Caparre e acconti nel settore immobiliare
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariSovente, nell’ambito delle operazioni relative alla cessione di beni immobili, le parti stipulano accordi preliminari in cui si impegnano a formalizzare il successivo accordo definitivo di trasferimento della proprietà del bene. In tale contesto, la parte promissaria acquirente, al fine di garantire il proprio impegno, versa alla parte promissaria venditrice una somma di denaro, la cui natura può essere in acconto del prezzo di vendita, ovvero quale predeterminazione del risarcimento del danno in caso di mancato adempimento dell’accordo.
Come noto, l’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 prevede che le cessioni di beni immobili si considerano effettuate alla data di stipula dell’atto di compravendita, a meno che antecedentemente il corrispettivo sia stato pagato in tutto o in parte, nel qual caso l’operazione si considera effettuata in funzione dell’effettivo corrispettivo pagato.
Si tratta quindi di capire se, alla luce del citato art. 6, il versamento di somme a titolo di caparra possa rientrare nell’ambito di “pagamenti anticipati” in forza dei quali si realizza il momento di effettuazione dell’operazione, con conseguente obbligo di effettuare tutti gli adempimenti correlati. A tale proposito, si evidenzia che al momento della sottoscrizione del contratto, la dazione di una somma di denaro può avvenire a diverso titolo: può trattarsi di un acconto del prezzo pattuito, piuttosto che una caparra (penitenziale o confirmatoria). In merito alla funzione di quest’ultima, essa mira a confermare la serietà dell’impegno preso dalle parti, e può essere quindi vista come un mezzo di tutela preventiva del credito, ovvero come una misura rafforzativa dell’adempimento (caparra confirmatoria), nonché come mezzo di liquidazione anticipata e convenzionale del danno conseguente all’inadempimento di un’obbligazione.
Trattandosi quindi di una somma avente natura risarcitoria, la stessa non è da assoggettarsi ad Iva al momento della corresponsione, in quanto non è ancora realizzato il requisito oggettivo dell’operazione (non costituisce né una cessione di beni, né una prestazione di servizi, secondo le definizioni contenute negli artt. 2 e 3 del D.P.R. n. 633/1972). Secondo l’Amministrazione finanziaria (R.M. 01.06.1974, n. 501824 e R.M. 29.07.1975, n. 501544), la caparra confirmatoria, avendo funzione risarcitoria, non può essere considerata un anticipo di prezzo, con la conseguente irrilevanza ai fini Iva al momento del versamento della stessa. Tuttavia, ciò che appare opportuno evidenziare è che la natura di caparra della somma versata deve risultare dalla volontà delle parti dedotta in contratto, altrimenti, in caso di dubbio, alla somma stessa deve attribuirsi una funzione di acconto (anticipazione del prezzo pattuito). Tale principio è stato fatto proprio anche dalla Corte di Giustizia Ue, che nella sentenza 18.07.2007, causa C-277/05, ha stabilito che, sia pure con riferimento alla disciplina Iva della Francia, “la caparra che concede la facoltà alla parte che l’ha versata di sottrarsi ai propri obblighi contrattuali dietro perdita della caparra stessa e alla controparte la facoltà di sottrarsi ai rispettivi obblighi restituendo il doppio di quanto ricevuto, senza che l’esame si estenda ai diritti che le singole parti possono far valere anche successivamente all’esercizio di tale facoltà”, non è soggetta ad Iva (Tva, nel caso di specie) in quanto ha una chiara natura risarcitoria.
A differenti conclusioni si deve invece pervenire laddove il versamento eseguito all’atto della sottoscrizione dell’accordo preliminare sia stato considerato dalle parti come acconto del prezzo pattuito. In tal caso, infatti, si realizza il momento “anticipato” di effettuazione dell’operazione, limitatamente alla somma versata, con conseguente assoggettamento ad Iva dell’operazione e nascita di tutti gli adempimenti conseguenti, in primis l’obbligo di emettere la fattura da parte del soggetto che ha ricevuto la predetta somma.
Sul punto, si ricorda che la R.M. 01.08.2007, n. 197/E, ha precisato che “ove sia dubbia l’effettiva intenzione delle parti, le somme versate anteriormente alla formale stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive (ed in particolare di un contratto di compravendita) devono ritenersi corrisposte a titolo di anticipo (o di acconto) sulla prestazione dovuta in base all’obbligazione principale, e non già a titolo di caparra, non potendosi ritenere che le parti si siano tacitamente assoggettate ad una pena civile, ravvisabile nella funzione risarcitoria della caparra confirmatoria (Cass. 22.8.1977, n. 3833)”. Nello stesso documento di prassi, precisa ulteriormente l’Agenzia, “il versamento dell’acconto-prezzo, rappresentando l’anticipazione del corrispettivo pattuito (ex art. 6 del richiamato D.P.R. n. 633/1972), assume rilevanza ai fini Iva, con il conseguente obbligo per il cedente o il prestatore di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta”.
Dal pensiero espresso dall’Agenzia, deriva una riflessione importante: nella stesura degli accordi preliminari, è necessario essere chiari nell’esplicitare la funzione di eventuali somme versate in tale sede, al fine di applicare correttamente le regole che presiedono al funzionamento dell’Iva.