23 Marzo 2021

Bonus aggregazioni: ancora dubbi sulla tipologia di interpello da presentare alle Entrate

di Domenico SantoroGianluca Cristofori
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Come noto, l’articolo 11, comma 6, D.L. 34/2019 reca una disciplina antielusiva specifica in materia di “bonus aggregazioni”, prevedendo la decadenza dall’agevolazione nelle ipotesi in cui, nei primi quattro periodi d’imposta dal perfezionamento dell’operazione straordinaria agevolata, il soggetto avente causa dall’operazione (incorporante, beneficiaria o conferitaria):

  • perfezioni un’ulteriore operazione straordinaria tra quelle previste dal Titolo III, Capi III e IV, del Tuir, ovverosia trasformazione (omogenea o eterogenea), fusione, scissione, conferimento d’azienda, conferimento di partecipazioni di controllo, scambio di partecipazioni di controllo o di partecipazioni “qualificate” nell’accezione di cui al nuovo comma 2-bis dell’articolo 177 Tuir;
  • ceda i beni precedentemente iscritti o rivalutati a titolo gratuito per effetto dell’agevolazione.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, per l’analoga previgente disciplina agevolativa (circolare 16/E/2007), “[…] la norma in esame vuole evitare che la società beneficiaria del “bonus aggregazioni” possa “trasferire” il beneficio fiscale ad altro soggetto privo dei requisiti, in tal modo raggirando” i presupposti soggettivi e oggettivi previsti per l’applicabilità del beneficio.

Qualora il soggetto avente causa dall’operazione straordinaria agevolata (incorporante, beneficiaria o conferitaria) ricada in una delle fattispecie in grado di determinare la decadenza dal “bonus aggregazioni” può, tuttavia, chiedere la disapplicazione della menzionata disciplina antielusiva specifica, mediante la presentazione di un’istanza di interpello “disapplicativo” di cui all’articolo 11, comma 2, L. 212/2000, dimostrando che – nel caso concreto – l’intenzione di porre in essere un’ulteriore operazione straordinaria, ovvero di cedere i beni in precedenza “rivalutati” a titolo gratuito, risponde a un preciso obiettivo economico-imprenditoriale, non essendo invece posta in essere per usufruire in modo indebito del regime agevolativo.

In merito, preme portare all’attenzione che – già nelle more della previgente disciplina agevolativa – l’Agenzia delle Entrate (con la circolare 16/E/2007) aveva ritenuto che, “Considerato che l’aggiramento delle norme disciplinanti i presupposti dell’agevolazione può attuarsi attraverso ulteriori operazioni poste in essere non solo dalla società risultante dall’aggregazione, ma anche mediante speculari operazioni effettuate dai soci […] deve ritenersi che anche queste ultime operazioni possono comportare la decadenza dall’agevolazione. In tal caso anche il socio presenterà istanza di interpello”.

Tale presa di posizione è stata di recente ribadita dalla Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 194 del 18.03.2021, avente per oggetto un’operazione di “concentrazione” tra due società terze (Beta e Gamma), realizzata mediante la costituzione di una società (Alfa) alla quale hanno conferito ciascuna un ramo d’azienda, cui ha fatto seguito la cessione da parte di Beta alla controllata di Gamma (Gamma Italia) di una frazione della quota di partecipazione dalla stessa detenuta nella conferitaria (Alfa).

In tale occasione è stato, infatti, ribadito che “[…] l’intervenuta cessione di partecipazioni da parte di uno dei soci successivamente al rappresentato conferimento potenzialmente agevolabile comporterebbe, come chiarito nella suddetta circolare n. 16/E del 2007, la decadenza dal beneficio fiscale in argomento, “fatta salva l’attivazione della procedura di cui all’articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212””.

Detto in altri termini, a parere dell’Agenzia delle Entrate, non solo le operazioni poste in essere dal soggetto avente causa dall’operazione straordinaria che beneficia del “bonus aggregazioni”, ma anche le operazioni poste in essere dai relativi soci possono generare l’aggiramento delle norme che dettano le condizioni al ricorrere delle quali il Legislatore ha ritenuto di attribuire siffatta agevolazione; aspetto che, di per sé, appare del tutto condivisibile.

