations combining both. This is particularly important in the context of trade in raw materials, known as been fertile to fraud situations, whether purely domestic, intra-Community or international. This eventual exemption would not be applicable on complex production processes as the risk for abuse increases the greater the number of raw materials and/or Member States involved. Note that the production process in Member State 2 can generate “wastes” with commercial value. There can be an “under-report” of production or an “over-report” of production losses, so part of the real production is not exported and ends up supplying the black market”.