Come conseguenza, pertanto, il suddetto contribuente sarà tenuto ad adempiere agli obblighi dichiarativi, compilando il quadro LM del modello Redditi, fino a conclusione delle operazioni relative alla riscossione dei crediti e al pagamento dei debiti, e quindi fino a tale data non potrà procedere alla chiusura della partita Iva.
Tuttavia l’Agenzia delle entrate, con la citata circolare 17/E/2012, in relazione al regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità, ha aggiunto che “in un’ottica di semplificazione che tiene conto delle dimensioni dell’impresa e, in particolare, dall’esiguità delle operazioni economiche che ne caratterizzano l’attività, si ritiene che è rimessa alla scelta del contribuente la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria“. Con la circolare 10/E/2016 tale chiarimento è stato ribadito anche con riferimento ai contribuenti che accedono al regime forfetario.
In altri termini, i contribuenti che accedono ai predetti regimi agevolati e decidono di cessare l’attività in presenza di crediti da compensi/ricavi ancora da incassare, possono alternativamente:
- far concorrere alla determinazione del reddito anche i ricavi ancora da incassare, imputando all’ultimo anno di attività anche le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria, e poi chiudere la partita Iva prima dell’effettivo incasso del credito;
- attendere l’incasso del credito, e solo dopo chiudere la partita Iva.
Va rilevato che con la risposta all’interpello 299/2020 l’Agenzia delle Entrate, esprimendosi sul caso di un contribuente minimo che, cessata l’attività con chiusura di partita Iva nel 2017 con un compenso fatturato e non ancora incassato né dichiarato, che incassava due anni dopo (2019), ha rilevato che “il compenso percepito dall’Istante nel 2019 quando ormai, avendo chiuso la partiva Iva, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, debba essere dichiarato come reddito diverso, ai sensi del comma 1, lettera l), dell’articolo 67 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, indicandolo nel quadro RL, rigo RL15, del modello Redditi Persone fisiche 2020”.
I chiarimenti forniti dalla circolare 17/E/2012 sono stati recentemente ripresi dalla risposta all’interpello n. 218 dello scorso 26 aprile, che ha esteso le due possibili alternative a fronte della cessazione dell’attività in presenza di compensi ancora da incassare, anche ai professionisti in regime ordinario, che pur sempre adottano il principio di cassa nella determinazione del reddito.
Nel caso analizzato l’Agenzia ribadisce che la procedura corretta preveda, alternativamente:
- l’imputazione dei compensi che non abbiano ancora avuto manifestazione finanziaria al momento della chiusura della posizione Iva ai redditi relativi all’ultimo anno di attività professionale;
- il mantenimento della posizione Iva individuale fino all’ultimazione di tutte le operazioni fiscalmente rilevanti, permettendo così l’emissione della fattura e la dichiarazione dei redditi nell’anno di imposta in cui si realizza l’incasso del credito, in applicazione del principio di cassa.
Non avendo il contribuente, nel caso trattato, aderito a nessuna delle possibilità sopra elencate, l’Agenzia ha quindi precisato che l’Istante, che ha impropriamente chiuso la propria partita Iva prima che fossero concluse tutte le attività ad essa connesse, dovrà procedere alla richiesta di riattivazione della propria posizione fiscale e, al momento dell’effettivo incasso dei singoli crediti, dovrà rendicontarli tramite l’emissione di una fattura per prestazione di lavoro autonomo e dichiararli come reddito professionale, utilizzando il modello Redditi Persone fisiche dell’anno di competenza.