7 Giugno 2019

Bollo auto e Regioni: la sentenza 122/2019 della Corte costituzionale

di Gennaro Napolitano
Scarica in PDF

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 122/2019, ha ribadito il principio secondo cui, in materia di tassa automobilistica, alle Regioni è preclusa la possibilità di stabilire, ai fini dell’esenzione, requisiti ulteriori e più stringenti rispetto a quelli fissati dalla legislazione statale.

Di contro, esse, allo scopo di soddisfare specifiche esigenze, possono introdurre ipotesi di esenzione anche se non previste dalla disciplina statale.

Oggetto del giudizio della Corte è stata la disposizione contenuta nell’articolo 7, comma 2, della Legge regionale 15/2012 (Emilia-Romagna) nella parte in cui subordina l’esenzione dal pagamento del bollo auto dei veicoli di particolare interesse storico e collezionistico (di cui all’articolo 63, comma 2, L. 342/2000 vigente ratione temporis) all’iscrizione in uno dei registri previsti dallarticolo 60 D.Lgs. 285/1992 (Nuovo codice della strada) e dal relativo regolamento di esecuzione e attuazione, anziché alla mera individuazione dei requisiti mediante determinazione dell’Asi (Automobilclub storico italiano) o della Fmi (Federazione motociclistica italiana).

La questione di legittimità costituzionale, quindi, verte sul rapporto tra disciplina regionale e disciplina statale alla luce dei parametri rappresentati dagli articoli 117, comma 2, lett. e) e 119, comma 2, Cost..

Nel confronto tra le fattispecie normative la Corte rileva che, ai sensi dell’abrogato articolo 63, comma 2, L. 342/2000, l’esenzione dalla tassa automobilistica per i veicoli di particolare interesse storico e collezionistico era subordinata a una mera determinazione dei requisiti da parte dell’ASI e della FMI (per i motoveicoli).

Di contro, la disposizione regionale censurata richiede la sussistenza di una condizione ulteriore rappresentata dall’iscrizione in uno dei registri previsti dal Codice della strada.

In tal modo, quindi, il legislatore regionale restringe la portata agevolativa della norma statale, modificandola in peius. Tale situazione, secondo la Corte, si pone in contrasto con i principi costituzionali che regolano i rapporti tra normativa statale e regionale.

A tal proposito, i giudici di legittimità richiamano quanto previsto dall’articolo 8 D.Lgs. 68/2011 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province), il cui comma 2 stabilisce che “fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale, le regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale”.

Quest’ultimo inciso, afferma la Corte, fissa un principio di coordinamento del sistema tributario che assume la valenza di parametro interposto a cui la Regione deve attenersi nell’esercizio della propria competenza legislativa.

La norma regionale censurata, invece, travalica tale principio, ledendo, da un lato, la competenza statale esclusiva in materia di “sistema tributario (…) dello Stato” (articolo 117, comma 2, lett. e), Cost.) e, dall’altro, “i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario” (articolo 119, comma 2, Cost.).

La norma regionale, infatti, nel prevedere, ai fini dell’esenzione fiscale in parola, requisiti non previsti dalla norma statale, eccede il vincolo dei “limiti massimi di manovrabilità” di cui al ricordato articolo 8, comma 2, D.Lgs. 68/2011.

Nell’ambito dei tributi regionali, tale disposizione conferisce alla tassa automobilistica una “valenza differenziata”, configurandola alla stregua di un tributo proprio derivato particolare, parzialmente “ceduto”, poiché le Regioni godono di “un più ampio margine di autonoma disciplina”, assoggettato, però, al vincolo unidirezionale di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dal legislatore statale.

Da ciò, secondo la Corte, discende la conclusione che in materia di tassa automobilistica le Regioni ben possono “sviluppare una propria politica fiscale” che, “senza alterarne i presupposti strutturali”, venga incontro a “specifiche esigenze di differenziazione”.

In coerenza con l’assunto appena descritto, la Corte afferma che la declaratoria di illegittimità costituzionale non riguarda, invece, quella parte della censurata norma regionale che amplia la portata dell’esenzione prevista dal legislatore statale estendendola al più generale insieme dei veicoli di interesse storico o collezionistico.

In tal caso, infatti, non sussiste la violazione del limite massimo di manovrabilità stabilito dal principio di coordinamento di cui al ricordato articolo 8, comma 2, D.Lgs. 68/2011.

Per questi motivi, conclude la Corte, essa si sottrae alla dichiarazione di incostituzionalità che invece investe l’articolo 7, comma 2, legge regionale dell’Emilia-Romagna 15/2012, nella parte in cui implicitamente subordina l’esenzione fiscale dei veicoli “di particolare interesse storico e collezionistico” all’iscrizione in uno dei registri previsti dal Codice della strada (ex articolo 60 D.Lgs. 285/1992), e dal relativo regolamento di esecuzione e attuazione, anziché alla mera individuazione dei requisiti mediante determinazione dell’Asi o del Fmi.