Ciò che, tuttavia, non appare condivisibile è che qualora si sia in presenza di un’operazione posta in essere dai soci, potenzialmente in grado di determinare l’aggiramento dei requisiti (soggettivo e oggettivo) per fruire dell’agevolazione, si possa determinare un’automatica decadenza dall’agevolazione, alla stregua di quanto previsto dalla disciplina antielusiva specifica di cui all’articolo 11, comma 6, D.L. 34/2019. Tanto che, secondo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, in una simile fattispecie il contribuente – il riferimento parrebbe essere alla società avente causa dall’operazione, la quale beneficia del “bonus aggregazioni” (e non ai soci della stessa come paventato dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare 16/E/2007) – sarebbe tenuto a presentare un’istanza di interpello disapplicativo ai sensi dell’articolo 11, comma 2, L. 212/2000.

Tale tesi interpretativa appare opinabile, dal momento che l’Agenzia delle Entrate finisce per ampliare, in via analogica, l’ambito di applicazione della disciplina antielusiva specifica prevista normativamente dall’articolo 11, comma 6, D.L. 34/2019, che – si rammenta – trova applicazione soltanto nel caso in cui il soggetto avente causa dall’operazione (incorporante, beneficiaria o conferitaria), nell’arco temporale preso a riferimento, perfezioni un’ulteriore operazione straordinaria o ceda i beni precedentemente iscritti o rivalutati, senza mai prevedere alcun meccanismo di decadenza per le operazioni eventualmente poste in essere dai soci.

Tale tesi interpretativa appare, inoltre, opinabile anche ove si consideri che, dando credito a tale tesi, per evitare la decadenza dal beneficio il contribuente sarebbe tenuto a presentare una (obbligatoria) istanza di interpello di tipo disapplicativo (ex articolo 11, comma 2, L. 212/2000), pena l’irrogazione di una sanzione da euro 2.000 a euro 20.000, applicata in misura raddoppiata qualora l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, disconosca la spettanza della disapplicazione (ex articolo 11, comma 7-ter, D.Lgs. 471/1997), in luogo di una (facoltativa) istanza di interpello anti-abuso (ex articolo 11, comma 1, lett. c, L. 212/2000), a fronte di una fattispecie che potrebbe sì astrattamente determinare l’aggiramento dei requisiti (soggettivo e oggettivo) per fruire dell’agevolazione, ma che non è stata affatto contemplata dal Legislatore.

Tale tesi interpretativa appare, vieppiù, opinabile ove si consideri che – secondo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate – il contribuente raggiunto da una successiva attività di verifica e accertamento fiscale non godrebbe delle garanzie procedurali previste dall’articolo 10-bis L. 212/2000, come – a mero titolo esemplificativo – il contraddittorio “rafforzato”, l’attivazione della riscossione provvisoria in pendenza di giudizio solo a seguito dell’eventuale pronuncia avversa della Commissione Tributaria Provinciale e il diverso regime sanzionatorio previsto per le condotte in abuso del diritto.

Si auspica, pertanto, che il condivisibile obiettivo di censurare anche le operazioni non contemplate dall’articolo 11, comma 6, D.L. 34/2019, astrattamente idonee a determinare l’aggiramento dei requisiti (soggettivo e oggettivo) per fruire del “bonus aggregazioni”, sia perseguito con lo strumento appositamente previsto dal Legislatore in simili circostanze, ovverosia la disciplina anti-abuso prevista dall’articolo 10-bis L. 212/2000, e non estendendo – oltre il dato normativo – il perimetro di applicazione della disciplina anti-elusiva specifica.

Del resto, nel senso auspicato, si è già espressa la stessa Agenzia delle Entrate in merito alla disciplina antielusiva prevista per l’agevolazione Ace dall’articolo 10 D.M. 03.08.2017, precisando, condivisibilmente, che “Le fattispecie considerate dall’articolo 10 del decreto Ace non esauriscono i casi di operazioni di capitalizzazione societaria idonee a generare un incremento dell’agevolazione Ace che possono dare luogo a fenomeni di elusione fiscale. In tale ottica va valutata, caso per caso, l’ordinaria applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 [attuale articolo 10-bis L. 212/2000]” (circolare 21/E/2015).