Cessione d’azienda: resposabilità per debiti tributari
di Federica FurlaniSergio Pellegrino
Al fine di evitare che attraverso l’operazione di cessione d’azienda o del ramo di azienda, il cedente riduca le garanzie dell’Amministrazione finanziaria a tutela della riscossione dei crediti tributari vantati nei confronti del cedente, il D.Lgs. 472 del 18.12.1997 contiene una specifica norma in tema di responsabilità tributaria nella cessione d’azienda.
L’articolo 14 del decreto stabilisce che: “Il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”.
Questa previsione rafforza quindi la tutela della pretesa tributaria da parte dell’Amministrazione finanziaria, garantendo la possibilità di farla valere nei confronti di entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione (cedente e cessionario) che sono solidalmente responsabili in merito a:
- imposte e sanzioni inerenti a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento e nei due anni precedenti, sebbene non ancora contestate dall’Amministrazione finanziaria;
- imposte e sanzioni già irrogate e contestate, anche se riferite a violazioni commesse in periodi precedenti al secondo anno precedente a quello in cui è avvenuto il trasferimento d’azienda.
Una responsabilità quindi decisamente pesante per l’acquirente che il legislatore ha voluto mitigare con due limitazioni:
- sussidiarietà della responsabilità
- limitazione della stessa al valore dell’azienda o del ramo d’azienda oggetto di cessione.
Per espressa previsione normativa, la responsabilità solidale si concretizza per il cessionario innanzitutto solo dopo la preventiva escussione del cedente: il cessionario può quindi essere chiamato in causa dall’Erario solo dopo che il cedente è stato escusso senza trovare piena soddisfazione.
Come chiarito dalla circolare n. 180/E del 10 luglio 1998, il beneficio della preventiva escussione “impone all’ufficio o all’ente di procedere, anzitutto, in via esecutiva nei confronti del cedente. Chiusa questa fase, il credito residuo può essere fatto valere nei confronti del cessionario”.
In secondo luogo, a limitare ulteriormente la responsabilità solidale, è previsto un valore massimo della stessa cui può venir chiamato a rispondere il cessionario, che è pari al minore tra il valore dell’azienda o ramo d’azienda trasferita e il valore dei debiti del cedente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria alla data del trasferimento dell’azienda e risultante agli Uffici.
Il riferimento “alla data del trasferimento” implica che il debito di imposta sulla eventuale plusvalenza realizzata per la cessione d’azienda in capo al cessionario, che nasce successivamente all’atto di trasferimento nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui la plusvalenza viene realizzata, non può costituire oggetto di responsabilità solidale.
A tutela del cessionario, gli uffici sono tenuti a rilasciare all’interessato che ne faccia richiesta il certificato dei carichi pendenti, dal quale risulta l’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati ancora soddisfatti.
Il certificato ha valore liberatorio del cessionario, sia nel caso in cui non faccia emergere alcuna situazione critica, sia nel caso in cui non venga rilasciato entro quaranta giorni dalla sua richiesta (silenzio-assenso).
Chiaramente tutte le limitazioni di responsabilità enunciate vengono meno se l’Amministrazione dimostra che la cessione d’azienda è stata attuata in frode ai crediti di natura tributaria, ossia proprio con il fine di evitare il pagamento di imposte, interessi e sanzioni.
Il comma 5 dell’articolo 14 D. Lgs. 472/1997 prevede infatti la responsabilità solidale del cessionario, senza alcuna limitazione, per le obbligazioni del cedente in caso di cessione fraudolenta dell’azienda nei sei mesi successivi alla contestazione di una violazione penalmente rilevante in capo al cedente.
In questa evenienza, quindi, il cessionario risponderà in solido con il cedente, senza la necessità della preventiva escussione di quest’ultimo, e senza limitazioni di responsabilità, quindi anche oltre il valore dell’azienda ceduta e per tutte le violazioni commesse fino alla data di trasferimento anche se non ancora contestate.
Va da sé che il certificato dei carichi pendenti, di fronte ad una contestazione di questo genere, non produrrà alcun effetto liberatorio per il cessionario.