Bike sharing escluso dal commercio elettronico
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariIl servizio di bike sharing, fornito tramite l’utilizzo di un’apposita applicazione, non rientra nell’ambito dei servizi che costituiscono commercio elettronico con conseguente obbligo di certificazione del corrispettivo (in forma telematica a partire dal 2020 o mediante emissione della fattura).
È quanto emerge dalla lettura della risposta all’istanza di interpello n. 396/2019 pubblicata ieri, 8 ottobre, dall’Agenzia delle entrate, in relazione ad un’istanza di interpello presentata da una società che gestisce il servizio di bike sharing.
Il servizio si sostanzia nella possibilità di utilizzare la bicicletta tramite la scansione del QR code presente sulle biciclette, che ne consente l’apertura a seguito del pagamento tramite Paypal oppure con carta di credito.
L’applicazione, scaricata sullo smartphone dell’utilizzatore, per lo più soggetto privato, consente quindi di utilizzare il servizio e di pagare il relativo corrispettivo.
La società istante chiede se, per tali servizi, sussista l’esonero da qualunque obbligo di certificazione in quanto rientranti nel novero dei cd. “servizi elettronici” resi a committenti privati di cui all’articolo 22, comma 6-ter, D.P.R. 633/1972 per i quali l’articolo 1 D.M. 27.10.2015 dispone l’esonero da qualsiasi obbligo di certificazione (fermo restando l’obbligo di emissione della fattura se richiesta dal cliente).
Nell’istanza è precisato che in presenza di un utente “privato” (non soggetto Iva) la società si limita ad annotare il corrispettivo nel relativo registro di cui all’articolo 24 D.P.R. 633/1972, mentre, in presenza di utente soggetto Iva, è emessa in formato elettronico una fattura inviata tramite Sdi.
L’interpello ruota, quindi, intorno alla possibilità di far rientrare o meno il servizio in esame nella definizione di commercio elettronico per il quale, come detto, sussiste l’esonero dall’obbligo di certificazione dei corrispettivi anche dopo l’introduzione della memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi a far data dal 1° luglio 2019 (per coloro che nel 2018 hanno dichiarato un volume d’affari superiore ad euro 400.000) o dal prossimo 1° gennaio 2020 (per la generalità dei contribuenti).
L’Agenzia osserva che il servizio di bike sharing, così come descritto in precedenza, non può rientrare nella nozione di commercio elettronico (o meglio nei servizi elettronici resi a committenti privati) poiché l’articolo 7, paragrafo 1, Regolamento UE 282/2011 dispone che i servizi elettronici “comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata da un intervento umano minimo, e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione“.
Rientrano quindi in tale ambito la fornitura di siti e web hosting, la fornitura di software e relativo aggiornamento, la fornitura di testi, immagini e informazioni, la fornitura di musica, film, giochi, nonché la fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza.
Nel caso di specie, poiché il servizio fornito non rientra nell’ambito di quelli resi in forma elettronica, la società istante ha l’onere di certificare il corrispettivo mediante scontrino o ricevuta fiscale, e, a partire dal prossimo 1° gennaio 2020, mediante memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi e rilascio al cliente del documento commerciale.
Inoltre, poiché la società istante è in possesso del codice fiscale del cliente, potrebbe in ogni caso emettere facoltativamente la fattura, anche laddove la stessa non sia stata richiesta dal cliente.
Per quanto riguarda il documento commerciale, l’Agenzia rimanda alle regole contenute nel D.M. 07.12.2016, ricordando che il formato cartaceo può essere sostituito, previo accordo con il cliente, dal formato elettronico, a condizione che ne sia garantita l’autenticità e l’integrità.