Bilancio e copertura delle perdite: il solito stallo
di Comitato di redazioneApprossimandosi il termine per la predisposizione dei bilanci dell’anno 2015, torna di attualità la vicenda degli adempimenti da assumere in caso di esistenza di perdite “rilevanti” di periodo.
Per prima cosa, ed in via incidentale, rammentiamo che curarsi del problema della perdita in corso di formazione solo nella primavera è una abitudine che andrebbe abbandonata, per il semplice fatto che le riflessioni che seguono dovrebbero essere svolte periodicamente in corso di esercizio.
Comunque sia, la chiusura dei conti è certamente l’occasione propizia per ribadire che, certamente, anche se la perdita si fosse formata in corso d’anno, è questo il momento per affrontare di petto il problema.
La perdita che ci preoccupa è quella che supera il terzo del capitale sociale, dopo che siano state assorbite:
- tutte le poste già presenti nel patrimonio netto (riserve);
- l’eventuale utile in corso di formazione durante il 2016 (circostanza, questa, che spesso viene trascurata dai Colleghi, timorosi del fatto che la posta non sia tecnicamente accertata da un bilancio ufficiale. Ciò nonostante, la giurisprudenza ed anche le indicazioni del CNDCEC, ci rassicurano sul fatto che, l’utile di periodo in corso di formazione – correttamente stimato come si dovrebbe fare in sede di redazione del bilancio – rilevi quale posta “protettiva” che possa rendere non più pericolosa la perdita).
Se ci troviamo in tale situazione “pericolosa” va poi verificato se tale “perdita rilevante” determini anche la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite minimo di legge.
Se ciò accade, si rende necessario l’intervento “senza indugio” dell’organo amministrativo che sottopone la situazione ai soci, affinché scelgano tra le ipotesi di copertura con immissione di nuova liquidità, di trasformazione in altro tipo societario compatibile o di accensione della fase di scioglimento della società.
Prima di giungere a tale estrema ratio, però, sappiamo esistere la possibilità di esplorare soluzioni alternative, tipicamente connesse ai rapporti finanziari esistenti tra società e soci.
Innanzitutto, si potrebbe verificare la presenza di finanziamenti soci, di per sé irrilevanti ai fini che ci occupano, salvo che non si decida di provvedere alla rinuncia a favore di un “passaggio” da debito a patrimonio netto.
Quando conviene che venga effettuata questa rinuncia? Certamente gradita quella “targata” ancora 2015, non essendo richiesta l’esistenza o l’apposizione di una data certa.
In alternativa, anche la rinuncia del 2016, purché preceda la data di assemblea, ha la forza di rendere non più pericolosa la perdita in analisi.
Se il finanziamento non era già presente, invece, si dovrà verificare la disponibilità dei soci ad apportare nuove risorse monetarie: l’effettuazione di tali apporti prima della discussione dell’assemblea del bilancio (quindi durante 2016) ha, ancora, l’effetto di poter evitare la fase notarile.
Come si apprezza, l’effetto sul bilancio 2015 risulta totalmente differente:
- la rinuncia datata 2015, determina un incremento del netto che già risulterà dal bilancio in approvazione, con la conseguenza che il lettore del bilancio potrà già vedere dalla lettura dei numeri il rafforzamento (sia pure mediato) della struttura patrimoniale;
- la rinuncia datata 2016, invece, determina che il lettore del bilancio potrà conoscere l’avvenuto intervento dei soci solo dalla lettura dei documenti “descrittivi” del bilancio, e ciò potrebbe avvenire con minore frequenza.
Non infrequenti sono le casistiche nelle quali esiste la perdita e non si intravvedono le soluzioni di cui sopra, e nemmeno esiste la volontà – o la possibilità – di ricapitalizzare.
Solitamente si assiste ad una sorta di inerzia del cliente che, in assenza di rimedi esperibili, conta sul fatto che nessuno si accorga della esistente patologia.
Al riguardo, crediamo sia nostro compito fornire un avvertimento all’amministratore: il soggetto gestore che non sia avveda della esistenza di una causa di scioglimento (e la perdita pericolosa che riduce il capitale al di sotto del minimo, certamente lo è) risponderà nei confronti dei terzi per il peggioramento della situazione della società imputabile al ritardo nella sua azione.
Quindi ci si trova in un vicolo cieco: se il bilancio è presentato ai soci con un adeguato ordine del giorno (di tipo interventista), non si potrà non giungere ad una deliberazione in uno dei sensi sopra richiamati.
Ed allora cosa si fa? Si omette il riferimento all’assunzione dei necessari adempimenti, oppure si riscontra che i soci non assumono alcuna decisione attiva e si lascia “correre” senza fare più null’altro. E’ qui che si annida la pericolosità della fattispecie, che purtroppo richiede una gestione molto “rigida” ed inflessibile anche da parte del consulente. L’inerzia e l’indifferenza certamente non pagano in queste situazioni.