La cessione dell’azienda agricola
di Luigi ScappiniUna recente sentenza della CTP di Potenza (n. 5/1/2016) ha posto l’accento su di un tema dibattuto in dottrina: quello dell’emersione o meno di plusvalenze imponibili in sede di cessione di un’azienda agricola; infatti, se da un punto di vista di redditività scaturente dalla gestione ordinaria dell’impresa in oggetto la tassazione forfettaria, in ragione di un reddito determinato catastalmente, è ormai tematica assorbita e accettata, qualche dubbio può sorgere, nel momento in cui si sposta l’analisi sul piano della fiscalità straordinaria, intesa come quella derivante da operazioni straordinarie di impresa, in merito alla copertura integrale del reddito catastale.
Punto di partenza per la disamina della problematica è la corretta definizione di azienda agricola, da intendersi quale complesso di beni organizzati dall’imprenditore agricolo per l’esercizio dell’attività che si caratterizza per la dinamicità impressa dall’imprenditore e per lo sfruttamento del fondo rustico, inteso quale complesso pertinenziale composto da un bene principale (il terreno che rappresenta l’elemento primario dell’azienda) e beni accessori al servizio del primo.
Ai sensi dell’articolo 32, Tuir, il reddito agrario, che rappresenta la base imponibile del reddito prodotto da un’azienda agricola, è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.
In ragione della definizione di azienda agricola, nonché di reddito agrario, è di tutta evidenza come maggiormente ci si sposti dalla gestione ordinaria dell’impresa, quale è quella consistente nella coltivazione del terreno e in serra (quest’ultima per espressa previsione normativa nei limiti del doppio dell’estensione del terreno), nell’allevamento di animali nei limiti della potenzialità del terreno a produrre mangimi e nelle attività connesse, a quella straordinaria, consistente a titolo di mero esempio in tutte quelle operazioni extragestione che originano plusvalenze sia tipiche sia atipiche, nonché, da ultimo ma non meno rilevante, l’eventuale avviamento, la mera tassazione catastale trova meno giustificazioni alla sua applicazione.
Se per quanto riguarda le cosiddette plusvalenze “tipiche”, quale è la cessione dei macchinari agricoli e quindi, a più ampia portata la dismissione dei cespiti aziendali, la sostituzione del reddito catastale a quello ordinariamente determinato, quale contrapposizione prezzo di vendita meno valore fiscalmente riconosciuto del bene, “tiene” fintantoché sussiste la strumentalità dell’operazione all’attività agricola, così non si può dire con certezza per quanto riguarda le plusvalenze “atipiche”, ossia quelle che si determinano in disconnessione dall’attività aziendale.
In tale contesto si inserisce la plusvalenza che si origina a seguito della cessione dell’azienda in quanto tale.
Sul punto, da un lato, la prassi consta di due documenti datati: la circolare n. 9 del 21/3/1980 e la successiva risoluzione n. 9/1597 del 6/09/1980 con cui sostanzialmente è stata affermata l’irrilevanza della plusvalenza quando abbia a oggetto un’azienda agricola esercitata, in forma individuale o tramite società semplice, nei limiti dell’attuale articolo 32, DPR 917/1986.
Allineata con tale impostazione anche la giurisprudenza di merito con le due recenti sentenze della CTR Piemonte n. 10/29/2010 e la CTP di Potenza richiamata, nonché il Notariato.
A ben vedere, la tematica è più complessa in quanto l’impostazione assunta dalla prassi e dalla giurisprudenza richiamata, che si sostanzia in una “neutralità” per la parte di plusvalenza riconducibile all’esercizio dell’attività agricola nei limiti imposti dall’articolo 32 del Tuir, si presta a una facile applicazione quando si verte di plusvalenze tipiche.
Al contrario, tale paradigma è di difficile applicazione quando la plusvalenza si origina in ragione di una cessione dell’intero complesso aziendale e quindi quando il prezzo concordato include l’avviamento, valore che non può essere certamente segmentato.
A complicare ulteriormente il quadro di riferimento vi è anche la posizione assunta dall’Agenzia delle entrate in merito alla cessione di un’azienda agricola comprensiva di un terreno edificabile; nel qual caso “il corrispettivo percepito per la cessione costituisce un valore riferito all’azienda come unitario complesso di beni” (cfr. circolare n. 6/E/2006), quando, invece, viene ceduto il singolo terreno la plusvalenza è soggetta a tassazione quale reddito diverso ai sensi dell’articolo 67, Tuir (cfr. risoluzione n. 137/E/2002).
In conclusione, sarebbe opportuno, anche in ragione della crescita di interesse, un intervento chiarificatore ufficiale.
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