Cessione dell’azienda agricola tra prelazione e tassazione indiretta
di Marianna CugnascoNegli ultimi decenni l’agricoltura ha assunto caratteri “imprenditoriali” importanti, con la nascita di nuove attività e lo sviluppo – a livello di meccanizzazione, di tecniche di lavorazione, di idee – di quelle già esistenti. Le aziende agricole che resistono e si sviluppano tendono pertanto ad espandersi e non è dunque infrequente che le stesse pongano in essere atti di compravendita di terreni, o di aziende agricole, o di rami delle stesse.
L’individuazione del bene acquistato è fondamentale per la valutazione delle connesse problematiche, civilistiche e fiscali, che l’azienda deve fronteggiare, ma non è tuttavia sempre immediata.
Si pensi infatti all’acquisto di un complesso di beni composto da terreni, scorte e attrezzature: occorre comprendere se tale complesso vada considerato unitariamente o nelle sue singole componenti.
Questo perché il passaggio di proprietà dei terreni agricoli deve essere attenzionato sotto diversi profili, i più rilevanti dei quali riguardano il diritto di prelazione agraria e la tassazione ai fini delle imposte indirette.
Se ciò che viene ceduto è un complesso aziendale, poiché prevede il passaggio, oltre che di terreni, anche di scorte, attrezzature, animali, ma anche e soprattutto, di dipendenti e di beni immateriali quali i contratti con clienti e fornitori, nonché l’eventuale avviamento, allora siamo di fronte ad una vera e propria cessione d’azienda.
Se, invece, ciò che viene ceduto è solo un fondo rustico attrezzato i terreni andranno valutati nella loro individualità, a prescindere dalla fissazione di un prezzo complessivo.
Questa distinzione è fondamentale ai fini dell’esercizio della prelazione agraria.
Come noto, tale diritto, sancito dall’articolo 8 L. 590/1965 dapprima per il coltivatore diretto e, successivamente, esteso, per opera della L. 154/2016, allo Iap, seppur limitatamente alla prelazione del confinante (a condizione che sul fondo non sussista un contratto di locazione con un coltivatore diretto), consiste nella possibilità di acquisto di un fondo agricolo (e sue eventuali pertinenze) alle medesime condizioni economiche raggiunte con il promissario acquirente.
Qualora oggetto di cessione sia un fondo rustico attrezzato non v’è dubbio alcuno sulla possibilità di esercitare il diritto di prelazione.
Con riferimento alla cessione d’azienda non pare invece esperibile tale azione in quanto, se così non fosse, l’azienda potrebbe essere oggetto di frazionamento in tanti appezzamenti quanti i confinanti interessati e ciò andrebbe certamente in contrasto con la ratio della disposizione sulla prelazione agraria che è proprio quella dell’accorpamento dei fondi, con il mantenimento dell’integrità aziendale e la prosecuzione nella conduzione degli stessi.
Peraltro, con l’acquisto dell’azienda, o di un ramo d’azienda, l’intento è proprio quello di continuare l’attività preesistente, anche integrandola con quella esercitata dall’acquirente, poiché anche il singolo ramo d’azienda ceduto, pur nella libertà di individuazione delle parti, deve essere una porzione dell’azienda, strutturata e organizzata autonomamente, che, pertanto, risulti idonea all’esercizio dell’impresa.
A questo deve aggiungersi, stante l’indubbia tenuità del discrimine tra fondo rustico attrezzato e azienda agricola, che sicuramente dovrà essere attenzionata anche l’incidenza della componente terra rispetto ai restanti beni organizzati dall’imprenditore.
In altri termini, ben difficilmente si potrà essere in presenza di un’azienda agricola allorquando il bene terra ha un peso preponderante.
Un altro aspetto connesso alla compravendita di terreni, anche se inseriti all’interno di un contratto di cessione d’azienda, riguarda l’applicazione delle imposte indirette.
Come noto, la compravendita di terreni agricoli può beneficiare delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (ppc), disciplinate dall’articolo 2, comma 4-bis, D.L. 194/2009, come convertito dalla L. 25/2010, che prevedono la possibilità – per coltivatori diretti e Iap – di acquistare i terreni agricoli e i fabbricati pertinenziali agli stessi usufruendo di una tassazione agevolata, che consiste nell’applicazione dell’imposta di registro e di quella ipotecaria in misura fissa (200 euro cadauna) e dell’imposta catastale in misura proporzionale, pari all’1%.
Nulla quaestio per quanto riguarda gli atti d’acquisto aventi a oggetto fondi rustici. Se, tuttavia, oggetto dell’atto di compravendita è un’azienda agricola, o un ramo della stessa, comprendente anche dei terreni, allora sarà opportuno effettuare un ragionamento sull’individuazione del valore dei beni facenti parte del compendio aziendale ceduto.
Si ricorda infatti che la cessione d’azienda o di ramo d’azienda costituisce un’operazione rilevante ai fini dell’imposta di registro ai sensi degli articoli 2 e 3, comma 1, lettera b), Tur e dell’allegata Tariffa, Parte I, articoli 1 e 2 e in virtù del principio di alternatività tra Iva e registro disciplinato dall’articolo 40 Tur (la ratio dell’esclusione dalla base imponibile Iva della cessione del compendio aziendale deriva dal fatto che oggetto del trasferimento è un elemento patrimoniale e non un’operazione economica).
La cessione d’azienda è dunque soggetta a imposta di registro proporzionale del 3% sul valore determinato in atto, ad eccezione del valore degli immobili facenti parte del complesso ceduto, che saranno assoggettati a tassazione secondo il valore venale in comune commercio, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa (articolo 51, comma 4, Tur) – se il prezzo di cessione dell’azienda è unico e non risulta possibile individuare il singolo valore dei beni che lo compongono – ovvero utilizzando quale base imponibile il prezzo della cessione, se questo è individuato e distinto rispetto al valore degli altri beni.
In entrambi i casi è a ogni modo ormai pacifico che sul valore dei terreni e relative pertinenze qualificati come agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti, si possano applicare le agevolazioni c.d. ppc, come confermato dalla Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 15157/2020.