14 Aprile 2022

Cessione dello studio professionale: la struttura finanziaria dell’operazione

di Goffredo Giordano di MpO Partners
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Al fine di comprendere come viene strutturato il pagamento del corrispettivo pattuito a seguito del trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale occorre partire dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 2860/2010.

La Suprema Corte, infatti, chiarisce che “È lecitamente e validamente stipulato il contratto di trasferimento a titolo oneroso di uno studio professionale, comprensivo non solo di elementi materiali e degli arredi, ma anche della clientela, essendo configurabile, con riferimento a quest’ultima, non una cessione in senso tecnico (attesi il carattere personale e fiduciario del rapporto tra prestatore d’opera intellettuale e cliente e la necessità, quindi, del conferimento di un nuovo incarico dal cliente al cessionario), ma un complessivo impegno del cedente volto a favorire – attraverso l’assunzione di obblighi positivi di fare (mediante un’attività promozionale di presentazione e di canalizzazione) e negativi di non fare (quale il divieto di riprendere ad esercitare la medesima attività nello stesso luogo) – la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti ed il soggetto subentrante.

Superata la questione sulla liceità/fattibilità di queste operazioni è importante delineare le modalità con cui si perfezionano nella prassi queste operazioni.

Cosa intende dirci nella sostanza la Cassazione?

E’ possibile e lecito il trasferimento a titolo oneroso della clientela dello studio professionale a condizione che ci sia un impegno, un’obbligazione di fare, di fare il possibile, da parte del professionista cedente, affinché il rapporto professionale che ha con la propria clientela venga traferito o, usando l’espressione utilizzata dagli Ermellini, canalizzato a favore del professionista acquirente.

Per realizzare questa canalizzazione è necessario del tempo, frutto di due variabili:

  1. il numero dei clienti;
  2. l’intensità del rapporto fiduciario.

Pertanto, maggiore sarà il numero dei clienti e maggiore sarà l’intensità del rapporto, maggiore sarà il tempo necessario per il trasferimento del rapporto fiduciario e quindi dello studio.

E’ chiaro, pertanto, che per trasferire attività professionali dovrà esserci un’attività di canalizzazione e quindi le operazioni di cessione/aggregazione di studi professionali non potranno che esplicare i propri effetti in un arco di tempo.

Questo è il concetto su cui si basano queste operazioni ed è anche la profonda differenza con le operazioni M&A aziendali. Infatti, nelle operazioni M&A aziendali solitamente si sottoscrive un contratto preliminare (o una LOI) subordinato alla realizzazione di una due diligence. Al buon esisto di quest’ultima si paga il prezzo e ciascuna parte va per la sua strada.

Nelle operazioni di studi professionali, invece, una volta valutato lo studio professionale i professionisti iniziano un percorso insieme finalizzato proprio alla presentazione della clientela e quindi alla canalizzazione della stessa.

Occorre creare un nuovo rapporto fiduciario!

Terminato il periodo di affiancamento si dovrà verificare quale parte della clientela ha aderito a questo progetto e, di conseguenza, determinare il valore effettivo della clientela trasferita.

Tale concetto ha effetti anche sul contratto di cessione dello studio professionale il quale deve prevedere la verifica dell’attività di canalizzazione attraverso una verifica del fatturato prodotto dalla clientela ceduta dopo un certo intervallo temporale contrattualmente predeterminato (di norma per i Commercialisti ed i Consulenti del lavoro è di 19 mesi).

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