Buoni carburanti ai dipendenti: profili Iva
di Alessandro BonuzziSoprattutto a ridosso del periodo natalizio è oramai consuetudine che i datori di lavoro acquistino buoni benzina (o anche buoni carburante), al fine di offrirli in omaggio ai propri dipendenti. Negli ultimi anni questa prassi aziendale è favorita dal Legislatore che ha in più occasioni innalzato la soglia di detassazione in capo al dipendente delle liberalità elargite dall’azienda (ex articolo 51, comma 3, Tuir).
Sotto il profilo Iva, la disciplina dei buoni carburante è cambiata in maniera rilevante dopo il recepimento, con effetto dall’1.1.2019, della Direttiva Ue 2016/1065, recante il nuovo regime Iva dei voucher e attuata con il D.Lgs. 141/2018, che ha prodotto l’inserimento degli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quarter nel D.P.R. 633/1972.
A seguito dell’avvento delle nuove regole Iva sul trattamento dei voucher, ai fini dell’imposta rilevano 3 definizioni di buono:
- il buono-corrispettivo (definizione generale), di cui all’articolo 6-bis, D.P.R. 633/1972;
- il buono-corrispettivo monouso, di cui all’articolo 6-ter, D.P.R. 633/1972;
- il buono-corrispettivo multiuso, di cui all’articolo 6-quater, D.P.R. 633/1972.
Ai sensi dell’articolo 6-bis, D.P.R. 633/1972, per buono-corrispettivo si intende uno strumento che:
- contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo, a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi, e che;
- indica sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo a esso relative.
Quindi, affinché si possa definire come tale ai fini Iva, un voucher deve presentare le seguenti caratteristiche essenziali:
- obbligo di essere accettato come corrispettivo da parte di chi cede i beni o presta i servizi;
- individuazione dei beni o servizi che si possono acquistate oppure dei cedenti o prestatori.
Un buono-corrispettivo deve intendersi monouso se, al momento della sua emissione, è nota la disciplina applicabile ai fini Iva alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo da diritto. Va da sé, quindi, che per poter considerare il buono “monouso”, occorre conoscere:
- l’Iva virtualmente dovuta e;
- il luogo di effettuazione dell’operazione (cessione o prestazione) a cui lo stesso da diritto.
Ogni trasferimento del buono-corrispettivo monouso precedente all’operazione (cessione dei beni o prestazione di servizi) costituisce effettuazione della cessione o prestazione, a cui il buono-corrispettivo stesso da diritto.
Di talché, essendo rilevante ai fini Iva l’emissione del buono e ogni suo successivo trasferimento, la cessione del bene o la prestazione di servizi a cui lo stesso da diritto non rileva ai fini Iva: in pratica, la spendita del buono è irrilevante ai fini del tributo.
Diversamente, la cessione di beni o la prestazione di servizi a cui il buono-corrispettivo monouso dà diritto, se effettuata da un soggetto diverso da quello che lo ha emesso, è rilevante ai fini Iva e si considera resa nei confronti del soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo.
Un buono-corrispettivo rientra, invece, nella categoria dei buoni multiuso, se al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini Iva alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi, a cui il buono-corrispettivo dà diritto.
Ne deriva che, non rilevano eventuali trasferimenti del buono-corrispettivo multiuso precedenti alla spendita finale come corrispettivo o parziale corrispettivo della cessione dei beni o della prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto.
La cessione di beni o la prestazione di servizi, a cui il buono-corrispettivo multiuso dà diritto, si considera effettuata al verificarsi degli eventi, di cui all’articolo 6 D.P.R. 633/1972, assumendo come pagamento del corrispettivo o di parte del corrispettivo di detti beni o servizi l’accettazione del buono-corrispettivo.
Ciò posto, con particolare riguardo ai buoni carburante da assegnare ai dipendenti, solitamente accade che il datore di lavoro provvede all’approvvigionamento acquistandoli direttamente dalle compagnie petrolifere, oppure attraverso le società di servizi che si occupano specificatamente di welfare.
In entrambe le circostanze, il datore di lavoro acquista dei buoni, rientranti a tutti gli effetti nella definizione di buono-corrispettivo, che danno il diritto al dipendente di rifornirsi presso una marca ben precisa di distributori di carburante.
È dunque del tutto evidente che, in tal caso, si tratti di buoni-corrispettivo monouso, con la conseguenza che il momento di effettuazione dell’operazione ai fini dell’Iva scatta a monte, con l’emissione del documento di legittimazione; la compagnia petrolifera o la società di servizi emette fattura al datore di lavoro all’atto del rilascio dei buoni.
L’utilizzo del buono da parte del lavoratore, con la consegna dello stesso al distributore, non assume rilevanza ai fini dell’imposta.