30 Dicembre 2014

Cessione crediti d’imposta da istanza telematica di rimborso

di Maria Paola Cattani
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La
Risoluzione n. 117/E licenziata ieri dall’Agenzia delle entrate esamina la questione della
cedibilità di crediti di imposta risultanti
da istanze di rimborso ires
presentate telematicamente e non effettuate, quindi, in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi e valuta la possibilità di considerare la
differenza tra il valore nominale di tali crediti
e la somma effettivamente
corrisposta dall’intermediario finanziario come
onere finanziario deducibile ai sensi dell’art. 96 del Tuir.
La situazione descritta dalla società istante, capogruppo che presenta bilancio consolidato, è la seguente: la contribuente aveva presentato due richieste di rimborso, mediante istanze telematiche, per la maggiore imposta versata, rispettivamente:
  • a seguito della mancata deducibilità forfetaria del 10%, ai fini Ires, dell’Irap relativa al costo del lavoro e agli oneri finanziari, concessa dal “decreto anticrisi” del 2008;
  • a seguito della mancata deduzione, ai fini Ires, dell’Irap relativa al costo del personale dipendente, prevista nel 2011 dal “decreto Monti”.
In qualità di titolare, quindi, di tali posizioni creditorie nei confronti dell’Erario, la società intende cedere pro soluto i crediti in questione ad un istituto finanziario e si domanda, pertanto:
  • in primo luogo, se sia applicabile la disciplina di cessione dei crediti di imposta ex art. 43-bis del D.P.R. n. 602/1973 ed ex art. 1 del D.M. n. 384/1997 e;
  • se la differenza tra il valore nominale dei crediti e la somma effettivamente percepita possa essere considerata “onere finanziario” e, quindi, deducibile secondo quanto previsto dall’art. 96 del Tuir.
Il primo termine della questione, in effetti, non è scontanto, in quanto la normativa che determina la cedibilità dei crediti di imposta, richiamata dalla contribuente, detta una
disciplina speciale
della cessione del credito di imposta, rispetto alla generale normativa civilistica, prevedendo (e limitando) la
cedibilità del credito di imposta
ai soli “crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi.
Il diritto al rimborso previsto dal decreto anticrisi e dal decreto Monti, invece, emerge a seguito dell’applicazione retroattiva di una norma sopravvenuta, dopo che la dichiarazione dei redditi era già stata presentata, senza che in essa fosse contenuta alcuna richiesta di rimborso, tanto che, per esercitare tale diritto, i contribuenti sono stati chiamati ad inviare una apposita istanza telematica, con modalità di presentazione specificamente disciplinate dal legislatore ed individuate da apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia.
L’Agenzia delle entrate, tuttavia, condividendo la soluzione prospettata dal contribuente, osserva che l’utilizzo dello
strumento dell’istanza di rimborso in via telematica, appositamente delineato per consentire l’applicazione retroattiva delle norme in esame,
implica in ogni caso che
il contribuente, in concreto, effettui una riliquidazione ex post della dichiarazione dei redditi già presentata.
Pertanto, l’Agenzia conclude che “
sussiste una evidente equiparabilità, sotto il profilo della disciplina della cessione dei crediti, tra l’istanza telematica di rimborso prevista dal legislatore a seguito della riliquidazione della dichiarazione e la richiesta di rimborso effettuata in tale sede”.
Di conseguenza, la limitazione prevista dalla norma di cedibilità dei soli crediti chiesti a rimborso in sede di dichiarazione “
non è di ostacolo per la cedibilità del credito d’imposta in questione
chiesto a rimborso secondo le norme sopra richiamate”.
 
Il parere dell’Agenzia appare condivisibile, in quanto, negando la cedibilità di tale cessione, si priverebbe il contribuente della possibilità di cedere il proprio credito solo per il fatto che
il diritto al rimborso è stato riconosciuto solo a seguito dell’applicazione retroattiva della norma, in un momento successivo alla scadenza dei termini per la
presentazione della dichiarazione dei redditi.
Per altro l’
interesse erariale non risulta in alcun modo pregiudicato dall’esercizio di tale diritto, dal momento che l’accoglimento dell’istanza di rimborso implica in ogni caso il
controllo sostanziale sulla dichiarazione nella quale il credito sarebbe emerso, come se la disciplina sulla deducibilità forfetaria e analitica dell’Irap fosse stata già in vigore al momento della presentazione della stessa.
Il secondo quesito presentato all’Amministrazione concerne invece la natura, ed il relativo trattamento fiscale, della differenza tra il valore nominale del credito ceduto pro soluto e la somma corrisposta dall’istituto finanziario per il suo acquisto. L’istante, infatti, evidenzia che tale differenza è stata contabilizzata in bilancio tra gli oneri finanziari.
Tale aspetto è stato oggetto di un precedente intervento da parte dell’Agenzia, che, con la
C.M. n. 14/E/2014, ha esaminato la
qualificazione fiscale del differenziale tra il corrispettivo e il valore di iscrizione del credito relativo ad un’operazione di cessione pro soluto. In tale sede l’Amministrazione aveva sostenuto che, dovendo pur sempre fare riferimento a quanto previsto dal contratto, una eventuale qualificazione come onere finanziario operata in bilancio, possa assumere rilevanza anche ai fini fiscali.
In particolare, in considerazione del fatto che l’emersione della
differenza in esame deriva da considerazioni di carattere puramente finanziario e non riguarda la solvibilità dei crediti stessi, il cui debitore è rappresentato dall’Erario e il cui ammontare è determinato dallo stesso legislatore, è corretto che a tale importo venga attribuita la natura di onere finanziario, in particolare se, come nel caso prospettato, questo trova anche coerenza con quanto pattuito contrattualmente.
Pertanto, anche per questo aspetto, l’Agenzia delle entrate condivide l’orientamento secondo il quale la
qualificazione contabile di onere finanziario rilevata in bilancio e coerente con le pattuizioni contrattuali assume rilevanza ai fini fiscali, con la conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 96 del Tuir.
Per altro, si sottolinea come tale orientamento assuma valore
tanto per le società che applicano i principi contabili nazionali, in virtù di quanto previsto dalla citata C.M. 14/E/2014,
quanto per i soggetti che utilizzano i principi contabili internazionali, per i quali invece la derivazione del dato fiscale dalle risultanze del bilancio proviene direttamente da quanto previsto dall’art. 83 del Tuir, il quale attribuisce rilevanza fiscale ai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi contabili IAS/IFRS.