29 Luglio 2016

Capitalizzazione entro il limite del valore recuperabile

di Andrea Rossi
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La nuova bozza in consultazione dell’OIC 16 sottolinea con più enfasi l’importanza del rispetto del limite del valore recuperabile nella capitalizzazione dei costi portati ad incremento delle immobilizzazioni materiali.

L’OIC 9 definisce il valore recuperabile come il maggiore tra il valore d’uso ed il valore equo (fair value) di un’immobilizzazione. Il valore d’uso è il valore attuale dei flussi di cassa attesi da un’attività o da un’unità generatrice di flussi di cassa; il valore equo è l’ammontare ottenibile dalla vendita di un’attività in una transazione ordinaria tra operatori di mercato alla data di valutazione.

Il limite del valore recuperabile deve essere verificato ogni qualvolta si procede con una rivalutazione (ammessa solo sulla base di leggi speciali) o una capitalizzazione delle spese di manutenzione straordinaria ovvero degli oneri finanziari. In generale sono capitalizzabili solo i costi sostenuti per l’acquisto o la costruzione di nuovi cespiti, nonché i costi sostenuti per ampliare, ammodernare, migliorare o sostituire cespiti già esistenti, purchè tali costi producano un incremento significativo e misurabile della capacità, della produttività o della sicurezza dei cespiti per i quali sono stati sostenuti, ovvero ne prolunghino la vita utile.

La capitalizzazione degli oneri finanziari è invece ammessa solo per i cespiti fabbricati internamente o presso terzi, alle seguenti condizioni (inserite nel principio emanato nel mese di agosto dell’anno 2014 e comunque confermate nella bozza in consultazione pubblicata lo scorso mese di maggio):

  1. gli oneri finanziari devono essere effettivamente sostenuti, oggettivamente determinabili, e sono capitalizzabili entro il limite del valore recuperabile del bene;
  2. gli oneri finanziari sono capitalizzabili fino a quando il bene diventa pronto all’uso (indipendentemente dal suo effettivo utilizzo);
  3. gli oneri finanziari riferiti a finanziamenti di scopo assunti espressamente per sostenere la fabbricazione di un determinato bene sono capitalizzabili in base agli effettivi oneri sostenuti, dedotti eventuali proventi finanziari connessi;
  4. gli oneri finanziari generici (quindi non connessi ad un finanziamento specifico ma a linee di credito operative), sono capitalizzabili nei limiti della sola quota attribuibile all’immobilizzazione in corso di costruzione (quindi in proporzione all’utilizzo delle linee di credito finalizzate alla realizzazione dell’opera stessa).

Per quanto riguarda le spese di manutenzione occorre fare una distinzione tra:

  1. le spese di manutenzione ordinaria di natura ricorrente, quali ad esempio le spese per interventi finalizzati alla pulizia, verniciatura, riparazione, sostituzione di parti deteriorate, oppure costi rivolti all’ampliamento, ammodernamento, miglioramento di un cespite che non comportano un incremento significativo e misurabile della capacità, della produttività o della sicurezza, che vanno rilevate a conto economico per competenza;
  2. le spese di manutenzione straordinaria relative ad ampliamenti, modifiche, sostituzioni e altri miglioramenti riferibili al bene che producono un aumento significativo e tangibile della produttività, della sicurezza ovvero un prolungamento della vita utile del cespite, le quali sono capitalizzabili entro il limite del valore recuperabile del bene.

La capitalizzazione delle spese di manutenzione straordinaria, comporta la revisione ed il conseguente adeguamento del piano di ammortamento del cespite per il quale sono stati eseguiti gli interventi di miglioramento; infatti il piano di ammortamento deve essere aggiornato per verificare se sono intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di utilizzazione; ciò nella pratica si realizza mediante la ripartizione del valore contabile dell’immobilizzazione (valore originario al netto degli ammortamenti fino a quel momento effettuati incrementato delle capitalizzazioni) sulla residua possibilità di utilizzazione del bene. In questo modo il piano di ammortamento potrà alternativamente subire le seguenti due modifiche:

  1. qualora gli interventi effettuati abbiano comportato un incremento significativo e tangibile della vita utile del cespite, occorrerà prevedere un nuovo piano di ammortamento che rispecchi l’allungamento della vita utile del bene stesso;
  2. qualora gli interventi effettuati non abbiano comportato un incremento significativo e tangibile della vita utile del bene ma solo un aumento della produttività, della capacità o della sicurezza del bene, il piano di ammortamento inizialmente stabilito rimarrà invariato.

Si supponga, pertanto, di acquistare un cespite al costo storico di Euro 5.000 e di sostenere nel quarto esercizio dall’entrata in funzione manutenzioni straordinarie per Euro 1.000; si supponga, inoltre, che a fronte di tali manutenzioni straordinarie, la vita utile del bene, inizialmente prevista in 5 anni, si sia incrementata di due anni. Al fine di rideterminare la quota di ammortamento civilistica è necessario ripartire il valore contabile netto, di Euro 2.000, incrementato delle capitalizzazioni, pari ad Euro 1.000, sulla residua vita utile del bene (4 anni). Il nuovo piano di ammortamento prevederà la contabilizzazione di una quota di Euro 750 a conto economico così individuata (2.000+1.000)/4=750.

rossi

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